Ritorno al passato Società

Ci sono notizie che mi fanno sentire vecchio. Diciamo la verità: non sono più un ragazzo, ma mi sento ancora troppo giovane per essere definito vecchio. Eppure ho memoria di tempi andati e di cose che oggi non esistono più, che i ragazzi nati in questo secolo non hanno neanche mai visto. I gettoni telefonici, le audiocassette, i telefoni a disco, i floppy disk.

Così non ho potuto fare a meno di sentirmi sorpreso positivamente, quando mi sono trovato a leggere che a Firenze il preside di una scuola media ha deciso di sperimentare, per il secondo quadrimestre dell’anno scolastico in corso (quindi dallo scorso febbraio fino a giugno), l’abolizione del registro elettronico in favore del vecchio registro cartaceo. Certo, so bene che i tempi sono cambiati e che oggi a scuola certi strumenti informatici sono fondamentali. Non mi aspetto che gli studenti usino ancora la lavagna nera con i gessetti e sono al corrente dell’utilità del registro elettronico come ausilio nella comunicazione tra docenti, alunni e genitori di questi ultimi.

La mia sorpresa si è però mutata in sconforto quando ho letto delle reazioni che hanno seguito la decisione di questo preside. Il quale, lungi dall’essere un misoneista, avrà voluto semplicemente provare ad allontanare per un po’ di tempo i suoi studenti dagli strumenti digitali spingendoli a favorire invece l’utilizzo di un diario cartaceo, come si faceva una volta. Sul suo capo sono però piovuti insulti e maledizioni da parte dei genitori (sicuramente anche degli studenti, ma i genitori non si sono fatti scrupolo a recapitare gli improperi al diretto interessato sia sulla chat dell’istituto che di persona).

Il registro elettronico è infatti uno strumento informatico consultabile tramite app dagli studenti ma anche dai loro genitori. In questo modo, gli studenti sanno sempre quali sono i compiti da fare a casa, anche quando si assentano da scuola. Ed i loro genitori possono controllare se i figli hanno compiti per il giorno successivo. In assenza di questo registro, agli studenti della scuola media fiorentina è toccato il fardello di dover annotare giorno per giorno sui propri diari, come facevano i loro genitori, i compiti per le lezioni successive.

E qui, se come me siete nati nel XX secolo, starete di certo pensando che non si tratta, tutto sommato, di una fatica improba. Ai giovanissimi alunni non è stato certo imposto l’obbligo di scalpellare su pesanti lastre di pietra i compiti per il giorno seguente. E nemmeno di trascriverli usando la piuma d’oca ed il calamaio. Annotare i compiti su un diario sembra cosa da poco, ma i nativi digitali non sarebbero affatto d’accordo con quest’affermazione.

Innanzitutto, scrivere sul diario i compiti assegnati dal docente comporta l’obbligo di prestare attenzione alla lezione. E ciò impone un aggravio di fatica rispetto al quotidiano per uno studente odierno. In secondo luogo, laddove lo studente manchi di riportare sul diario i compiti per la lezione successiva, si trova costretto a procurarseli in un altro modo. Un modo che non include l’uso dello smartphone. Telefonare ai propri compagni di classe? Giammai! Come riportato da uno studio recente, i più giovani non usano il telefono per chiamare. E poi, contattare un preadolescente oggidì non è cosa facile: fuori dall’orario scolastico i ragazzi svolgono tutta una serie d’attività, sportive, musicali o sociali. Non hanno il tempo per comunicare tra loro a proposito di qualcosa di futile come i compiti a casa.

La soluzione probabilmente non è che una sola: che siano i genitori a telefonare ai loro “colleghi” per informarsi sui compiti a casa dei figli. Non solo in questo modo potranno sentirsi parte attiva della vita scolastica della loro progenie, ma telefonare ad un coetaneo per chiedergli quali sono i compiti da fare per l’indomani ravviverà sicuramente in loro tanti lieti ricordi di gioventù.

CARLO DELASSO