Benedette le sementi. I frutti saranno pronti per la Festa del Grano 2020 Società

In un contesto globalizzato, dominato dalle trasformazioni incalzanti e profonde, che investono le dinamiche degli Stati, le implicazioni culturali, urgono le impellenti sfide, per riconsiderare le risorse naturali, per ripensare un modello di sviluppo virtuoso nella ruralità del quotidiano. In agricoltura appare nella sua centralità ineludibile, la riscoperta dei grani antichi, immersi nello scenario del XXI secolo, non solo per la diversità ambientale pedoclimatica, ma essa esercita il fascino della creatività nelle abili mani dei “Maestri dell’Intreccio” di Foglianise.

L’Associazione 16 Arte dal 2015, presieduta da Carmine Bianco, ha riportato in auge - di concerto con i suoi più stretti collaboratori - una tradizione dei contadini nella società a struttura semplice, radicata nel secolo breve.Nella cappella di San Rocco, edificata nell’antico casale del paese, detto Cautani, ha asperso l’acqua benedetta sul frumento da interrare, al termine della celebrazione eucaristicail nuovo pastore della comunità don Pietro Florio.

Scorrendo il “Libro delle Memorie”, il Cronicon parrocchiale, una finestra aperta sul passato, scritto dal sacerdote mons. Gioacchino Pedicini (1883-1980), si legge l’importanza ed il significato della benedizione delle sementi.

Correva l’anno 1928, egli annota: “Lo scrivente ha voluto introdurre nella sua parrocchia l’uso ormai diffuso da per tutto in Italia, di benedire il grano da servire per la semina”.

E poi aggiunge: “Tale benedizione è stata fatta il 21 ottobre, durante la messa al Vangelo, dopo che il parroco aveva spiegato la necessità di coltivare bene il grano e di invocare su di esso la benedizione di Dio. Furono abbastanza numerose le persone che portarono la semenza a benedire, accogliendo l’invito rivolto la domenica precedente”.

Il rito del parroco Pedicini rivive ed i chicchi (cariossidi) aspersi sotto lo sguardo amorevole di San Rocco, vengono seminati ad un tiro di sasso della cappella del Pellegrino di Dio, in località Camparfano.

In gergo dialettale è chiamato “speuta”, scientificamente “Triticum spelta”, antenato del grano tenero, presumibilmente già utilizzato nell’8000 a.C., nell’Asia sud-occidentale, nella Fertile Mezzaluna. Il genoma del grano è esaploide, la spiga lunga e sottile, gli steli selezionati per spessore, immersi nell’acqua si ammorbidiscono in pochi minuti e s’intrecciano con estrema facilità.

Cosimo Iadanza, contadino novantenne, nonché “Maestro dell’Intreccio” ha sparso per poco tempo i chicchi di spelta, avrebbe desiderato “u zanchetiello”, una piccola sacca, contenente icariossidi, per riproporre anche uno spaccato del passato, che viene riempita al termine di ogni solco.

Egli ha ceduto il testimone a Mario Pastore, che ha concluso la seminagione, in una giornata meravigliosa, baciata dal sole di ottobre. Il trattore, guidato da Michele Carapella, il frumento ha interrato, perché dia il frutto desiderato, pronto a giugno per essere falciato e per la Festa del Grano 2020, nuovamente intrecciato.

NICOLA MASTROCINQUE

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