La dad aumenta le disparità sociali Società

Ogni qualvolta la curva dei contagi aumenta, la prima cosa che si pensa di fare è quella di chiudere le scuole. Dall’inizio della pandemia c’è stato un continuo apri e chiudi degli istituti scolastici tale da causare una incresciosa frammentazione dell’apprendimento e dell’istruzione di una intera generazione che, ancora oggi, risulta difficile calcolarne l’impatto e gli effetti a breve e lungo termine.

Nella impreparazione più totale ad un evento che ha sconvolto le vite di un intero pianeta, in Italia si è preferito disquisire su banchi a rotelle e su strane combinazioni di lezioni in presenza e a distanza, piuttosto che ragionare su una soluzione efficace utile a garantire un servizio così essenziale.

In oltre due anni di emergenza, poco o nulla è stato fatto affinché si neutralizzassero gli effetti della pandemia sulla scuola; la stessa scuola che da decenni soffre la mancanza di fondi adeguati e di infrastrutture moderne e decenti.

Se quindi è vero che i problemi dell’istruzione nel nostro Paese affondano le radici nel passato, è altrettanto vero che si è persa, ancora una volta, l’occasione per un miglioramento sostanziale di edifici e strutture scolastiche.

Nonostante siano stati spesi milioni e milioni di euro per inutili arredi “anti-covid”, nessun fondo adeguato è stato destinato al risanamento degli edifici esistenti o, ancora meglio, alla costruzione di nuovi plessi che sicuramente avrebbero alleggerito l’annosa questione delle classi pollaio: deleterie sia per la salute dei ragazzi, sia per un efficace metodo di insegnamento.

In un trend nazionale poco onorevole, neanche la nostra città riesce a distinguersi positivamente dalla massa; Benevento risulta essere una delle città col minor numero di lezioni in presenza e se oggi è il virus a bloccare le porte, fino a ieri sono stati dei naturali fenomeni meteorologici diventati, chissà perché, subito emergenze insormontabili.

Una scuola fragile, quella sannita, da risentire di ogni spiffero di vento, da temere anche la più fina pioggerellina o una semplice spruzzata di neve, con un sindaco sempre pronto a firmare ordinanze su ordinanze e che ridotto drasticamente le ore di lezione, propriamente dette, degli scolari beneventani nell’ultimo lustro.

Nonostante proclami su proclami, in una eterna e infinita campagna elettorale, invece di risanare gli edifici e mettere seriamente mano al patrimonio scolastico, chi amministra preferisce chiusure draconiane utili più alla propria tutela giudiziaria che a quella dei ragazzi, ben lieti di marinare un giorno si e l’altro pure.

A dare manforte al nostro sindaco, come se non bastasse, c’è il presidente della Regione De Luca, reduce in queste ore da una sonora sconfitta a suon di ricorsi e appelli giudiziari.

Come è noto il Governo ha prontamente impugnato l’ultima ordinanza deluchiana che prevedeva esclusivamente la didattica a distanza, contro le chiare indicazioni del Ministero, ed è proprio la sentenza del Tar a tracciare un impietoso quadro della situazione in Campania.

In un sistema decentralizzato quale è il nostro dove scuola, trasporto pubblico e sanità sono di competenza regionale, i giudici, scrivendolo nero su bianco, demoliscono l’operato fin qui svolto evidenziando la colpevole inadeguatezza in settori così importanti per la società e soprattutto strategici per cercare di mitigare gli effetti del covid sulla quotidianità: In modo inescusabile non si sono attuate le misure necessarie affinché i servizi primari fossero ad ogni costo garantiti e salvaguardati.

Accarezzando i sogni mal celati “dell’uomo forte al comando” che tutto decide e tutto delibera, si è preferito rincorrere la pandemia piuttosto che affrontarla seriamente con iniziative incisive e veramente efficaci.

Discepoli di uno stesso credo, la maggior parte degli amministratori sanniti, altro non hanno fatto che interventi a “costo zero” come è appunto, sbarrare ripetutamente i cancelli a studenti e studentesse di ogni ordine e grado, segnale di una scarsa lungimiranza e della totale assenza di capacità organizzativa; sempre pronti a sacrificare gli anelli più deboli della società.

Scarsi sono stati i fondi e le risorse impiegate per interventi duraturi e non semplici palliativi momentanei utili più al consenso mediatico che ad un reale miglioramento della qualità dei servizi: più posti letto in ospedale, ma che non siano temporanei e passeggeri, potenziamento dei trasporti pubblici, maggior controllo del rispetto delle misure anti contagio e non ultimo maggiori spazi scolastici.

Anni ti tagli hanno portato ad un peggioramento sostanziale della qualità dell’insegnamento aumentando disagi e disparità sociali tra coloro che possono e hanno i mezzi per integrare l’istruzione dei propri figli e chi invece ne è privo.

Un uso continuo della didattica a distanza, come ribadito dal presidente Draghi, non può che accrescere le disuguaglianze con effetti destinati a durare nel tempo, fino a concretizzarsi in una disparità salariale futura con le immaginabili conseguenze in un domani prossimo.

Con un abbandono scolastico tra i più alti d’Europa, invece di pensare un modello educativo più inclusivo e paritario, in Italia e specialmente nella nostra città, si sono acuite le differenze sociali e culturali creando uno spaccato ancora più evidente in una società già sfilacciata nel suo tessuto più profondo.

Invece di cancelli chiusi e lezioni telematiche, sarebbe ora che sindaci e amministratori tutti ragionassero sull’ammodernamento del sistema scuola, ormai basato su canoni anacronistici e non in linea con il resto del mondo: intercettare fondi nazionali e comunitari per investire, questa volta per davvero, nel futuro di intere generazioni di adolescenti e ragazzi che non possono più essere lasciati indietro.

ANTONINO IORIO