La pandemia ci perseguita ancora... Stadi a capienza ridotta e campionato a rischio stop Sport
C’eravamo lasciati lo scorso mese di dicembre e prima delle festività natalizie, parlando di un Benevento in netta ripresa dopo un periodo di appannamento che ne stava condizionando umore e classifica. Un Benevento reduce, allora, da un filotto di ben quattro vittorie consecutive, concentrato su un finale di prima metà di stagione da concludere al meglio e su un mercato di gennaio in cui rinforzarsi in vista della lotta al vertice verso il sogno chiamato “ritorno in serie A”.
Il mercato c’è stato, con importanti, anzi importantissime rivoluzioni soprattutto nel reparto d’attacco della nostra compagine ed il calcio giocato è ripreso con nuovi ed emozionanti segnali a ridosso del giro di boa della stagione cadetta.
Tuttavia (ed ecco qui l’amarezza evidenziata sin dall’inizio), entrambi questi argomenti stentano a prendersi la scena rispetto ad un coronavirus che ancora la fa da padrone e che, dopo quattro mesi di sostanziale ritorno alla (quasi) normalità in campo e sugli spalti è tornato a condizionare il regolare andamento del campionato.
La pausa che ci sarebbe dovuta essere, difatti, in pieno stile british durante il mese di gennaio, dopo un Natale da vivere in campo, ha subito una radicale trasformazione dei calendari, con le festività condizionate dal contagio e con una ripresa non più a girone di ritorno avviato bensì dai turni slittati a causa della pandemia.
I “focolai”, difatti, hanno caratterizzato tantissime squadre fra serie A e serie B, portando le Leghe Calcio ad adottare provvedimenti d’urgenza per evitare quanto più possibile il verificarsi di impatti nefasti sulla conformità dei tornei.
Situazioni analoghe, ovviamente, si sono riscontrate anche nei campionati esteri, dove l’approccio e la risposta, tuttavia, è stato molto diverso e diversificato fra Stato e Stato: un approccio che, ad esempio, potremmo definire quasi antitetico tra l’Inghilterra, con la Premier a stadi pieni e con regole molto meno oppressive in caso di “positività” di un elemento in un gruppo, e la Germania, con la Bundesliga che ha deciso di richiudere gli stadi alla presenza dei tifosi, senza nemmeno prendere in considerazione l’eventualità, quantomeno più soft, di una capienza ridotta.
Proviamo ad essere quanto più equilibrati possibili sul tema: soprattutto queste ultime scelte ci sembrano drasticamente controproducenti. E gli effetti negativi valgono per tutti: giornalisti, tifosi, società ed addetti ai lavori.
Non si può in alcun modo pensare di affrontare questa situazione con gli stessi strumenti utilizzati negli ultimi due anni: ciò vorrebbe dire, difatti, che tutti gli sforzi compiuti, soprattutto in questi ultimi 12 mesi, sono stati vani e che una campagna di vaccinazione a tappeto che ha riguardato l’intero sistema-Paese non abbia prodotto effetti chiaramente migliorativi su una condizione generale che sia più tollerante verso una ritrovata socialità quotidiana.
Visto che noi tutti ci auguriamo che non sia così, perché farsi prendere dal panico? Perché condizionare la regolarità di un campionato fino ad ora assolutamente vero e competitivo, ben diverso da quanto accaduto lo scorso anno, con le arene chiuse per tutto il corso della stagione?
Non si vuole di certo affermare che non ci sia alcun problema, ma semplicemente dire di aver fatto dei passi in avanti decisivi verso il traguardo che si intravedeva all’orizzonte.
Il fatto di aver rivisto la regola delle disponibilità in rosa per la disputa di una partita, passando dai 13 elementi disponibili ad almeno il 65% degli uomini fra i convocati, potrebbe rischiare di far rinviare molte più gare di quante il nostro calendario permetta ed il fatto, inoltre, di ridurre la capienza degli impianti sportivi ad un massimo di 5.000 unità (senza, tra l’altro, tener conto della estrema disomogeneità che esiste fra stadi e stadi, fra città e città, fra tifoserie e tifoserie) fa perdere l’orientamento nei confronti dei risultati raggiunti grazie alla vaccinazione, considerando che, con le regole attuali, allo stadio già potevano accedere soltanto persone dotate di attestazione vaccinale o di guarigione dal virus. E senza dimenticare che, inoltre, quando parliamo di stadi parliamo pur sempre di luoghi estremamente vasti e all’aperto.
Quello che chiediamo, dunque, è di lasciarci respirare: noi cittadini-tifosi abbiamo fatto fin qui tutto il nostro dovere. Abbiamo seguito le indicazioni date verso l’uscita dalla pandemia. Adesso, dunque, non potete privarci della possibilità di seguire nuovamente, e finalmente, le nostre passioni.
ANDREA ORLANDO