Filmare la violenza per qualche like Società

L’estate 2022 sarà ricordata senz’altro per il caldo torrido, per la caduta del governo Draghi e per i trionfi dei nuotatori italiani agli Europei di Roma. Purtroppo però, come ogni anno la stagione calda ha visto balzare agli onori della cronaca anche alcuni delitti efferati, femminicidi ma non solo.

In particolare, mi ha fatto riflettere la vicenda del venditore ambulante nigeriano di 39 anni che è stato ucciso di botte a Civitanova Marche. Non tanto per la violenza con cui l’assassino si è scagliato su di lui o per i risvolti razzisti dell’omicidio, ma per un dettaglio che è stato riportato da tutti i mezzi d’informazione: numerosi passanti hanno assistito alla scena del brutale pestaggio, nessuno è intervenuto e molti hanno tirato fuori dalle tasche lo smartphone; non per chiamare le forze dell’ordine, bensì per filmare la scena.

I presenti erano di certo consapevoli che non si trovavano di fronte alle riprese di un film, ma ad un episodio di autentica violenza, eppure il loro primo istinto è stato quello di riprendere dal vivo un uomo che picchiava a morte un altro uomo. Questi video sono poi stati acquisiti dagli inquirenti come prove e saranno certamente utili nel processo che avrà luogo contro l’omicida, ma mi rifiuto di credere che chi si è premurato di filmare l’abbia fatto a fini probatori.

Psicologi e sociologi hanno detto la loro sull’episodio, spiegando come anni di violenza esibita in tutte le salse, dai film ai videogiochi fino ai numerosissimi programmi televisivi che hanno portato nelle nostre case i vari delitti d’Italia, ci abbiano ormai assuefatto alla visione di scene che un tempo avrebbero imposto a chiunque di girare lo sguardo altrove o di urlare per chiedere soccorso.

Da quando gli assassini o presunti tali sono diventati divi del piccolo schermo, essere testimoni in prima persona di un delitto non è più un’esperienza traumatica, ma qualcosa che può darci un attimo di celebrità, o quantomeno che ci regala un argomento di conversazione con cui attirare l’attenzione dei nostri amici e follower. Assistere ad un omicidio non è quindi tanto diverso dall’assistere ad una finale mondiale, o dall’essere presenti ad una visita del Papa.

E lo smartphone è lo strumento che può permetterci di dire “io c’ero”. Pazienza per la tragedia di una vita spezzata, per il dolore dei familiari di chi è morto, posso condividere un momento in cui nella mia vita è entrato un evento al di fuori dell’ordinario.

Dell’abuso degli smartphone ho già parlato a più riprese, ma in questo caso ritengo che ci troviamo di fronte ad un fenomeno diverso rispetto a quello, per esempio, degli spettatori di un concerto che passano tutto il tempo a riprendere lo spettacolo piuttosto che goderselo e basta. Per far fronte a questa cattiva abitudine, artisti come Madonna e Bob Dylan sono arrivati a proibire i cellulari alle loro esibizioni (irritando i fan più giovani, che li hanno tacciati come boomer). Qui siamo davanti alla morte trasformata in evento di cui sentirci partecipi e da mostrare agli altri.

Viene da domandarsi quale potrebbe essere il passo successivo. Chi oggi filma un omicidio col telefonino, domani potrebbe filmare anche l’agonia di un moribondo, o le immagini di un disastro ambientale invece di mettersi in salvo e soccorrere chi è in pericolo. Mai come in questo caso, la tecnologia ci sta privando della nostra umanità. E per cosa poi? Per qualche like in più.

CARLO DELASSO