Bartolomeo Intieri: un illuminista nel Sannio Enti

Trascorsi oltre tre secoli, nel Sannio si è ormai perso il ricordo di un grande ingegno del primo Illuminismo che fiorì tra San Marco dei Cavoti e Baselice, ovvero Bartolomeo Intieri, Abate ed esperto di matematica, agronomia ed economia nato nel 1677 a Montespertoli (Firenze) o forse a Lamporecchio presso Pistoia ma giunto poi verso il 1699 a Napoli ove entrò a far parte della cerchia di intellettuali partenopei pur tenendo stretti rapporti con due altrettanto illustri toscani, ovvero il letterato Antonio Magliabechi e il giovane Alessandro Rinuccini marchese di Baselice.

Fu proprio nell’entroterra fortorino che l’Intieri percorse le tappe iniziali della carriera poiché, vestito l’abito ecclesiastico prima del 1703, ottenne l’incarico di istitutore dei figli di Geronimo Onero Cavaniglia, marchese di San Marco dei Cavoti e proprio qui - aspirando intanto a ottenere la cattedra di Matematica nell'Università di Napoli - scrisse i suoi primi due trattati, uno relativo alle parabole descritte all'infinito nel piano (Ad nova arcana geometrica detegenda aditus, Benevento, Typografia Archiepiscopali 1703) e l’altro sulla misura di sezioni coniche ispirata all’opera di Apollonio di Perga, (Apollonius ac Serenus promotus, Napoli 1704). A proposito di tali opere, dedicate appunto al marchese Cavaniglia e poi diffuse con successo anche Oltralpe dall’amico Magliabechi, Giacomo Racioppi nel suo saggio del 1871 su Antonio Genovesi ricorda appunto che nella prima “precedono due epigrammi latini in lode dell’Intieri scritti da Michele Cavaniglìa figlio del duca di San Marco. Questi fece la spesa dell’operetta la quale fu scritta dall’Autore villeggiando con cotesti signori nel loro castello di San Marco”.

In questi stessi anni Intieri iniziò pure a dedicarsi anche all’amministrazione di beni agricoli sia dei principi Corsini, proprietari di terreni nell'agro campano, e sia dello stesso Marchese Rinuccini con il quale - pure in virtù delle comuni origini toscane e dei condivisi interessi per la matematica e la meccanica - stabilì un rapporto saldissimo definito dal comune amico Ferdinando Galiani “virtuoso spettacolo di una lunga e costante amicizia”.

Allorché Alessandro Rinuccini ultimò gli studi nel collegio Tolomei di Siena e si recò a Baselice presso il feudo di famiglia, Intieri ne divenne infatti amministratore succedendo a Giacinto Cocchi (padre del noto naturalista Antonio), e nel piccolo centro sannita, dopo gli studi condotti a San Marco, si dedicò soprattutto ad attività pratiche; si interessò infatti dei procedimenti per la macina del grano e delle tecniche di lavorazione del ferro, ideò macchine utili all'economia agricola e favorì lo sviluppo delle colture sia educando le popolazioni contadine e sia compiendo notevoli investimenti nel locale Monte frumentario. Sempre a Baselice, inoltre - scrive Lorenzo Giustiniani nel 1797 - egli fece realizzare “un magazzino assai bene architettato capace di conservare circa 40000 tomola di grano ed una macchina altresì in un edificio che gli è dirimpetto chiamato Stufa per mezzo della quale pensò di stufare i grani affin di potersi i medesimi conservar per più anni”.

Bartolomeo Intieri scrisse pure in questo periodo il trattato Nuova invenzione di fabbricar mulini a vento (1716), mentre nel 1727, sempre con il sostegno del marchese Rinuccini, aprì a Napoli uno “studio di negozio” per istruire i giovani nell'amministrazione e gestione del commercio e, nello stesso anno, realizzò una macchina per stampare velocemente le polizze del lotto la quale consentì al governo napoletano di battere la concorrenza dello Stato Pontificio, progettando infine sin dal 1728 innovativi cassoni per la conservazione del grano, realizzati poi nel 1731.

Intellettuale attivissimo, manifestò posizioni anticuriali auspicando in particolare il miglioramento della situazione morale e sociale a Benevento scrivendo in proposito una relazione sul malgoverno nel Beneventano (1734), mentre a Napoli divenne console della nazione fiorentina, partecipò alla formazione di un'Accademia delle Scienze (1733) voluta dal Galiani che gli affidò il settore delle scienze matematiche e, sempre nel 1734, divenne agente mediceo presso la corte napoletana tenendo l’incarico per dieci anni.

Ritiratosi a vita privata sul finire degli anni Quaranta sui colli sorrentini, a Massaquano frazione di Vico Equense, Intieri animò nel suo palazzo un’Accademia di cui facevano parte, oltre a Celestino e Ferdinando Galiani e Alessandro Rinuccini, anche molti altri protagonisti dell'Illuminismo napoletano tra cui il giovane Antonio Genovesi, il quale proprio dal lungimirante Abate fu designato a coprire la cattedra di Commercio e Meccanica, la prima d’Europa, che egli stesso nel 1753 istituì a proprie spese presso l'Università di Napoli con un finanziamento di 7500 ducati.

Dopo aver vissuto gli ultimi anni in precarie condizioni di salute, Bartolomeo Intieri morì a Napoli il 27 febbraio 1757. Per oltre un secolo restò vivissimo il segno del suo sapere e del suo ingegno i quali lo resero tra i primi e più degni protagonisti dell’Illuminismo meridionale, ma che appunto per questo, oggi, meriterebbe di essere sia celebrato e sia concretamente onorato nei due paesi sanniti ove egli soggiornò e lavorò.

ANDREA JELARDI

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