Arriva solo a fine anno il vaccino universale per combattere tutte le varianti Società

La più imponente campagna di vaccinazione mai messa in atto ha preso l’avvio il 27 dicembre. La messa a punto del vaccino anticovid19 ha richiesto per la prima volta nella storia meno di un anno di tempo. Per dare un’idea, è stato come costruire il ponte sullo Stretto di Messina in un mese. Per affrontare un’epidemia occorrono rapidità e strategia.

Più si tergiversa nell’attuare misure di contenimento dei contagi, più si rischia di soccombere. Pur fra mille difficoltà e ritardi, i vaccini stanno arrivando. Il primo a essere utilizzato è stato quello della Pfizer BioNTech, 26,9 milioni di dosi da farci avere in tre tranche in base agli accordi, a scadenze trimestrali. La sua efficacia dopo la seconda dose è del 94 per cento, secondo uno studio condotto in Israele su 1,2 milioni di persone vaccinate e no.

Nelle 600mila persone vaccinate si è avuto un crollo del 92 per cento della patologia nella forma più grave. Efficace nei soggetti di ogni età compresi gli over 70, con un’immunità raggiunta una settimana dopo la somministrazione della seconda dose. Secondo Pierpaolo Sileri, viceministro della salute fino al 13 febbraio, in attesa di riconferma, «la stragrande maggioranza del personale medico e infermieristico è stata vaccinata». Il secondo vaccino giunto in Italia è quello di Moderna, che ha un’efficacia del 94,1 per cento nella prevenzione di Covid-19 a partire dai 18 anni di età.

Il profilo di sicurezza ed efficacia è stato valutato nel corso di ricerche negli Stati Uniti, a cui hanno partecipato 99 centri su tutto il territorio, coinvolgendo 30.420 persone dai 18 anni in su. Viene somministrato in due iniezioni a distanza di almeno 28 giorni l’una dall’altra. Il terzo vaccino è dato da AstraZeneca, indicato nelle persone di età pari o superiore a 18 anni. La protezione inizia circa 3 settimane dopo la prima dose di vaccino.

Due dosi raccomandate con un intervallo compreso tra 3 e 23 settimane, con un’efficacia pari al 62,6 per cento. C’è un livello d’incertezza nei soggetti con più di 55 anni d’età, in quanto tale popolazione, pur con buona risposta anticorpale osservata, era scarsamente rappresentata negli studi effettuati. Circa 300 medici hanno rifiutato tale vaccino ritenendo troppe le 10-12 settimane di attesa per la dose di richiamo. Pierpaolo Sileri ha commentato: «Condivido questa motivazione da medico, non però se hanno dubbi sull’efficacia del vaccino». Intanto il virologo Giulio Tarro, da Realtà Sannita intervistato la scorsa primavera, ritiene oggi che «la vaccinazione di massa sia stata presentata come unica speranza per scampare da una morte certa e vengono presentati come “sicuri” ed “efficaci” vaccini realizzati in pochi mesi, addirittura senza nemmeno aver completato il percorso di sperimentazione che, per i vaccini, dura in media otto anni. Vaccini che, addirittura, garantirebbero un periodo d’immunità stimato in mesi, che non impedirebbero al vaccinato di trasmettere l’infezione e che, quindi, non si comprende come possano garantire quella “immunità di gregge” che è alla base delle vaccinazioni di massa. Tutt’altro sarebbe se questi vaccini fossero stati destinati alle sole categorie a rischio, in questo caso gli anziani.

Così, verosimilmente per esigenze di business, non è stato e oggi si arriva a proporre la vaccinazione addirittura ai bambini dove la mortalità per Covid è praticamente zero. A peggiorare la situazione, le caratteristiche del Sars-Cov-2 che, come tutti i Coronavirus, conosce continue “varianti” per fronteggiare le quali si è arrivati a realizzare, non già vaccini, ma una terapia genica, basata su Rna messaggero (mRna) sulla quale si basano i cosiddetti vaccini prodotti dalla Pfizer-BioNTech e Moderna».

La vittoria che dovremo riportare contro il micidiale aggressore dipenderà da diversi fattori: la durata della protezione, quante persone vorranno immunizzarsi, eventuali colpi di coda del virus, il quale potrebbe perfino cambiare strategia, come rifugiarsi in un’altra specie, per poi tornare in mezzo a noi, ancora mutato. In ogni caso, anche per tale evenienza si stanno affilando le armi. Entro la fine dell’anno potrebbe essere realizzato una sorta di vaccino universale capace di combattere tutte le varianti del Coronavirus. Per ottenere tale risultato non si andrebbe a colpire solo la proteina Spike, ma anche il nucleo del virus, la proteina N. Intanto la ricerca non si arresta, Moderna ha annunciato di aver iniziato a testare una versione aggiornata del suo vaccino per contrastare la variante sudafricana e si presume che anche altre aziende seguiranno l’esempio, adeguandosi con l’evoluzione del Coronavirus.

GIANCARLO SCARAMUZZO

giancarloscaramuzzo@libero.it