L'incredibile linguaggio degli internauti. Ecco alcuni esempi Società

“Ti ho linkato il contest di fanfic, ma se vuoi partecipare con una ship, ricorda che valgono solo le straight, non le slash”. “È da mezzora che lagga, ho sloggato e riloggato più volte, sennò finivo killato”.

Se non avete capito un’acca delle due frasi che ho appena citato, non preoccupatevi: non è il primo segno di un decadimento delle vostre facoltà intellettive, è solo che non siete avvezzi al linguaggio di internet. Nel nostro paese, dove la lingua inglese è molto meno diffusa che all’estero, si sta sviluppando una forma di idioma che fonde ed amalgama termini stranieri, nati a loro volta in ambito informatico, lemmi nostrani e curiosi ibridi tra la lingua di Dante e quella di Shakespeare.

Analizziamo quindi le frasi che ho preso da due differenti contesti: la prima proviene da Facebook, la seconda dalla chat di un videogioco online (nel quale cioè i partecipanti giocano non contro il computer ma contro altri giocatori sparsi per il mondo). Nel primo caso, ci troviamo di fronte soprattutto ad un’overdose di termini inglesi, quindi in apparenza basterebbe consultare un buon dizionario per decifrarla. Purtroppo però dubito che un dizionario, anche molto recente, rechi la definizione di fanfic (che è la forma abbreviata di fan fiction, ossia una storia, scritta da un fan, che ha per protagonisti personaggi di saghe letterarie, fumettistiche, cinematografiche o televisive create da altri) o informi che ship, in questo caso, non è una nave, ma l’abbreviazione di relationship (relazione, amorosa in questo senso). Meno che mai potrà illuminarvi sul fatto che, tra gli autori dilettanti di questo genere letterario, straight e slash indichino rispettivamente le storie d’amore eterosessuali ed omosessuali. Se aggiungiamo a ciò il significato dei termini link e contest, scopriamo così che l’autrice del messaggio in questione vuole informare una sua amica di un sito sul quale è aperta una competizione di storie con personaggi di finzione non originali, dove però sono ammesse solo storie d’amore etero e non omosessuali.

La seconda frase è invece un capolavoro d’italianizzazione di verbi inglesi: così come il “linkato” della prima, nella nostra lingua non esistono i verbi laggare, sloggare o killare, sono versioni che un tempo di sarebbero definite “maccheroniche” dei verbi inglesi link, lag, log (qui addirittura coniugato con tanto di prefissi) e kill. L’autore vuol semplicemente far sapere che siccome da un’ora ha problemi con il funzionamento del gioco (un lag è un disturbo, sia nel senso di malore che di malfunzionamento), ha dovuto più volte disconnettersi e poi rientrare (utilizzando quindi i comandi di log out e log in) per evitare di essere ucciso (nel videogioco naturalmente).

Che una lingua si evolva con il tempo è un fatto naturale, inevitabile: l’italiano di Manzoni non era lo stesso di Dante e non è nemmeno quello di oggi. Che poi termini stranieri diventino d’uso comune al punto da non richiedere più una traduzione è altrettanto consueto; in fondo, numerose parole italiane hanno subito lo stesso destino all’estero. Quello che lascia di stucco, dopo l’era delle obbrobriose abbreviazioni nate con gli sms, è quest’ibridazione tra italiano ed inglese in una forma di linguaggio che, a ben guardare, non appartiene realmente a nessuna delle due lingue, quasi fosse un Esperanto autogestito. Mi domando se questo modo di esprimersi rimarrà confinato al web, dov’è nato, o se dovremo aspettarci una diffusione di espressioni quali quelle da me sopra citate anche nella lingua colloquiale. Se così fosse, ci dobbiamo augurare che qualcuno prima o poi scriva un dizionario internettese-italiano e viceversa.

Saluti dalla plancia,

CARLO DELASSO 

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