Il nuovo dizionario Treccani antepone i termini femminili a quelli maschili Società

Elsa Morante voleva essere chiamata scrittore, non scrittrice. La svalutazione delle parole del femminile ha un’origine lontana, ma qualcosa sta mutando: ne ha parlato la linguista Valeria Della Valle che ha curato il nuovo dizionario Treccani, con la scelta che ha fatto discutere di anteporre i termini femminili a quelli maschili. L’occasione è stata il salotto della trasmissione televisiva Rebus in onda su Rai 3 la domenica pomeriggio. A fare gli onori di casa Giorgio Zanchini e Corrado Augias.

Treccani ha presentato in anteprima a settembre, in occasione della XXIII edizione di “pordenonelegge - festa del libro con gli autori”, il primo Dizionario della lingua italiana che lemmatizza anche le forme femminili di nomi e aggettivi tradizionalmente registrati solo al maschile. Un progetto ambizioso e rivoluzionario dove la tradizione si sposa con il progresso per testimoniare i cambiamenti socioculturali e riconoscere, validandole, nuove sfumature, definizioni in grado di rappresentare al meglio la realtà attraverso le parole che utilizziamo. Ed ecco che ai già noti architetta, notaia, medica, soldata trovano spazio neologismi quali Covid-19, Dad, distanziamento sociale, lockdown, smart working, termoscanner e transfobia.

Il piatto forte dell’edizione 2022 del Dizionario dell’italiano Treccani è senza dubbio il grande e attualissimo interesse sociale che riguarda importanti questioni di parità e diritti. Nella storia plurisecolare della lessicografia italiana, quello di Treccani è il primo vocabolario a non presentare le voci privilegiando il genere maschile, ma scegliendo di lemmatizzare anche aggettivi e nomi femminili. Una rivoluzione che riflette e fissa su cartala necessità e l’urgenza di un cambiamento che promuova l’inclusività e la parità di genere, a cominciare dalla lingua.

Valeria Della Valle ha voluto chiarire quanto affermato dalla scrittrice Natalia Ginzburg (da Una sera, un libro, 29 giugno 1988) a proposito di Elsa Morante che amava definirsi “scrittore”: «Aveva un senso in quell’epoca quando “scrittrice” voleva significare di serie B». Prendiamo ad esempio “poeta”: oggi registrato nel dizionario diretto dai linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota con n.f.m., nome femminile e maschile; a fare la distinzione l’articolo il e la. Altra questione attuale e controversa, ma per Della Valle solo una questione di abitudine: “presidente”, interviene sempre l’articolo, e così avremo la presidente del Consiglio dei ministri. D’altra parte la stessa Giorgia Meloni in un tweet del 28 settembre 2022 alle 10:12 pm definiva Samantha Cristoforetti “la nuova comandante della Stazione Spaziale Internazionale”.

E a proposito della parola premier, degna di entrare a far parte della Nuova manomissione delle parole di Gianrico Carofiglio, la si deve all’uso giornalistico italiano, italianizzata come pronuncia (c’è anche “premierato”), al posto di “presidente del Consiglio”, forse perché si crede che questa sia la denominazione inglese. In Inghilterra (e in Australia) si dice invece “prime minister”; e “premier” viene usato soltanto per i presidenti delle province canadesi e degli stati australiani. In quasi tutti questi casi il “premier” ha poteri maggiori di quelli che la Carta costituzionale italiana stabilisce per il presidente del Consiglio.

E giungiamo a “direttore”. «Proprio oggi, guarda caso - prosegue Valeria Della Valle a Rebus su Rai 3 - il Corriere della Sera mi cita quale condirettore, insieme a Giuseppe Patota, del dizionario Treccani. Perché non condirettrice? Grammaticalmente è corretto “direttrice”. Resta quindi solo una questione d’abitudine». E ancora, sempre la nota linguista Valeria Della Valle, a Corrado Augias che le chiedeva del maschile sovraesteso: «Lo abbiamo abolito, per non privilegiare il maschile. Ad esempio: gli studiosi, le studiose; i giornalisti, le giornaliste e così via».

Interessante la testimonianza di Rosa Oliva, “Rete per la parità”: «Nel 1960 accadeva qualcosa di importante. La Corte costituzionale con una sua sentenza ha ammesso le donne a poter accedere alle carriere pubbliche importanti dalle quali erano escluse nonostante dal 1948 fosse entrata in vigore la Costituzione che prevede la parità fra i sessi e all’articolo 51 addirittura ribadisce questa parità per l’accesso ai concorsi pubblici. Nel 1958, appena laureata, ho presentato un ricorso in quanto esclusa da un concorso alla carriera prefettizia. Nei due anni successivi la Corte ha dovuto esaminare questo ricorso eliminando questa discriminazione. Abbiamo dovuto aspettare il 1999 perché le donne potessero accedere alle carriere militari. Ora sono impegnata per la riforma organica del cognome (l’aggiunta del cognome della madre a quello del padre, ndr). È il passaggio da una società patriarcale a una paritaria fra uomo e donna».

Nel lavoro compiuto dall’Istituto Treccani c’è la capacità di distacco dell’osservatore scientifico e la perizia di chi ha vissuto e vive dall’interno la realtà di cui parla. È un nuovo debito che contraiamo verso esso in molti, giornalisti, studiosi, studenti e quanti si rendono conto che questo strumento di lavoro, la sua elaborazione e messa in circolo è ormai una vera materia prima nel mondo d’oggi.

GIANCARLO SCARAMUZZO