Dal calcio giocato alla playstation Società
Se vi piace il calcio, sicuramente starete seguendo gli Europei in corso di svolgimento in Germania. Nel momento in cui scrivo ancora non sappiamo quale nazionale ha potuto alzare al cielo il prestigioso trofeo, ma abbiamo avuto modo d’assistere all’ingloriosa uscita di scena della compagine italiana dalla competizione.
Non è certo compito mio indagare i motivi per cui la nazionale azzurra è uscita così presto e soprattutto così male dall’Europeo, ma mi preme far notare un paio di cose che reputo un significativo specchio dei tempi. La prima è che oggi a guardare le partite di calcio sono principalmente le persone sopra una certa età. I giovanissimi non guardano le partite, tuttalpiù seguono gli highlights a fine gara.
Se il cinema, secondo Alfred Hitchcock, è come la vita ma senza le parti noiose, allora possiamo dire che gli highlights sono il calcio senza le parti noiose. Perché in una partita di 90 minuti è inevitabile che ci siano dei momenti in cui la tensione cala, il bel gioco latita, i calciatori si passano il pallone l’un l’altro senza avanzare o magari effettuando retropassaggi. Ma converrete con me che qualunque appassionato di calcio non rinuncerebbe al piacere di gustare in diretta anche questi momenti non memorabili. Eppure, se avete in casa dei minori, noterete come obbligarli a restare fissi sullo schermo per tutta la durata di una partita è ardua impresa.
Questo discorso vale per il calcio, ma a maggior ragione per altri sport: in questi giorni impazza la Sinner mania, ma quanti hanno assistito ad un match giocato dal campione altoatesino dal primo all’ultimo minuto? Ben pochi, a parte i patiti di tennis, ma tra coloro che hanno la stessa età di Sinner o sono addirittura più giovani, probabilmente pochissimi.
Gli highlights sono un po’ i bignami dello sport. In un’epoca in cui è difficilissimo concentrare l’attenzione di un minorenne per un periodo superiore ai 10-15 minuti, questa forma d’intrattenimento veloce gode di un enorme successo. Piuttosto che trascorrere un’ora e mezza davanti alla tv (che poi si trasforma in due ore considerando i recuperi e l’intervallo tra primo e secondo tempo), i ragazzi odierni preferiscono gustarsi direttamente i gol sullo smartphone; magari anche le azioni più belle, i falli da cartellino giallo, le parate strepitose, i gol mangiati e così via. I tempi in cui viviamo sono troppo frenetici per concedersi l’antico rituale calcistico di fantozziana memoria (tv accesa sulla partita, bottiglia di birra ghiacciata, frittata di cipolle e nessun limite all’esternazione sonora della propria digestione).
Il secondo fenomeno a cui accennavo è che una volta, in occasione dei Mondiali e degli Europei di calcio, le strade risuonavano delle voci e dei suoni di ragazzi che giocavano a pallone in strada, trasformando ogni campetto, ogni spiazzo libero dalle auto in uno stadio e vestendo i panni dei loro campioni per il tempo di un pomeriggio, fino a quando non giungeva l’ora di tornare a casa per cena. Oggi probabilmente i figli di quei ragazzi giocano sì, ma comodamente seduti sul divano con in mano il joystick della Playstation. Il calcio giocato è diventato calcio videogiocato. Ma se di quei bambini che giocavano all’aperto uno su un milione è diventato un Baggio o un Del Piero, in mezzo ai tanti appassionati di videogiochi calcistici forse qualcuno potrà un domani diventare un professionista nel settore dei videogame, ma nessuno di loro vestirà la maglia della nazionale su un vero campo di calcio. E l’Italia continuerà ad uscire ignominiosamente dalle competizioni internazionali. O non si qualificherà nemmeno.
CARLO DELASSO