Un calcio al Covid Sport

Tutto avremmo potuto immaginare tranne di dover seguire la partita che ci assicurava il ritorno sulla splendida vetta della serie A attraverso un freddo ed immobile schermo TV. Eppure, quel maledetto virus che ci ha condizionato la vita negli ultimi mesi e che ha tentato maldestramente di farci cambiare le abitudini ci ha costretti a farlo.

Sapevamo che il Vigorito era lì, a pochi Km da casa. Sapevamo che il nostro cuore era lì dentro, che le nostre ugole avrebbero potuto esprimere tutta la loro resistenza per 90 minuti ma...eravamo lì, costretti, di fronte a quello schermo, organizzati come ai mitici tempi della Nazionale.

Dopo il primo tempo, dopo l’enigmatica espulsione di Caldirola, dopo tante impressioni scambiate con quelli che come noi e con noi avevano gli occhi incollati sulle immagini che velocemente scorrevano, la tensione è cominciata a salire.

Nessuna preoccupazione (come in altre passate occasioni rimaste stampate per sempre dentro di noi) ma la consapevolezza di dover sudare “fino alla fine” un risultato che aleggiava sopra le nostre caldissime teste.

Tra il primo e secondo tempo uno strano silenzio ha avvolto la città. Il tempo di bere qualcosa di fresco con l’umana ansia di chi vuole conquistare ciò che gli spetta ed ecco che il fischio dell'arbitro dal rosso facile e dal portamento dinoccolato ci ha ributtati al centro della mischia. Un popolo intero stava facendo quadrato con Super Pippo e con i suoi ragazzi che volevano regalarci e regalarsi il sogno. Quando poi Marco Sau con un passo di danza da grande campione ha scagliato finalmente il pallone nella rete alle spalle del portiere inerme, un enorme urlo ha fatto tremare l'intera città.

I pochi non appassionati hanno gioito comunque a quell’esplosione vibrante di gioia che ha rappresentato anche una sorta di liberazione dall’incubo COVID!

Ho sentito, infatti, molti uscire all’aperto e strillare a squarciagola da finestre e balconi frasi rabbiose contro il virus miste ad inni e cori per i giallorossi.

La Strega metaforicamente ci ha aiutati a ritrovare quella normalità che qualcuno voleva trasformare in una “nuova normalità” fatta di privazioni e di libertà negate. In quel momento la città ha urlato al mondo quel “GOL” che l’ha riportata d’incanto, e con un vortice di luci mirabolanti, all’interno del nostro Vigorito. Quando poi il fischio finale ha reso omaggio agli undici gladiatori, al Mister, al Presidente e a tutti coloro che hanno partecipato a questa impresa che, visti i numeri ed i record, resterà nella storia...tutto è diventato magicamente più umano e vibrante.

Il calcio al tempo del virus era stato battuto! Inutile raccontare che abbiamo udito anche suonare ininterrottamente campane a festa…ma ci è rimasto il dubbio se fosse stato l’opera di un saggio prete tifoso o solo un effetto sonoro della nostra condizione di super-uomini che riuscivano ad essere nello stadio pur non potendoci essere.

Storia di angeli della notte…che abbandonando paure e perplessità volavano come droni impazziti su una città tremante che voleva scendere in strada per salutare i campioni ma anche per auto-tributarsi un interminabile e meritatissimo applauso.

Avevamo tutti insieme rispettato le regole. Avevamo superato momenti difficili mentre ascoltavamo le tristi notizie che quotidianamente arrivavano nelle nostre case sigillate e sanificate. Ora, tutti insieme, eravamo tornati all’attenzione dell'intero Paese per aver superato l’ennesima e straordinaria prova di un campionato condizionato dalla situazione e, troppo spesso, messo financo in discussione.

È giunto, finalmente, il momento di goderci questo scorcio finale. Possiamo programmare e pensare al futuro. Possiamo discutere “nel rispetto delle regole”, ma con una serenità sicuramente diversa. Il calcio senza tifo non ci piace. Si tratterà di pazientare, ma come spesso si è sentito dire, anche stavolta, ce la faremo!

Teniamo duro, dunque, e quando nei nostri settori, quando potremo nuovamente indossare le nostre storiche sciarpe, quando potremo insieme agli amici di sempre tifare ancora come solo chi ama il calcio sa fare...capiremo quanto sia stato importante vincere proprio in questa stagione.

La speranza finale è che, battendo la “vespe”, si sia battuto anche la malattia strisciante molto più pungente e, ahinoi, pericolosa. Continueremo, quindi, a seguire dagli schermi. Continueremo a soffrire e gioire sulle nostre poltrone...poi, però, torneremo definitivamente a cantare...e non dai balconi...ma dai vecchi ed amati gradoni.

NAZZARENO ORLANDO