Teresa e la mimosa, l'8 marzo è molto più di un fiore Società
L’8 marzo è alle porte, le mimose fioriscono e il loro giallo intenso si appresta a colorare le città. Vetrine dei negozi, fiorai, venditori ambulanti lungo le strade o appostati ai semafori, ci ricordano che l’8 marzo è la Giornata internazionale della donna.
Sono molte, tuttavia, le donne che non amano ricevere questo omaggio floreale ritenendo, a mio avviso giustamente, che la festa abbia ormai perso il senso originario, riducendosi ad una festa di carattere commerciale, una giornata di auguri sterili invece che di riflessione profonda sui risultati ottenuti e su quanto lavoro ci sia ancora da fare per una concreta parità. Tante sono le donne a cui dovremmo rendere omaggio in questo giorno, donne che hanno sfidato le convenzioni sociali in nome della loro e della nostra libertà.
Nilde Iotti, Maria Montessori, Rita Levi Montalcini, solo per citarne alcune, e a queste aggiungo Teresa Mattei, meno nota forse, ma non da meno in quanto a carattere e determinazione.
Teresa nata a Genova nel 1921, antifascista fin da giovanissima, al liceo venne espulsa per aver protestato contro un insegnante che aveva elogiato le leggi razziali. Nel 1943 aderì al PCI e col nome di battaglia “Chicchi” fu staffetta partigiana.
Fu tra le fondatrici dei Gruppi di difesa delle donne (GDD), nati con lo scopo di promuovere la Resistenza, combattere per le donne contro ogni forma di sfruttamento, per l’uguaglianza di retribuzione e per il loro libero accesso a qualsiasi impiego e a qualsiasi organizzazione politica o sindacale in condizioni di parità.
Era il novembre del ‘43 e, senza polemizzare, mi preme sottolineare che molti di questi temi sono ancora oggi assai discussi.
I GDD nel 1945 convergono nell’UDI, Unione Donne Italiane, di cui la Mattei fu dirigente nazionale. A 80 anni dalla sua fondazione, restano immutati i principi fondanti di questa “alleanza femminile” impegnata, come cita il suo Statuto “… per l’affermazione dei diritti delle donne, quale fondamentale misura per l’affermazione dei diritti umani e a perseguire con determinazione la costruzione di una nuova civiltà nelle relazioni tra donne e uomini, sia sul piano interpersonale che pubblico…”.
Non era solo questione di emancipazione ma di parità. Una battaglia che Teresa continuò a combattere a Montecitorio, diventando una delle 21 donne membri della Costituente, la più giovane.
“La ragazzina di Montecitorio”, così la chiamavano (gli uomini), ma lei era una donna tenace, dal cuore ardente e dalla lingua ardita e non si lasciò intimidire. Era il 1947, qualche giorno dopo l’8 marzo, quando in Aula si alzò in piedi e pronunciò queste parole: “È purtroppo ancora radicata nella mentalità corrente una sottovalutazione della donna, fatta un po' di disprezzo e un po' di compatimento […]. Occorre che questo ostacolo sia superato. L'articolo 7 (oggi art.3) ci aiuta, ma esso deve essere accompagnato da una profonda modificazione della mentalità corrente, in ogni sfera, in ogni campo della vita italiana […]. Per questa ragione io torno a proporre che sia migliorata la forma del secondo comma nel seguente modo: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d'ordine economico e sociale che limitano «di fatto» — noi vogliamo che sia aggiunto — la libertà e l'eguaglianza degli individui e impediscono il completo sviluppo della persona umana.
L’approvazione delle modifiche proposte trasformò radicalmente uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione, che, da formale affermazione di uguaglianza, divenne programma concreto per il raggiungimento di una reale parità in ogni ambito della vita pubblica e privata.
Donna coraggiosa e combattiva, in conflitto spesso con le Istituzioni stesse e in frequente dissenso anche con Palmiro Togliatti, che la chiamava “maledetta anarchica”. Nel 1955 Teresa rifiuta la candidatura alle elezioni per la Camera dei Deputati, perché contraria allo stalinismo e alla linea togliattiana, e fu espulsa dal PCI. Proseguì l’impegno politico da “indipendente” prodigandosi con fervore non solo per i diritti delle donne ma anche per quelli dei bambini.
Laureata in filosofia e pedagogista, Teresa aveva a cuore il benessere dei bambini e dagli anni ’60 in poi realizzò numerosi progetti a sostegno dei bambini e dell’adolescenza.
Chiudiamo con una nota di “colore”, e precisamente il giallo delle profumate mimose che diventano simbolo di questa giornata nel marzo del 1946, su proposta proprio di Teresa, insieme a Rita Montagnana e Teresa Noce, anche loro membri della Costituente.
Una pianta resistente capace di crescere e fiorire anche in luoghi impervi e ostili, proprio come le donne, e poi, si pensò, l’Italia era appena uscita dalla guerra e questa pianta che fiorisce abbondante proprio nel mese di marzo rendeva il fiore alla portata di tutte le tasche.
Teresa e le donne che, come lei, hanno lottato per la parità sono state il trampolino…ora tocca a noi tuffarci! Le donne quanto gli uomini, perché, come lei stessa disse in Aula ben 58 anni fa, è la mentalità che deve cambiare.
Francesca Castaldo