LA VERA EMERGENZA Società

Mercoledì 1° marzo è stata smontata la montagna di rifiuti accumulatasi nei pressi del mio ufficio sul lato di via Pasquale Columbro. E’ arrivato un grande camion di una impresa privata, all’opera quattro giovani senza nessuna protezione, senza una divisa, senza macchinari, ma con le sole mani hanno cominciato a raccogliere da terra i sacchetti dell’immondizia. Al termine dei lavori è rimasta sull’asfalto una larga chiazza di umidità. Certamente non era coca cola. In altre parti della città, le montagne di rifiuti sono state date alle fiamme, con tutti i cassonetti. Insieme ad una strana puzza, a terra residui di plastica bruciata e lo sfarfallio del materiale di cui sono fatti i cassonetti. Si discute sempre sul problema dei rifiuti urbani in Campania. Mentre, tuttavia, si fanno acrobatiche comparazioni tra le colpe di Rastrelli e quelle di Bassolino, si tiene lontano l’argomento che più dovrebbe stare a cuore. Come risolvere il problema. Il problema, infatti, non è il piano generale, per cui da anni hanno lavorato (lavorato?) le più alte cariche istituzionali e i più decisionisti (decisionisti?) “commissari”, con puntate addirittura del capo della protezione civile, il noto Bertolaso. Questi discutono, partecipano a mille tavoli (ivi compresi quelli allestiti dai prefetti), annunciano decisioni drastiche, minacciano interventi delle forze dell’ordine, ma immancabilmente finiscono per fare come le “deboli” autorità di derivazione elettorale: di fronte alle proteste delle popolazioni prendono atto e prendono tempo. Sappiamo, quindi, che in Campania ci vuole ancora tempo perché entrino in funzione gli inceneritori (o termovalorizzatori), quei cosi, insomma, che trasformano i rifiuti in qualcosa di utile (calore, energia) e riducono la quantità dei materiali che deve essere smaltita (i rifiuti finali veri e propri). Se non partono i “bruciatori” a nulla servono i cdr (come quello di Casalduni, che dovrebbe appunto confezionare le balle che andrebbero poi bruciate). A nulla serve, poi, la raccolta differenziata che qualche amministrazione comunale meritoriamente ha cominciato a fare, ma che rischia di diseducare la gente. Se pure si raccoglie a livello di comune l’immondizia in separati recipienti, e poi il camion rimette tutto insieme, l’impresa è puramente virtuale. Il problema da affrontare non è dunque il grande piano regionale che verrà quando verrà e funzionerà quando Dio vorrà. Il problema – attuale e drammatico – è come procedere a togliere l’immondizia dalle strade senza poterla trasferire ai cdr, quando questi sono chiusi o sono al completo. Il problema consiste nel prendere atto della emergenza e nel decidere di conseguenza. Che ci sia una emergenza è sotto gli occhi di tutti da anni. Non è emergenza soltanto quando per una settimana non si provvede allo svuotamento dei contenitori posti lungo le vie cittadine. E’ emergenza tutti i giorni fino a che non vanno in funzione tutti gli elementi della catena di smaltimento finale dei rifiuti. Bisogna, pertanto, costruire un piano alternativo per l’emergenza. Bisogna che qualcuno individui un luogo nel quale, tutti i santi giorni, debba essere accantonata, provvisoriamente, la quantità di rifiui prodotta dai cittadini. Non è possibile, infatti, per motivi igienici e tecnici, non apprestare una discarica provvisoria e consentire che in città prosperino, invece, cento discariche di cui nessuno sia, poi, in qualche modo responsabile. Di fronte ad un incombente pericolo grave che possa riguardare cinquantamila persone, si può legittimamente andare incontro ad un pericolo certo di inquinamento di una zona agricola che non attacchi direttamente (o, almeno, immediatamente) le persone. I cumuli di immondizia che ricorrentemente siamo ormai abituati a tenere vicino casa (e vicino alle scuole e vicino agli ospedali) sono focolai attivi a cui possono attingere tutti gli animali liberi per portare in giro germi e virus. Chi ha mai controllato che cosa può esserci in un cumulo di immondizia? Se, come riferisce la stampa, un gatto è morto di infezione aviaria e gatti e cani sono stati trovati con l’anticorpo (il che significa che hanno preso il virus ma non sono morti), possiamo noi esser certi che i nostri gatti e i nostri cani liberi passeggiatori non debbano trovare nella nostra domestica immondizia lasciata a fermentare qualcosa che possa essere portata in giro fino a contagiare l’uomo? Nessuna intenzione di fare allarmismo. Chiamando le cose col loro nome, la tanto temuta influenza aviaria non viene certo tenuta lontana se continuiamo ad alimentare discariche sotto ogni palazzo. E’ il caso di precisare, peraltro, che non c’è solo l’aviaria, da cui tutti dicono che (per ora) siamo protetti. Benevento ha conosciuto altri momenti tristi per la mancanza di igiene. Ci sono mille motivi per dover provvedere. Non vorremmo attendere ancora.
MARIO PEDICINI