Clemente Cassese e il suo giornalismo gentile Società

Ho conosciuto Clemente Cassese molto prima che decidessi di dar vita a questo giornale nel lontano 1978.

Ricordo che allora, ed eravamo agli inizi degli anni sessanta, ero un giovane studente molto interessato alla politica ed attivissimo esponente di una Associazione di destra, la Giovane Italia della quale ero presidente.

Sempre alla ricerca di un po’ di spazio sulla stampa locale che ignorava completamente tutte le iniziative che con quella Associazione portavo avanti, trovai in Clemente Cassese, allora giornalista del quotidiano Roma, l’unico disposto a riportare sulle colonne del suo giornale notizie circa l’attività di quella Associazione. E’ inutile dire che quando lo incontrai per la prima volta sulla redazione del Roma a Vico Noce, di fronte al teatro comunale, fu amore a prima vista e, ben presto si prodigò per organizzare, su mio suggerimento, nella angusta sede del giornale una tavola rotonda che aveva per tema l’Università a Benevento che era uno dei miei cavalli di battaglia.

Con queste premesse era ovvio che quando decisi di dar vita nel 1978 a Realtà Sannita ottenni subito la sua collaborazione che è andata avanti fino agli ultimi anni della sua vita in modo proficuo e continuativo. In piena sintonia, senza mai un benché minimo contrasto.

Ho sempre ammirato il suo stile giornalistico mai gridato e sempre improntato alla massima correttezza.

Una sorta di giornalismo gentile che non gli impediva però di fare le sue critiche, anche molto pungenti ma sempre misurate e mai aggressive o volgari. A un certo punto mi propose una rubrica dal titolo “Gelsomina la sa lunga” con un logo disegnato dal suo amico del cuore, l’artista pittore e scultore prof. Giuseppe Di Marzo che è stato anche l’autore di tutte le copertine dei suoi otto libri pubblicati con i tipi delle nostre edizioni.

Gelsomina divenne ben presto uno dei personaggi più amati dai nostri lettori che mostrarono subito di gradire molto quei colloqui così intriganti tra lui (il Cavaliere) e la lavascale del suo condominio (Gelsomina) una donna arguta ed intelligente, autentica portavoce dell’animo popolare che senza peli sulla lingua raccontava la sua opinione sui politici del tempo e le loro malefatte.

Quando poi aveva in mente la pubblicazione di qualche libro il rituale era sempre lo stesso…mi diceva Giovannì domani mattina vengo a prendere un caffè a casa tua, ti devo far vedere una cosa…

Alle sette e mezzo del mattino arrivava puntuale col suo ricco faldone che conteneva il manoscritto del suo libro di prossima pubblicazione. Tutto ordinato... qui le foto, qui il testo. Questa è la copertina, se ti piace. Ed infine tirava fuori il dischetto (qui c’è tutto) e mi raccomandava i corsivi e gli accenti...

E poi si parlava anche della presentazione ma aveva già le idee chiare sul luogo e su chi dovesse intervenire.

Insomma un rituale sempre uguale che si è ripetuto per ben otto volte, tante quanti sono stati i libri pubblicati.

Ed è stato così che conservo un ricordo indelebile di quest’uomo che non dimenticherò mai e ancora oggi ringrazio per avermi fatto dono della sua amicizia, corroborata anche dalla condivisione di decisivi ideali.

GIOVANNI FUCCIO

Nella foto Clemente Cassese mentre scrive una dedica con autografo al suo amico Antonio Sorgente durante la presentazione del libro “I racconti della cantina”