Per un turismo intelligente Politica

Mi capita spesso di iniziare un articolo immaginato con una frase ad effetto, ed il piu' delle volte mi accorgo che funziona. Il fatto che cio' non costituisca una norma mi viene dalla considerazione che potrebbe essere qualsiasi frase, trovata per caso, a creare poi l’incipit per un articolo. Ed è proprio quello che mi sta succedendo, avendo per caso letto un aforisma di Roman Payne: “Le città sono sempre state come le persone, esse mostrano le loro diverse personalità al viaggiatore. A seconda della città e del viaggiatore, può scoccare un amore reciproco, o un’antipatia, un’amicizia o inimicizia. Solo attraverso i viaggi possiamo sapere dove c’è qualcosa che ci appartiene oppure no, dove siamo amati e dove siamo rifiutati”. Il richiamo va all’oggi, dove il viaggiatore diventa turista, spesso merce di scambio, e dove la ricerca antica dell’io in nuovi luoghi configura un tempo ignoto da dedicare, al meglio delle intenzioni, ad una conoscenza evanescente.

E’ cambiato l’atteggiamento di porsi verso il viaggio perché è mutata in maniera radicale l’esigenza. Questa è stata costruita nel tempo, dagli strateghi del settore, con pazienza certosina, prima per regalare il sogno dell’evasione, la fuga dall’impegno, la ricerca del benessere, battezzando quel tempo come viaggio di piacere, per poi trasformarsi, in una fase successiva, come assoluta necessità di coinvolgere l’essere itinerante in un’esperienza totale, asfissiante, dove la realtà supera di gran lunga l’immaginazione.

Benevento ed il Sannio costituiscono un’ambientazione eccezionale per immergervi qualsiasi tipo di turismo, basso, colto o disincantato che sia. E’ necessario però comprendere alcune cose, ponendosi delle domande: se esiste veramente la volontà o la voglia di farsi invadere dalla potenzialità di un consumo diffuso di conoscenza; se si è pronti a condividere spazio e tempo con un onnivoro flusso globalizzato itinerante, avido sia dell’antico sia del moderno; se si pensa che l’esistente, così come tramandato e tenuto, possa ritenersi sufficiente ad attirare favori e garantire il corretto utilizzo delle cose; se si è capaci di rigenerarsi, anche con la realizzazione di manufatti e segnali innovativi, tenendo ben saldo il genius loci posseduto da concedere, in comodato d’uso, al cliente che temporaneamente lo attraversa. Ci sarebbe, a questo punto, da disquisire sul tipo di turismo a cui far riferimento, facendo i distinguo tra quello sostenibile e quello responsabile, tra quello solidale, quello consapevole e l’ecoturismo: ma questa è un’altra storia. Ciò che ci preme sottolineare è che il processo di presa di coscienza e la domanda di trasformazione possibile non sono state adeguatamente prese in considerazione.  

E’ evidente che alla base c’è un difetto di metodo: manca un accettabile grado di conoscenza del territorio, e di conseguenza non esiste un adeguato livello di qualificare e classificare le preesistenze, al fine di costituire un ruolo, una riconoscibilità certa, in maniera da creare una rete di condizioni oggettive e concrete e determinare il presupposto per affascinare il flusso delle visite. Va da se anche il ricorso a delle regole di utilizzo degli spazi, pubblici e privati, e del territorio in genere. Ma una raccomandazione di fondo ci sentiamo di farla: la storia recente ci ha insegnato che una serie di interventi, la politica dei cosiddetti piccoli aggiustamenti, non funziona, perché slegati nel tempo e nello spazio; è invece necessario prendere coscienza del cambiamento sostanziale nel modo di intendere il turismo, che richiede proposte innovative e originali, ma soprattutto il coinvolgimento delle qualità e capacità esistenti sul territorio, in modo da far fronte, in maniera intelligente, all’umana esigenza di spostamento e alla necessità di tutela delle risorse esistenti.

UBALDO ARGENIO

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