Debiti ai figli e a chi se no? Società

La crisi economica e istituzionale nella quale ci dibattiamo fa riemergere tutta una serie di slogan appartenuti, purtroppo, alla iconografia sindacalese passivamente rimuginata dai mass media.

Ricorderete l'enfasi con cui si proclamava che le pensioni non si toccano. Difatti... E poi l'acqua bene comune e i no alle discariche e agli inceneritori e ai depuratori. E poi i no ideologici, cioè fondati su presunte dottrine salvifiche, come i no alle coltivazioni agrarie con l'intervento di ingegnerie modificative di geni di per prevenire malattie a prodotti di largo consumo.

Dopo che mezza Campania felix è stata trasformata in una immensa discarica di ogni fetenzia umanamente conoscibile è stato lanciato un altro slogan cui aderiscono nella unanimità spensierata uomini e donne di ogni colore politico, religioso e di rango sociale.

Lo slogan è: Non possiamo pagare le conseguenze delle scelleratezze commesse fin oggi. E giù applausi.

I dipendenti della ditta che dovrebbe far funzionare gli autobus urbani a Benevento (cinque milioni di costi all'anno e un milione di ricavi) ricorrono allo sciopero per rivendicare il diritto allo stipendio. E anche loro dicono di non poter accettare che si debbano pagare le conseguenze di errori commessi da altri nel passato.

A livello istituzionale fior di politici ripetono la stessa storia che non saremmo noi a dover pagare le conseguenze di allegre gestioni politiche di imprese che dovevano essere economiche. Quelli che danno la colpa alla Germania hanno pronta la soluzione: usciamo dall'euro. I due miliardi e oltre di euro di debito pubblico scomparirebbero perché noi ci metteremmo a stampare vagonate di vecchie lire e il debito sarebbe saldato nel giro di una settimana.

Sfugge a costoro che non saranno mai i debitori a decidere come pagare, ma propriamente a decidere sono e saranno i creditori che non accetterebbero mai di essere saldati con carta straccia.

Se c'è una cosa in natura che nessuno può mettere in discussione è lo scorrere del tempo. E, come l'acqua di un fiume scende dall'alto verso il basso, così le conseguenze di azioni e comportamenti ricadono naturalmente (cioè per fatto naturale) non su chi è morto ma su chi sopravvive.

Non mi venite a dire che non è giusto. Posso pure condividere l'idea che non sia giusto che un terremoto venga a scatenarsi proprio qui. E però nessun giudice (oddio!?) ingiungerà al padreterno di pagarmi i danni.

L'idea del giusto e del non giusto non si può applicare ai fatti così come sono accaduti. E in ordine alle conseguenze di ciò che è avvenuto è fuori discussione che gli unici protagonisti chiamati (dalla ineluttabilità del tempo che scorre) a farsene carico sono quelli di oggi e quelli di domani. Cioè noi e i nostri figli, non già quelli che sono già morti. Imputare ad essi ogni responsabilità è esercizio privo di effetti pratici.

Le conseguenze dell'avvelenamento di mezza Campania felix (inclusa Toppa Infuocata e Sant'Arcangelo Trimonte e Tre Ponti) le pagheremo noi e i nostri eredi. Sono cambiali che non possiamo “girare” a piacere.

Ecco perché bisogna ragionare su due piani.

Il primo è quello dell'emergenza. Prima si fa meglio è. Altrimenti dalla emergenza si passa alla cronicizzazione con aumenti dei danni e delle cure.

Il secondo piano è quello che responsabilità. O meglio: del recupero (dell'esercizio) della responsabilità.

Se è vero che molti guai che oggi dobbiamo affrontare (e non possiamo esimercene) sono dovuti alla irresponsabilità di chi ha governato fin ora, diventa un imprescindibile dovere morale e pratico smetterla di continuare sulla china del fatalismo o della consapevole perseveranza della inconcludenza irresponsabile.

Assicurare che si pagheranno gli stipendi ai dipendenti dell'AMTS senza modificare minimamente l'organizzazione del servizio significa solamente continuare ad incassare uno e a spendere 5.

Significa cioè continuare ad incrementare un debito che pagheranno i nostri figli. Ai quali avremo lasciato in eredità il bonario cartello: Non è giusto che siano i figli a pagare.

P. S.

Mentre il giornale va in stampa, giunge dall'America la notizia che Obama, non avendo il suo parlamento approvato la legge finanziaria, ha bloccato i pagamenti e lasciato a casa i lavoratori pubblici. Il democrat un po' abbronzato fa pagare cash. Noi rinviamo.

MARIO PEDICINI

mariopedicini@alice.it

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