Ecco la vita avventurosa della dott.ssa Tirone Società

Diciamo subito che dietro la conturbante signorina diventata celebre in pochi mesi semplicemente come “dottoressa Tirone”, si cela una ragazza borghese, nata a Napoli il 29 gennaio 1952 da Angelina Bertizzolo - veneta di Enego (Vicenza) classe 1914 - e da Saverio Tirone, avvocato e direttore del Tesoro che, nato a Benevento il 31 maggio 1902, al momento della sua nascita ha cinquant’anni compiuti e già da tempo si è trasferito a Napoli in Viale Augusto 62 pur appartenendo a distinta e agiata famiglia di proprietari terrieri di Paolisi, ove tuttora una lapide sulla facciata della casa natia onora la memoria del genitore Nicola Tirone, anch’egli avvocato oltre che stimato consigliere provinciale e pubblico amministratore, sposato con Teresa Parenti.

Quando Saverio Tirone muore all’età di 66 anni l’11 aprile 1968, Alma è appena sedicenne e sta ultimando gli studi liceali, mentre due anni più tardi si iscriverà alla facoltà di Medicina della “Federico II”, laureandosi nel 1976 e specializzandosi in endocrinologia quando tuttavia a Napoli è già ben nota, sia per chiacchierate frequentazioni con maturi professionisti, e sia come conduttrice di Belle in linea, una trasmissione su dieta e bellezza trasmessa da Radio X dal 1975 al 1984, nonché per l’assidua presenza a Canale 21 dove, sin dagli esordi nel 1976, l’ingegner Pietrangelo Gregorio, pioniere della tv privata italiana, intuisce le straordinarie potenzialità della dottoressa rossa e le affida Il Salotto dei grassottelli, format di successo entrato nei palinsesti di molte emittenti private dell’epoca e delle reti Fininvest che trasmettono gli spot delle sue tisane e tavolette dimagranti Minilinea sulle note del celebre jingle «Con Minilinea non rinunci a nulla … con Minilinea puoi restare snella!».

L’immancabile camice bianco, un appariscente paio di occhiali molto professionali, i capelli neri, biondi o rossi secondo l’occasione e la posa a tre quarti per evidenziare le gambe affusolate, sono il biglietto da visita della dottoressa Tirone che, alta 1 metro e 81 «come un granatiere», si sottopone a costante trattamento con il suo Minilinea e, grazie al carattere indulgente, riesce simpatica alle donne perché non le rimprovera come Wanna Marchi bensì ne comprende appieno le piccole debolezze e i frequenti «mangiucchiamenti», mentre al pubblico maschile riserva un approccio più sensuale, sussurrando, ammiccando, seducendo e accavallando le gambe al momento giusto.

Definendosi in molte interviste una donna libera, decisa, maschilista e non romantica, confessa che gli uomini sono la sua passione sin da bambina quando, giocando al medico, «curavo solo pazienti bellini e con gli occhi azzurri … all’epoca poco sapevo di deontologia professionale». Ed è forse proprio per questo che, qualche anno più tardi, sceglierà di aggiungere al nome di battesimo - che è semplicemente Alma - anche Manuela, un nome d’arte senz’altro più adeguato ad evidenziare la sensualità un po’ vamp e inoltre pure tanto di moda grazie al successo della canzone omonima cantata da Julio Iglesias nel 1975, i cui versi sembrano scritti apposta per lei: «Se di notte voglio amore, c'una sola donna che lo fa: Manuela. La sua vita in una stanza dove l'innocenza non entrò, Manuela. Occhi grandi come il mare, prendere o lasciare: questo lei, Manuela».

Adducendo di «non predicare il verbo della magrezza, bensì quello di avere un proprio peso stando bene e accettarsi volendosi bene» la dottoressa si fa portavoce di una filosofia che, in due parole, si riassume in «felicità e libertà» e, nel giro di qualche anno, spopola indistintamente sul piccolo schermo, negli scaffali delle librerie e nelle vetrine delle farmacie, indubbiamente aiutata dalla fama televisiva, ma anche potendo contare su una meticolosa preparazione scientifica e professionale quale medico generico mutualista per l’Usl 38 di Napoli, titolare di studi di dietologia a Napoli, Roma e Milano, e finanche consulente della multinazionale Texas Instruments nell’elaborazione dei menu della mensa aziendale per i 600 dipendenti dello stabilimento di Anversa. Inoltre, da abile imprenditrice, fonda alcune società per la realizzazione e la commercializzazione dei suoi prodotti in accordo con la Pierrel e diventa finanche oggetto di una parodia nel popolarissimo show televisivo Drive In, rappresentata in perenne fuga da affamati grassottelli capitanati da Luciana Turina, mentre tra i pazienti-comparsa figura il giovanissimo Piersilvio Berlusconi.

