Il PC compie quarant'anni Società

Il personal computer ha appena compiuto 40 anni. Era infatti l’agosto del 1981 quando la IBM presentava il modello 5150, il primo computer per uso domestico. Una macchina che, vista oggi, farebbe tenerezza per la sua semplicità: un modello senza disco fisso, che per funzionare richiedeva l’inserimento di un floppy disk contenente il sistema operativo e che, all’atto pratico, svolgeva soltanto la funzione di una macchina da scrivere, ma con la comodità di poter correggere i testi per poi stamparli senza cancellature e addirittura di salvarli, ossia archiviarli nella memoria del sistema operativo.

Poco dopo la messa in commercio del pc, Bill Gates profetizzò che entro pochi anni ci sarebbe stato un computer in ogni casa d’America. Andando più avanti, fino al nostro presente, possiamo dire che la previsione è stata persino riduttiva: oggi infatti ogni individuo, e non solo in America, ha un personal computer nelle proprie mani.

Per la verità, il computer in sé non ha resistito poi così bene al trascorrere del tempo e oggi si presenta come un quarantenne in cattiva forma fisica, scalzato nelle sue funzioni dal fratello minore, il computer portatile, ma soprattutto dai più vispi cuginetti, i tablet e gli smartphone. Questi ultimi sì che sono presenti non solo in ogni casa, ma in ogni palmo di mano oramai. E sono in grado a questo punto di assolvere a quasi tutte le funzioni di un computer; addirittura ormai le software house sviluppano le app (nome con cui sono chiamati i vecchi programmi) direttamente per ambiente mobile. Molte app infatti non sono neanche compatibili con i pc o richiedono un software aggiuntivo, o che il pc simuli le funzioni dello smartphone. Eppure, fino a una decina d’anni fa o poco meno, un computer era il regalo perfetto per chiunque. Per i giovanissimi rappresentava la conquista dell’autonomia, al pari del motorino per i loro genitori: un computer personale in cui archiviare i propri file, come un diario segreto ed al contempo un’agenda e una finestra privata sul mondo, l’equivalente digitale del ricevere il proprio mazzo di chiavi di casa.

Per gli adulti, il computer significava evolversi, stare al passo coi tempi, aprirsi al futuro ed alle opportunità che questo presentava. Per gli anziani, o almeno per quei pochi che non mostravano scetticismo di fronte alle novità, saper usare un computer voleva dire essere moderni, non ancora sorpassati.

Ma se torniamo ancora più indietro, nei primi anni ’80, quel grosso e pesante aggeggio, che a onor del vero era capace di fare davvero poco rispetto ai suoi successori, fu senz’altro una rivoluzione. I pochi che se ne procurarono uno subito forse nemmeno intuivano di trovarsi di fronte un’innovazione, come non se ne vedevano dai tempi dell’introduzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg. E per quasi un decennio chi poteva vantarsi di possedere un computer era considerato al pari di chi aveva uno yacht o era capace di pilotare un aereo.

Alcuni chiamano questo fenomeno “accelerazione della storia”: mentre un tempo un’invenzione impiegava decenni, o addirittura secoli prima di essere rimpiazzata da un’altra, oggi il ricambio avviene entro il trascorrere di una generazione, talvolta anche meno. E se tanto mi dà tanto, potrei pensare che il personal computer, ben lungi dal raggiungere l’età pensionabile, corre seriamente il rischio di non arrivare in ottima salute nemmeno al traguardo del mezzo secolo.

CARLO DELASSO