Internet e new media: la nostra privacy non è a rischio Società
Ultimamente si sta diffondendo una forma di paranoia relativa alla sicurezza dei mezzi di comunicazione, in particolare internet ed i telefoni cellulari (il confine tra i due è labile, data la diffusione dei moderni smartphone). Paura delle intercettazioni, paura degli hacker, paura che un enigmatico Grande Fratello (e non quello di Canale 5) possa sapere tutto di noi ed intrufolarsi nelle nostre vite senza che possiamo accorgercene. Questa paranoia viene periodicamente alimentata non solo dalle voci più disparate che circolano in rete, ma a volte anche da notizie la cui affidabilità non può essere messa in discussione, come la recente dichiarazione da parte di Vodafone che l’Italia è il paese europeo nel quale maggiormente si fa uso delle intercettazioni telefoniche.
Come capire allora quando le nostre paure sono giustificate e quando invece si tratta di timori infondati? Non è facile rispondere a questa domanda. La cosa più scontata da dire è che chi ha la coscienza pulita ha ben poco da temere: per quello che riguarda le intercettazioni telefoniche, queste possono essere effettuate soltanto su autorizzazione da parte della magistratura. E le forze dell’ordine possono conservare solo quelle rilevanti ai fini di un’indagine; ciò vuol dire che, nel malaugurato caso in cui ci capiti di fare una telefonata d’auguri di buon compleanno ad un politico indagato per corruzione, la nostra chiamata potrà essere ascoltata da un agente di turno ma non finirà agli atti di alcun processo.
Quanto al fantomatico Grande Fratello, alla leggenda urbana secondo cui in realtà tutte le telefonate sono sotto controllo, è una bufala di proporzioni colossali ed è assai facile da smentire: se davvero tutte le chiamate che vengono effettuate in Italia fossero intercettate, non solo non basterebbero tutti i poliziotti, carabinieri e finanzieri del paese, ma sarebbe necessario un tale spiegamento di forze da ridurre a zero il tasso di disoccupazione nazionale. Viene quasi da pensare che non sarebbe una cattiva idea: perderemmo tutti un po’ di privacy, ma non avremmo più disoccupati.
Altro mito diffuso in rete è quello di un software che è in grado di ascoltare tutte le telefonate e registrare solo quelle potenzialmente a rischio, in cui vengono pronunciate determinate parole chiave. Si tratta di un’altra grossa sciocchezza: ammesso che un programma simile venga messo in uso, credo che registrerebbe principalmente conversazioni innocenti; un vero terrorista non userebbe la parola “bomba” durante una telefonata, così come un politico non parlerebbe apertamente di tangenti. Con molta probabilità, un sistema del genere finirebbe per segnalare le ordinazioni di bombe alla crema nei bar o le telefonate in cui gli studenti discutono dei compiti di trigonometria (anch’essi pieni di tangenti).
Un discorso diverso vale per gli hacker: svincolati dalle leggi, che violano allegramente, i pirati informatici sono soliti sparare nel mucchio, sperando di pescare quante più prede possibile in un colpo solo. Ma, a meno di non essere un colosso dell’economia o una celebrità pubblica, nessuno rischia un attacco personale da parte di un hacker. Una dose media di prudenza è sufficiente per evitare il phishing, il furto di dati e la maggior parte delle minacce reali più comuni.
In breve, di
questi tempi, internet è meno a rischio di quanto si possa temere.
Certo, è più probabile avere a che fare con un hacker in rete che
non con uno squalo in mare, ma l’hacker è meno letale e senza
dubbio più semplice da sgominare.
Saluti dalla plancia,
CARLO
DELASSO