Disorientamento Società
Il panorama politico locale è dominato da uno strano malessere, che si potrebbe forse etichettare come disorientamento. Non pare il sintomo lieve di un malanno passeggero. Ha le sembianze, piuttosto, di un malessere grave che si vorrebbe esorcizzare. O, forse, che si vorrebbe che altri esorcizzassero.
Siamo giunti in ritardo ad un passaggio epocale. Abbiamo sottovalutato la portata di molte leggi di riforma. Ci troviamo, oggi, a dover gestire la non applicazione (o il ritardo di applicazione) di alcune di queste leggi.
In capo a tutto c'è un deficit culturale, che impedisce di cogliere i segni dei tempi. Che la riforma del titolo V della Costituzione (piaccia o non piaccia) avrebbe dovuto investire la cultura dell'amministrazione periferica, con una conseguente riorganizzazione delle funzioni e dei ruoli, lo abbiamo scritto in mille modi. Che lo stato non è più la gran madre misericordiosa di tutti gli spetelanzoni sparsi lungo lo stivale della Repubblica lo si poteva capire dalla elencazione tassativa dei compiti dello stato scritta nella Costituzione riformata. Che non ci fossero più la Democrazia Cristiana dispensatrice di generose mance e il Partito Comunista “consocio” interessato a ricevere (e a distinguere le responsabilità del dispensatore rispetto all'utilizzatore finale) anche questo mi pare che fosse sotto gli occhi di tutti.
Che magistratura ordinaria e Corte dei Conti potessero, con i loro tempi, irrompere nel quotidiano gioco delle spartizioni e degli accomodamenti lo avevamo anche noi (sprovveduti gazzettieri di provincia) messo per iscritto.
Con una faticosa ristrutturazione della Giunta, e la promessa che poi toccherà alla dirigenza amministrativa e tecnica, il Comune di Benevento pareva avviato verso una responsabile resipiscenza. Dobbiamo sospendere il giudizio.
Non ci pare vada nel senso di una rigorosa gestione economica la nomina di un “disponibile” politico alla guida di una azienda come quella dei trasporti urbani (AMTU), alle prese con una pesante vertenza con gli imprenditori che hanno realizzato il parcheggio di Porta Rufina che hanno messo in mora, tramite la magistratura, l'azienda. La quale, peraltro, nulla fa per organizzare il servizio secondo obiettivi di efficienza ed efficacia, oltre che di economicità, dicendo chiaro e tondo che la prospettiva è il fallimento e il licenziamento di tutti i dipendenti.
Che amministratori e sindacalisti, anziché mettersi attorno a un tavolo e concordare legittimi ed economici percorsi di uscita dalla crisi, salgano le scale della Prefettura credendo di poter portare all'incasso le pur calorose lettere che il prefetto promette di inviare al Ministero lascia francamente sgomenti. Non è il Governo, e nemmeno il prefetto, il titolare della potestà decisionale. Chi deve decidere, secondo il codice civile (con il rischio di passare al penale se si dovesse dare l'impressione di una disinvoltura fuori posto), è per l'appunto il vertice della società. E il socio unico (vale a dire il Comune) non può prendere soldi in cassa (ammesso che ce ne abbia) con la libertà di un proprietario privato.
Meno appariscente, ma altrettanto esemplare, è la storia delle rate TARSU (la tassa sull'immondizia) recentemente reclamate dal Comune di Benevento con una operazione scandalistica (e francamente scandalosa).
Undicimila raccomandate preparate, di cui cinquemila recapitate (il sindaco ha stoppato l'inoltro delle altre seimila), sono comunque uno scandalo. Sarebbe scandaloso se tutti (o molti, o alcuni di) questi cittadini la tassa l'hanno già pagata e si sono visti costretti a ricercare tra le carte di casa le ricevute dei versamenti attinenti l'anno 2010 (pensate alle fatidiche vecchiette) e ad affrettarsi a bussare agli uffici comunali per sentirsi dire che bisogna usare il fax o la posta elettronica.
Ma sarebbe ancor più scandaloso se queste missive siano partite all'indirizzo di undicimila contribuenti totalmente evasori. Il Comune di Benevento confesserebbe che circa un terzo di chi dovrebbe pagarla evade la TARSU.
Sul piano dell'organizzazione, della correttezza e dello stile (oltre che dell'efficacia) non sarebbe stato più conveniente chiamare uno ad uno i contribuenti e confrontare in presenza i dati in possesso degli uffici con le carte in mano ai contribuenti? Ci vuole molto tempo? Ci vogliono molti impiegati?
Certo che è più facile sparare nel mucchio e mandare alla rinfusa pezzi di carta (costati come una raccomandata) ma, come quello che ho ricevuto io, di nessun valore giuridico essendo privo di una qualsiasi firma.
Della serie: più che risolvere un problema, fare ammuina. Ma anche l'ammuina si paga. Pure se si chiederà qualcosa al dirigente responsabile, alla fine paga il contribuente. Cioè il cittadino onesto. Che potrebbe anche stancarsi.
MARIO PEDICINI
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