Indignazione in un liceo di Roma per la lista di ragazze ''conquistate'' Società

Se volessimo redigere una storia della lotta al patriarcato in Italia, probabilmente gli ultimi 12 mesi rappresenterebbero un considerevole progresso: per la prima volta, i leader della coalizione di governo e dell’opposizione sono due donne. In testa agli incassi nei cinema di tutto il paese abbiamo poi avuto un film, diretto da una donna, che racconta della prima volta in cui in Italia le donne hanno avuto diritto al voto.

Purtroppo però a fronte di queste due memorabili conquiste, permangono tuttora numerosi fronti aperti nei quali la lotta è ancora nel vivo: il tasso di disoccupazione femminile che persiste, sempre più alto di quello maschile; il ridotto numero di donne in posizioni apicali più o meno in tutti i settori lavorativi, anche in quelli dove la presenza femminile supera il 50%, come nella magistratura; e poi il numero dei femminicidi, che di anno in anno non accenna a calare.

In questa cornice fatta di alti e bassi, come vogliamo quindi inquadrare l’episodio avvenuto in una scuola superiore della cosiddetta Roma bene, dove cinque studenti hanno avuto l’idea originale di stilare una lista delle loro conquiste femminili e di renderle pubbliche, facendo nomi e cognomi ed affiggendo tale lista sulla porta di una classe? Si tratta di una goliardata, di una violazione della privacy o dell’ennesimo caso di mercificazione della donna, da esibire alla stregua di un trofeo di caccia?

A sorprendere è innanzitutto il modus operandi scelto da questi ragazzi: anziché vantarsi in chat su whatsapp con i coetanei (o chissà, probabilmente hanno fatto anche questo), hanno preferito ricorrere ad un sistema oramai ritenuto arcaico: un semplice foglio di carta incollato con del nastro adesivo. Decisamente vecchia scuola.

Perché a scandalizzare probabilmente più che il gesto in sé è stata la forma: sui social esistono innumerevoli gruppi dove uomini, ma anche donne, di tutte le età e quindi anche giovanissimi, possono vantarsi del loro ricco carnet di caccia. Chat e gruppi dai nomi inequivocabili, come “sexbook” o “canile”, nei quali enumerare le proprie conquiste, magari dando loro anche un voto in pagella da 0 a 10.

Ma farlo a scuola, mostrando in pubblico la propria sexlist in modo che sia visibile anche agli insegnanti o ad estranei di passaggio, ha più l’aria di una pubblica gogna, come se oltre a volersi vantare delle proprie capacità di conquista si voglia anche umiliare le esponenti dell’altro sesso.

Tutto questo, ribadisco, non in una zona disagiata, bensì in un liceo classico del centro di Roma, frequentato da figli di membri della buona borghesia cittadina. Che adesso, come da copione, si divide tra chi cerca di minimizzare la gravità del gesto e chi al contrario pretende severe punizioni per i suoi autori, dalla sospensione al 6 in condotta. Ma ammesso che tali punizioni vengano impartite, saranno sufficienti a far comprendere ai responsabili la gravità del loro gesto? E soprattutto, a renderli consapevoli del fatto che il loro comportamento è stato lesivo dell’altrui dignità? Insomma, la pena per i rei sarà puramente afflittiva o è possibile che svolga anche quello che dovrebbe essere il compito principale di una sanzione, ossia la funzione rieducativa?

Personalmente, se potessi scegliere una punizione per i ragazzi che si sono macchiati di questo comportamento, darei loro da redigere nel corso dell’estate un’elaborata tesina sull’argomento del patriarcato nella storia e nella cultura occidentale, per indurli a riflettere seriamente su ciò che hanno fatto. Ma temo che, con ogni probabilità, i cinque reprobi affiderebbero la stesura della tesina a ChatGPT.

CARLO DELASSO