Il 'Cammino di Santiago' beneventano? Società
Il “Cammino di Santiago” beneventano? Esiste e porterà ricchezza.
Dalle festività natalizie a quelle estive, cresce a dismisura il trend degli europei che prediligono alla vacanza tradizionale la riscoperta del turismo lento sulle rotte degli antichi pellegrini: ben 300.000 nel 2016 i viaggiatori sul cammino di Santiago, millenario itinerario religioso, valorizzato sapientemente dalle istituzioni negli anni ‘90, che ha fatto la fortuna delle terre spagnole con guadagni in crescita di circa 20 milioni di euro l’anno. Dalla Francigena alla via di Francesco, i tanti cammini che anche noi italiani abbiamo ereditato dal passato cominciano ad essere valorizzati
negli ultimi anni grazie ad un'adeguata rete di segnaletiche e servizi ed al supporto finanziario del Ministero dei Beni Culturali (nel 2016 “Anno Nazionale dei Cammini”, sono stati stanziati 60 milioni di euro). Certo, il lavoro da fare è ancora tanto: sono spesso i privati a rimediare alla frequente assenza degli enti locali in questo sbocco turistico dal grande valore culturale. Non per niente, sentenziava Goethe, “l’Europa è nata in pellegrinaggio a Compostela”.
Ma perché non anche a Benevento? La nostra città non ha nulla da invidiare: anzi! Oltre ad essere una tappa fondamentale della Francigena del Sud, la Regina del Sannio è un millenario crocevia per i pellegrini che da tempo immemore raggiungono a piedi il Santuario di San Michele sul Gargano (dove la prima apparizione micaelica risale all’anno 490).
La storia del Santuario è intimamente legata a quella della città: nel VII sec., quando l’area garganica entrò a far parte del Ducato, tra i longobardi beneventani e Michele fu amore a prima vista: le sue virtù guerriere ricordavano tanto il loro antico dio pagano Wodan (Odino). Ed è proprio grazie al sostegno economico dei duchi di Benevento che il Gargano divenne una delle mete di pellegrinaggio più ambite dai cristiani d’Occidente.
Tra i maggiori mecenati del luogo sacro figura infatti quel Romualdo I che nel VII sec., ammonito dal severo vescovo San Barbato, sancì la completa conversione dei longobardi beneventani dall’arianesimo al cattolicesimo. “Spinto dalla devozione, per ringraziamento a Dio e al santo Arcangelo, il duca Romualdo volle che si realizzasse (la costruzione del santuario) e ne fornì i mezzi” si legge in un’iscrizione all’interno della grotta di San Michele.
Fu così che da Benevento al Gargano iniziò un incessante flusso di pellegrini che, sfidando intemperie e agguati, contribuirono alla nascita di un vero e proprio cammino di fama europea, ben presto inserito in una più ampia rete viaria. La “via Micaelica” già attorno al X secolo aveva assunto un carattere internazionale: da Mont Saint-Michel in Normandia a San Michele sul Gargano, passando per Roma e Benevento. Dopo i Longobardi, anche Normanni, Svevi ed Angioini garantirono speciale protezione ai pellegrini sulla Via. Nonostante fossero spesso gli
individui delle classi sociali più umili a muoversi (specialmente in suffragio dei cari defunti), per secoli il culto micaelico portò al territorio ricchezza e scambi culturali. Nonché prodigi straordinari, ma di questo parleremo senz’altro in un prossimo articolo!
Di recente, il Gruppo di Ricerca “Terre Alte” del Club Alpino Italiano si è lanciato nell’impresa della ricostruzione del tragitto della Via Micaelica da Benevento. Dopo un intenso e meritorio studio durato diversi anni, è stato inaugurato nel 2009 il “Cammino dell’Arcangelo”.
L’itinerario, ultimo tratto della Via Micaelica da Benevento a Monte Sant’Angelo, si snoda per quasi 200 km su sentieri e sterrate lungo i monti e le valli del Sannio, dell’Irpinia, della Daunia e del Gargano, per un totale di 9 tappe di circa 20-25 km ciascuna. A benedire le partenze dei pellegrini è stato fino al 2013 l’indimenticabile don Mario De Santis, rettore di San Bartolomeo e perla preziosa della storia cittadina.
Gli appuntamenti annuali sono promossi dal CAI (info: www.caibenevento.it). Un tragitto che si auspica possa in futuro svolgersi in contesto istituzionale, assumendo una risonanza tale da
contribuire alla ricchezza del nostro Sannio.
Il buon Romualdo ne sarebbe senz’altro contento.
MATTEO NOBILE