C'era una volta la nutrice... Società

Un mestiere antico che nella sua iconografia annovera la Vergine col Bambino, un atto squisitamente materno che induce a riflettere sul significato di famiglia, quella di ieri e quella di oggi, un legame affettivo molto forte e spesso inalterato nel tempo, un “miracolo” appannaggio esclusivo della donna che può a ragion veduta parlare di “frutto del suo seno”, stiamo parlando della nutrice: l'altra mamma, la “mamma di latte”.

Un mestiere nato nella notte dei tempi e poi spazzato via dall'affermarsi dell'utilizzo del latte artificiale.

Nell'antica Grecia era costume diffuso - seppur non regola generale - che le famiglie abbienti lasciassero allevare i propri figli alle balie, i cui compiti prevedevano l’allattamento, la cura e l’educazione del bambino.

La nutrice veniva selezionata pertanto con grande attenzione e doveva possedere una serie di requisiti indispensabili: buon carattere, pulizia, giovane età (20-30 anni), buona conformazione fisica, possibilmente nazionalità greca ed ambite, in particolar modo, erano le balie spartane per i loro severi metodi educativi.

Durante il periodo dell’allattamento la sua condotta era inoltre sottoposta a una rigida disciplina, che prevedeva esercizi fisici e una dieta rigorosa. Denaro, generi alimentari, vestiti costituivano la ricompensa prevista per tale prestazione: si trattava in sostanza di un vero e proprio rapporto di lavoro, che in quanto tale era regolato, come documentano i papiri, da una normativa ben precisa.
Nel mondo latino la situazione è pressoché identica. Se in epoca repubblicana le madri preferivano quasi sempre allattare personalmente i propri figli, in età imperiale, invece, le famiglie agiate li affidavano volentieri alle cure delle balie, scelte per lo più tra le schiave greche, in modo tale che i bambini potessero apprendere la lingua straniera.

Il rapporto tra nutrice e alumnus era, non di rado, forte e sincero: basti pensare alle tante iscrizioni funerarie che esprimono riconoscenza e affetto per la balia.

Maia, la nutrice di Tutankhamon, il famoso “Faraone bambino”, godeva di molto rispetto tanto da portare tre titoli: balia del re, educatrice del corpo del dio e la prima dell'harem.

Nella tomba di Maia - scoperta nel 1996 nella necropoli di Saqqara dall'egittologo francese Alain Zivie e recentemente aperta al pubblico - Tutankhamon è ritratto sulle sue ginocchia e lo stesso nome del faraone è citato più volte.

In Italia - come nel resto d'Europa - fino agli inizi del Novecento, si è protratta nelle famiglie più ricche la consuetudine di affidare il neonato ad una nutrice, scelta spesso tra il personale di servizio, oppure tra i propri lavoranti o contadini, affinché provvedesse all'allattamento del bambino.

La balia doveva essere robusta per riuscire a nutrire sia il proprio neonato che quello affidatole e doveva godere di ottima salute per evitare la trasmissione di malattie.

Potrebbe sembrare strano, anzi quasi innaturale, che una madre possa decidere volontariamente di non allattare il proprio bambino, ma occorre storicizzare: una donna alto-borghese o nobile viveva necessariamente un'intensa vita sociale e perciò doveva mantenere un aspetto quanto più possibile fresco e giovanile.

Atteggiamento peraltro non tanto diverso dalle donne che al giorno d'oggi si fanno fare i vari lifting, iniezioni di botulino e robe varie...

Spesso, però, non si considerava il punto di vista del bambino/a che si trovava diviso in due: da una parte la madre, che gli aveva dato la vita e gli insegnava la morale, ma che spesso aveva con lui un rapporto distaccato; dall’altra, una donna non nobile né colta, che però gli stava accanto per anni, gli trasmetteva spesso del vero affetto materno e a volte manteneva stretti rapporti con lui fino a tarda età.

Tra le classi sociali meno abbienti, invece, l'esigenza di trovare colei che allattasse il neonato scaturiva da esigenze molto più concrete quali il decesso della madre per cause inerenti il parto, o la mancanza di latte, o una malattia che impediva alla madre di potersi prendere cura del proprio figlio, e c'è ancora da dire che il più delle volte l'allattamento veniva praticato per puro spirito di buon vicinato.

In tutti questi casi, comunque, il rapporto affettivo che si creava tra l'infante, la nutrice ed il figlio naturale di quest'ultima (definito fratello o sorella di latte) era davvero molto forte e spesso rimaneva inalterato nel tempo.

Al di là delle epoche e delle condizioni sociali, nutrire è un atto d'amore e con l'allattamento si instaura un legame intimo particolare, basti pensare alla balia del Re Sole, ovvero Luigi XIV: a Versailles, infatti, durante il rito del “Lever du Roi” (alzata del Re) lei era la prima a entrare nella sua camera da letto e a dargli un bacio mentre era ancora disteso.

Si chiamava Pierrette Du Four e onorò costantemente l’impegno fino al 1688 (data del suo decesso), quando il sovrano aveva 50 anni.

Per ogni volta che un nobile, un ricco mercante o addirittura un sovrano è riuscito a mostrare umanità nei confronti del prossimo, probabilmente, bisogna ringraziare un esercito di umili popolane, che non sapevano né leggere e né scrivere, ma che erano maestre di veri e profondi sentimenti!

ANNAMARIA GANGALE

annamariagangale@hotmail.it

In apertura Luigi XIV raffigurato con la sua balia in un quadro dell'artista Charles Beaubrun

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