Da internet all'uomo... I virus sono sempre in agguato Società

Il 2020 si è aperto con un’emergenza sanitaria proveniente dall’estremo oriente, il coronavirus, un bacillo che provoca un’infezione per la quale al momento non esiste una cura e della quale ancora non è ben chiaro il tasso di mortalità (nonostante sia da molti virologi ritenuto non più grave di un’influenza stagionale; di certo non è l’influenza spagnola che un secolo fa causò più vittime del conflitto mondiale appena terminato).

Se torniamo indietro con la memoria di due decenni, all’alba del 2000, non era un virus e non proveniva dalla Cina il baco che tenne in ansia il mondo intero alla vigilia di Capodanno. Sto parlando del millennium bug, il baco del millennio che, a detta di alcuni, avrebbe fatto impazzire i computer di tutto il mondo al passaggio della data da 1999 a 2000. Come certo ricorderete, il tanto temuto collasso dei sistemi informatici globali non vi fu.

Da allora è passata veramente tanta acqua sotto i ponti. Due decadi, ma sembra sia trascorsa un’era geologica. Se escludiamo un allarme generale poi rivelatosi infondato, quale fu quello del baco, all’epoca la peggiore minaccia per i computer era rappresentata dai virus, le cui origini erano sconosciute e la cui propagazione avveniva tramite dischetti di natura incerta trasmessi di mano in mano, oppure attraverso la frequentazione di siti pericolosi. Un buon antivirus, a detta dei più, era sufficiente per non correre rischi.

Oggi che la mole di dati che passa attraverso la rete, non solo mediante pc ma soprattutto attraverso i dispositivi portatili (smartphone e tablet, ma anche sistemi integrati ad altri oggetti quali i navigatori satellitari delle auto), è immensamente più cospicua rispetto a venti anni fa, anche i pericoli sono cresciuti in misura esponenziale. Antivirus e firewall esistono ancora e sono certamente più sofisticati di quelli di prima generazione, eppure non bastano a farci sentire sicuri.

Il pericolo si nasconde dietro ogni angolo, ammesso che internet abbia degli angoli: le app che scarichiamo sullo smartphone possono spiarci a nostra insaputa, hacker russi o cinesi possono prendere di mira i server o i cloud dove sono memorizzati i nostri file, i sistemi operativi che utilizziamo possono nascondere falle ed essere vulnerabili ad attacchi esterni, le multinazionali proprietarie dei social network che frequentiamo possono vendere i nostri dati a terzi. Insomma, la situazione ricorda un po’ quel vecchio film in cui Stanlio e Ollio si trovano su un sottomarino invaso dall’acqua e cercano di tappare le falle infilando un dito in ogni buco.

In una situazione così ansiogena, prima di diventare paranoici una domanda sorge spontanea: chi guadagna da tutto questo e cosa? La figura dell’hacker anarcoide che mira a distruggere il sistema facendo crollare le sue infrastrutture informatiche per il puro gusto di farlo esiste solo in certi film fantapolitici. È chiaro che ogni intrusione, ogni azione criminale che colpisca i nostri dati e la nostra privacy ha dietro una ragione oggettiva. Non vivendo attualmente in un regime dittatoriale volto a controllare ogni singola attività dei cittadini-sudditi, la conclusione più ovvia è che i motivi che spingono ad attentare alla sicurezza dei nostri dispositivi siano economici.

Chi ci spia, chi s’impossessa dei nostri file punta al guadagno, ma l’obiettivo non sono i singoli. Non dobbiamo temere di subire ricatti da chi intercetta le nostre conversazioni e i nostri messaggi, a meno di non essere delle personalità di spicco del mondo della politica o dello show business. Il vero bersaglio sono i gusti, le preferenze e le abitudini non di un individuo, ma di un insieme di persone che formano un campione. Lo scopo è quello di precedere le nostre tendenze all’acquisto e di metterci davanti agli occhi ciò che compreremo prima ancora che noi stessi ci rendiamo conto di desiderarlo. Il bisogno indotto è valuta corrente ed è ciò che muove un giro d’affari di proporzioni colossali.

Più che del coronavirus, dell’influenza o dei virus sul telefonino, la vera malattia che circola di questi tempi e contro cui non abbiamo vaccino è il consumismo.

CARLO DELASSO