La fantascienza... questa sconosciuta Società

I cultori della fantascienza sanno bene che questo genere letterario (e cinematografico) si può suddividere, a grandi linee, in due categorie: la fantascienza ottimista e la fantascienza pessimista. Il futuro, in poche parole, può essere immaginato come un luogo migliore o peggiore del presente, a seconda del pensiero del suo autore riguardo il modo in cui può essere utilizzata la tecnologia, che di per sé non è buona o malvagia.

Un esempio di fantascienza ottimista è la saga di Star Trek, che dal 1966 ad oggi ha generato ben 13 film e sei serie di telefilm (per un totale di 30 stagioni): tra tre secoli, la Terra e centinaia di altri pianeti saranno riuniti in una federazione, come un’ONU interplanetaria, all’insegna della pace e della fratellanza tra i popoli di innumerevoli mondi.

Molto più numerosi invece sono i casi di fantascienza pessimista, dal capolavoro di Orwell 1984 fino a serie di film quali Il pianeta delle scimmie o Terminator. Ciò è dovuto forse ad un senso generale di paura dell’uomo verso il futuro che ci aspetta.

A seconda del periodo storico o dell’autore, la minaccia in grado di rendere il futuro un incubo può essere un conflitto atomico, un’invasione aliena, una pandemia, la ribellione delle macchine nei confronti dei loro creatori o, in tempi più recenti, una serie di eventi climatici catastrofici in grado di rendere il pianeta in cui viviamo una landa inabitabile per l’uomo.

Forse non ce ne rendiamo conto, ma in questo momento stiamo forse vivendo uno di quei punti di svolta nella storia che renderanno il domani, a seconda di come agiremo, un futuro da fantascienza ottimista o da fantascienza pessimista. I cambiamenti climatici, sebbene in molti lo neghino, sono una realtà in atto già da tempo e la generazione che detiene il potere oggi potrebbe essere l’ultima in grado di fare qualcosa prima che sia troppo tardi.

Allo stesso tempo, la tecnologia che abbiamo tra le mani ogni giorno è ad un passo dal rendere la nostra vita migliore o peggiore, a seconda di come sarà gestita nei prossimi anni. Sto pensando agli smartphone, ai quali ormai deleghiamo un numero sempre maggiore di attività quotidiane e che contengono una quantità di dati su ciascuno di noi che forse nemmeno riusciamo a valutare.

La rete, che da tempo è entrata nelle nostre tasche, può rivelarsi un’arma a doppio taglio sotto molti aspetti. Ovunque ci troviamo siamo in grado di accedere a una mole illimitata di informazioni e notizie, ma nello stesso momento le grandi aziende vendono i nostri dati personali, le nostre preferenze e il nostro privato a terzi con il nostro tacito assenso.

Grazie all’informatizzazione della pubblica amministrazione, possiamo comunicare in tempo reale con gli enti pubblici e sapere cosa sanno di noi. Ma non possiamo essere certi che i dati che la pubblica autorità raccoglie su di noi un domani non vengano messi a disposizione di un regime autoritario (non necessariamente italiano: un giorno potremmo vederci negare il visto d’ingresso in un paese estero per aver espresso in precedenza opinioni sfavorevoli riguardo il suo governo su un social network).

Internet annulla le distanze, consentendoci di mantenere i contatti con familiari ed amici sparsi in tutto il mondo. Ma contemporaneamente diffonde odio e favorisce realtà spregevoli quali il razzismo, i video porno come forma di vendetta o il cyberbullismo. Tutto ciò è già nelle nostre mani.

Il futuro del mondo e delle persone che lo abitano è perciò costantemente in bilico e ogni volta che scarichiamo un’app o che pubblichiamo un commento, senza rendercene conto stiamo spostando, sia pure in maniera impercettibile, l’ago della bilancia in direzione di un futuro oppure di un altro.

CARLO DELASSO