Il linguaggio della salute Società
La comunicazione con i pazienti da parte del mondo sanitario è da sempre difficile. Purtroppo è spesso la realtà che ognuno di noi ha vissuto: che cosa voleva dire il dottore? perché l’infermiere mi ha suggerito quella cosa? che diavolo c’è scritto su questa ricetta? e questo foglietto illustrativo dice un sacco di cose incomprensibili sulle pillole che dovrei prendere. La comunicazione nell’ambito della salute non è solo questione di parole difficili, a volte manca il tempo per spiegare, sia al paziente sia al suo interlocutore. Quanto tempo occorrerà perché tutte le facoltà di medicina riconoscano il valore della comunicazione tra le competenze professionali essenziali? E quanto vorranno investire nella preparazione relazionale dei professionisti della salute, anziché demandare il compito alla sensibilità dei singoli?
Riportiamo ora due casi emblematici di quanto possa accadere a seguito di una cattiva comunicazione. La signora Maria, nome di fantasia, lo scorso mese raccoglie l’invito a partecipare agli esami di screening per la prevenzione del tumore della mammella da tenersi presso il poliambulatorio di via delle Puglie a Benevento. Fatta la mammografia se ne torna a casa, non prima però di essere stata avvertita dal personale amministrativo che sarebbe stata contattata telefonicamente solo nel caso avessero riscontrato qualcosa, altrimenti avrebbe ricevuto a casa la lettera con l’esito negativo. Dopo qualche giorno arriva una telefonata che le dice di recarsi al poliambulatorio per un’ecografia integrativa. Naturalmente la signora inizia a preoccuparsi, con lei il marito e i familiari, vivendo giorni d’ansia. Sottopostasi all’ecografia con esito negativo, finalmente le viene detto che, siccome al sessantanovesimo anno compiuto cessa la partecipazione allo screening di massa per tale patologia, “avevano voluto approfondire meglio”.
L’altro caso: vaccinazione anticovid per i soggetti a cui è fortemente raccomandata. Al 22 ottobre ancora non è chiaro dove, quando e come si potrà farla. L’Asl Benevento sembra comportarsi come l’asino di Buridano il quale, non sapendo decidersi quale mangiare tra le due balle di fieno a disposizione, alla fine finì per morire di fame. I medici di famiglia continuano a ricevere richieste dagli assistiti, da familiari che hanno persone fragili in casa, e non sanno cosa dire loro. Nessuna comunicazione pervenuta, di là dagli strombazzamenti pubblicitari – a proposito, mai preso l’avvio quella sulle reti televisive che pure era stata annunciata quando si parlò dell’anticipo della campagna vaccinale – da parte del ministero preposto. Intanto le infezioni stanno progredendo fra la popolazione, ma additare chi «porta ancora la mascherina», come si sente e si vede fare spesso, non solo è maleducato e ingiusto, ma anche stupido e masochista, perché quella mascherina serve a proteggere prima di tutto noi e dovremmo essere grati a chi ha «il coraggio» di indossarla anche se non è costretto. È probabile che lo faccia solo perché sa di essere venuto in contatto con un «positivo» e non vuole correre il rischio di essere veicolo di contagio anche se sta bene. Chi sceglie di proteggere gli altri compie un esercizio di libertà. Si pensava che il Covid ci avrebbe reso cittadini migliori. Purtroppo da certi atteggiamenti verrebbe da pensare che l’occasione sia andata sprecata.
La stampa ha un compito importantissimo nel veicolare notizie validate e già anni or sono Umberto Veronesi dichiarava: «Compito dei media dovrebbe essere quello di controllare la fonte delle notizie per verificarne la fondatezza e l’autorevolezza e non prestarsi a fare il “portatore d’acqua” degli allarmi lanciati ad arte per creare e incrementare un mercato».
Per dirla come l’ho ascoltata da un’anziana signora, nella sala d’aspetto di un ambulatorio: «Justo, chillo ca sape tutto è isso». Giusto, quello che sa tutto è lui.
GIANCARLO SCARAMUZZO
giancarloscaramuzzo@libero.it