La Asl di Benevento si dota di tre nuovi mammografi Società

Il nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn) non gode di buona salute. Siamo passati dall’essere primi in Europa e secondi al mondo a non si sa più che cosa. Istituito nel 1978 su proposta dell’allora ministra della sanità Tina Anselmi, il Ssn andando ad abolire il sistema mutualistico si riprometteva come principio basilare quello di avere una sanità quale bene universalmente fruibile. «Il sistema così com’è non regge più. Non si può continuare a garantire tutto a tutti», questo è quanto oggi si continua ad ascoltare a più riprese da esponenti della maggioranza governativa. Certo che dall’urlare «prima gli italiani» al sussurrare «prima i ricchi» il passo è stato breve. Altro che ergersi a difesa delle famiglie impoverite, se si portasse a compimento il progetto dell’autonomia differenziata sarebbe una catastrofe che segnerebbe la fine dell’unità della Repubblica. Si provi a immaginare, dopo quanto visto durante la pandemia, il continuare a insistere sulla privatizzazione della sanità invece che sul Ssn pubblico.

Il “turismo sanitario” alimentato dalle regioni meridionali verso le cliniche private della Lombardia a causa di livelli uniformi di prestazioni diverrebbe la normalità. Il Sud, penalizzato a causa della spesa storica, vedrebbe istituzionalizzati i livelli illegali di povertà e disuguaglianze.

In Spagna a febbraio al grido di «la sanidad pública no se vende, se defiende» centinaia di migliaia di persone hanno protestato contro lo smantellamento della sanità pubblica da parte del governo conservatore madrileno, reo di aver destinato metà dei fondi pubblici al settore privato e di privare gli ospedali statali delle risorse per ridurre le liste d’attesa e assumere nuovo personale.

Pure in Italia il Ssn è in crisi, ma da noi nessuno protesta. Lo Stato italiano spende in sanità 1.947 euro a persona. Il 6,4 per cento del prodotto interno lordo (pil), proprio come in Spagna. Siamo molto lontani dai modelli con i quali abbiamo la sfrontatezza di paragonarci, Francia o Germania, dove s’investe tra i tre e i quattromila euro a cittadino, giungendo a puntare il dieci per cento del prodotto interno lordo sulla sanità. Sommando i denari sborsati direttamente dai cittadini per curarsi, Spagna e Portogallo spendono più di noi, mentre l’Italia si accosta sempre più pericolosamente alla Grecia.

Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio sui consumi privati in sanità dell’Università Bocconi, per colmare questa differenza avremmo dovuto mettere in finanziaria 20 miliardi in più per eguagliare Portogallo e Regno Unito, 40 miliardi per essere come Germania e Francia. Il governo italiano rivendica di aver aumentato le spese sanitarie di ben due miliardi, ma come visto, sono poca cosa di fronte a quello che sarebbe stato necessario (almeno 15-16 miliardi) solo per mantenerne invariato il potere d’acquisto. E anche qui ci si lamenta meno del dovuto.

Intanto si moltiplicano i titoli dei giornali per una situazione di disagio cronica nelle nostre strutture ospedaliere: si va dal coprire i turni ricorrendo in misura sempre maggiore ai medici esterni, affidando l’emergenza a pensionati e neolaureati, con costi fuori controllo per gli ospedali, alle strumentazioni ormai obsolete (mammografi, tac, angiografi), sia negli ospedali sia nei centri privati, alle liste d’attesa dai tempi biblici.

Ben venga quindi la notizia della dotazione dell’Asl Benevento di tre nuovi mammografi, anche se è una goccia nel mare. Il 71 per cento dei mammografi convenzionali in Italia ha oltre 10 anni, e l’84 per cento supera i 6 anni, l’età massima consigliata, mentre il 54 per cento delle risonanze magnetiche chiuse ha oltre una decina d’anni (dovrebbe essere rinnovato ogni cinque) e il 48 per cento delle tomografie assiali computerizzate ha oltrepassato il limite massimo di sette anni. Secondo gli esperti, oggi si vedono tumori della mammella di dimensioni minime che con i vecchi mammografi non emergevano: la tecnologia è essenziale ma corre veloce e bisogna stare al passo.

Intanto gli accessi alle prestazioni, per chi può permetterselo, e per evitare le liste d’attesa infinite, sono aumentati esponenzialmente: nei principali ospedali di Benevento (Fatebenefratelli, Clinica Santa Rita, Rummo-San Pio) il costo per una gastroscopia in regime di intra moenia va dai 180 ai 250 euro. Occorre subito investire per aumentare il personale medico e infermieristico, rafforzare la sanità territoriale e altri interventi necessari a evitare che il Sistema sanitario nazionale si sfasci inesorabilmente.

È da tutti riconosciuto che già oggi le differenze inaccettabili nella società, in rapporto a istruzione, condizioni di vita e di lavoro, età e genere portano anche a diseguaglianze di salute. Le persone socialmente più disagiate si ammalano di più ed hanno maggiori difficoltà di accesso tempestivo a servizi di buona qualità. La salute è un diritto fondamentale per tutte le persone, che la nostra Costituzione tutela e che lo Stato deve garantire.

GIANCARLO SCARAMUZZO

giancarloscaramuzzo@libero.it