Altri sfregi alla Rocca dei Rettori Società

Non bastavano gli scarabocchi, ora ci sono pure le scritte a deturpare la Rocca dei Rettori.

Un po’ di tempo fa abbiamo documentato con una foto l’azione dei vandali ai danni di un rilievo funerario romano murato in una parete della Rocca dei Rettori. Il personaggio raffigurato dapprima era stato sfregiato con tratti di un pennarello nero sul volto, poi qualche tempo dopo sulla fronte dello stesso personaggio era comparsa una svastica; infine, dopo altro tempo, la svastica era stata cancellata con rabbiosi tratti di pennarello.

Il rilievo è stato preso di mira probabilmente perché ha la disgrazia di trovarsi ad altezza d’uomo e sul lato della Rocca che guarda verso la Villa Comunale. L’angolo Sud-Ovest della Rocca, infatti, presenta dei massi squadrati disposti a gradoni. Uno di quei massi è un’antichissima iscrizione, quella degli Octavii, che segnava la tomba di quattro membri di questa famiglia di liberti, risalente a età repubblicana.

Vista la comoda disposizione, molti ragazzi si siedono su quei gradoni per consumare le bevande e le cibarie acquistate dalla vicina rosticceria, che non ha tavoli e sedie, pertanto gli avventori trovano all’angolo della Rocca un luogo favorevole per il pasto.

Evidentemente per impegnare il tempo della difficile digestione post-prandiale dei pesanti alimenti, essi non hanno di meglio da fare che scarabocchiare le pareti dell’indifeso monumento. Pertanto al lato dei gradoni sono apparse delle scritte, che si sono aggiunte ai disegni fatti sul rilievo funerario di cui sopra.

Ciò testimonia la validità della cosiddetta “teoria dei vetri rotti”: nel 1969, presso l’Università di Stanford (USA), il professor Philip Zimbardo condusse un esperimento di psicologia sociale. Abbandonò due auto in due diversi quartieri di New York, una nel Bronx, quartiere povero e conflittuale, l’altra nel ricco quartiere di Palo alto. Dopo pochi giorni quella lasciata nel Bronx non aveva più le ruote, il motore, gli specchi, la radio. L’altra, nel quartiere ricco, era ancora integra. Poi il professore pensò di spaccare un vetro all’auto rimasta illesa. Dopo pochi giorni anche essa era stata depredata e vandalizzata come quella lasciata nel Bronx.

Questo dimostra che gli atti di piccola e grande criminalità sono maggiori dove l’incuria, la sporcizia, il disordine e l’abuso sono più alti. Applicando questa teoria alla nostra Rocca, temo che di questo passo, una scritta qua, un segno là, le mura della Rocca saranno ricoperte completamente, poi toccherà ai rilievi finire spaccati. Fino a quando dobbiamo aspettare per sanzionare i vandali? Perché non si fanno verifiche con le telecamere che pure esistono nella zona? Vogliamo che ci siano writers con spray e vernici che riducano la Rocca come era stato ridotto Palazzo De Simone a piazzetta Arechi II, che solo un lungo restauro ha riportato allo stato di integrità? Non ci vuol molto per avere un escalation di vandalismo.

Cos’hanno questi adolescenti beneventani contro il patrimonio storico e artistico della città? Cosa c’è che non va in loro? Io credo che siano semplicemente degli ignoranti e maleducati, con i quali non valgano se non le ragioni della forza e della sanzione, specie pecuniaria, argomento al quale, sono certa, saranno molto più sensibili. Prego vivamente tutti i cittadini di vegliare sull’incolumità delle nostre memorie.

PAOLA CARUSO