Quando viene coniato il neologismo “tironata” la dottoressa è già famosissima, tant’è che debutta come giurata in vari concorsi di bellezza, a Miss Italia il patron Mirigliani le conferisce il premio Donna-Medico dell’anno nel 1985 e i grandi magazzini Rinascente e Upim vendono circa 400 mila confezioni dei sui prodotti dimagranti, presenti anche nel catalogo Vestro e proposti pure da un team di venditrici porta a porta. Nel 1989 iniziano, però, a emergere i foschi contorni di un’intricata vicenda giudiziaria che, protrattasi per oltre dieci anni, è appena la punta dell’iceberg del fallimento della bella dottoressa, imputata di bancarotta fraudolenta, privata di beni mobili e immobili, e coinvolta in un lungo iter processuale dove tuttavia la sua voce si leva fortissima contro gli scandali di tangentopoli e della malasanità, tant’è che nel 1994, al giornalista Enzo D’Errico del «Corriere della Sera» denuncia il complotto di avvocati, magistrati e curatori fallimentari disonesti, nonché di imprenditori legati alla politica e molto interessati alla sua società Farmaleader che già nei primi mesi del 1985 fatturava oltre nove miliardi. «Per questo», dichiara, «la dottoressa Tirone doveva scomparire. La mossa successiva sarebbe stata quella di inventarsi un nuovo personaggio da piazzare al mio posto. Chi? Non posso fare nomi. Ma basta un piccolo sforzo di memoria per tracciare l’identikit di una sacerdotessa delle diete televisive, forte di amicizie eccellenti».

Nel 1996 torna ancora alla ribalta confessando al quotidiano milanese di essere stata modella e amante di Renato Guttuso che la ritrasse nel celebre dipinto Caffè Greco e la nominò erede in un testamento introvabile, mentre intraprende un’altrettanto eclatante procedimento giudiziario contro il maestro elementare Marcello D’Orta, accusandolo di diffamazione per aver riportato nel libro Dio ci ha creato gratis una frase scritta da un suo piccolo allievo in un tema sulla fame nel mondo e che recita: «la dottoressa Tirone se ne viene con la cura dimagrante, mentre in Africa si puzzano dalla santissima fame, chella scurnacchiata!».

Svoltosi al culmine della crisi personale e imprenditoriale, il processo decreta l’assoluzione per il maestro D’Orta, mentre la Cassazione sbeffeggia la querelante definendola nella sentenza tutt’altro che personaggio pubblico di fama, bensì «dietologa napoletana del tutto sconosciuta nelle provincie del nord Italia» e così, tra pignoramenti, sequestri e costosissime cause, va in fumo un patrimonio di valore inestimabile che comprende, tra l’altro, una villa a Capri nell’esclusiva Via Krupp a Tragara, la Torre Ranieri a Posillipo, e vari appartamenti a Napoli, uno a Chiaja arredato con mobili di pregio e dipinti antichi, due nei pressi di Via Toledo e anche quello di Fuorigrotta dove vive ancora la madre, tant’è che mentre quest’ultima va a vivere a Calvizzano, la dottoressa trasferirà la residenza nel quartiere Bagnoli, in Via di Pozzuoli 102.

Il tanto temuto complotto ai suoi danni, infine, si compie il 12 dicembre 2001, quando viene prelevata nel suo studio dagli uomini della squadra mobile di Napoli con un mandato di arresto per appropriazione indebita avendo incassato per errore, nel 1994, un vaglia postale di 156 mila lire e, non essendo preventivamente informata della condanna, finisce per sette giorni nel carcere femminile di Pozzuoli senza potersi opportunamente difendere e nel completo disinteresse di tutti, ad eccezione del senatore Michele Florino che dal 2002 presenta alcune interpellanze ai ministri della Giustizia e della Sanità rilevando non solo irregolarità processuali, ma anche denunciando i torti subiti dalla dottoressa Tirone nell’assegnazione di cariche di dirigenza nelle Asl napoletane ove, pur avendo tutti i titoli richiesti, è stata scavalcata da altri.

Scagionata da ogni addebito, colei che il giornalista D’Errico aveva efficacemente definito «Giunone in camice bianco» risorge dalle sue ceneri agli inizi del Terzo Millennio e torna in tv affiancata dal cane bassotto Paolina, riproponendo le ormai celebri tisane Tirinnova e Tidepura e il nuovo ciclo dietetico Slim Program, pubblicando ancora altri libri con record di vendite e partecipando come ospite a Quelli che il calcio - dove Fabio Fazio la presenta come «la mitica dottoressa Tirone» - e poi di Bruno Vespa a Porta a porta e di Maurizio Costanzo a Buona domenica - mentre finanche i 99 Posse le dedicano una canzone.

Nel 2006 inaugura quindi il sito www.dottoressatirone.it che supera rapidamente i 100 mila contatti e inizia a dedicarsi al progetto di un’autobiografia finché, agli inizi del 2008, se ne perdono improvvisamente le tracce e i pochi amici sapranno della sua morte - avvenuta a Roma presso l’Ospedale “Madre Giuseppina Vannini” in Via Acqua Bullicante il 16 marzo dopo una malattia fulminante - dalla rubrica Ricordiamoli insieme del Bollettino dell’Ordine dei Medici, dove la notizia è giunta soltanto a giugno e per puro caso grazie a una raccomandata che, speditale dal SUMAI - Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana, è tornata al mittente per morte del destinatario, così come dichiarato dal custode del palazzo.

ANDREA JELARDI

ajelardi@virgilio.it 

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