La violenza sulle donne c'è ma non appare Cronaca

Maltrattate, offese, umiliate, uccise… Una realtà sociale che registra casi sempre più frequenti e il parlarne a livello mediatico non basta, diventa solo argomento su cui imbastire trasmissioni televisive e discuterne.

Esiste purtroppo una violenza sommersa, molto diffusa in tante famiglie, anche nel nostro territorio, che non è quella fisica (percosse, soffocamento, uso di armi da fuoco o da taglio) ma è quella sessuale, psicologica, forse la più frequente se pensiamo agli attacchi verbali, all’allontanamento dalle relazioni sociali, alle minacce di abbandono o di divorzio.

La violenza psicologica non è un semplice impeto d’ira momentaneo, ma un tormento costante con l’obiettivo di sottomettere, di svilire l’altro.

Abbiamo poi la violenza economica che è difficile da individuare (negare l’accesso alle finanze familiari, occultare la situazione patrimoniale o vietare il lavoro fuori casa) e ancora lo stalking. 

Si può allora generare quella pericolosa spirale della violenza che passa da una fase all’altra con relative fasi di calma. Insomma in una società nella quale i progressi scientifici, tecnologici, si susseguono con ritmo incessante la parità di genere è stata raggiunta a livello legislativo, ma non culturale.   

Leggi che tutelano le donne vittime di violenza ci sono, una delle ultime è la 113 del 2013, ma è forse l’applicazione della stessa che risulta poco efficace.

Ma chi sono questi uomini che usano violenza? Sono persone che hanno subito essi stessi violenza? Sono insicuri? Non accettano l’indipendenza delle donne o la loro voglia di realizzarsi nel lavoro e nella società? E perché le donne non denunziano?

Anche qui le risposte sono molte. Forse non vogliono far conoscere all’esterno della famiglia la propria angosciante situazione, giustificando lividi, contusioni e altro; forse hanno paura o nella maggior parte dei casi non sanno qual è il percorso che si sviluppa dopo la denunzia, non sanno a chi rivolgersi.

E allora è il caso d’informare che presso la Croce Rossa Italiana di Benevento è attivo uno sportello antiviolenza al quale si possono chiedere informazioni, che la Questura stessa può consigliare come agire in casi di violenza e che esistono in città centri antiviolenza come la Pro.le.Do.

Forse sono insufficienti i centri di accoglienza, ma con la collaborazione delle istituzioni, se la richiesta aumenta, anche le strutture di accoglienza possono aumentare.

Ma come si può intervenire prima che si verifichino fenomeni sociali estremi?

L’azione di prevenzione più importante è quella culturale. Ancora una volta bisogna fare appello alla scuola con progetti, conferenze o lezioni mirate in aula. E’ importante che il bambino e l’adolescente si abituino al rispetto e alla parità di genere, soprattutto se appartengono a famiglie dove assistono ad episodi di maltrattamenti. Non è solo il maschio a dover ricevere un’educazione pedagogica impostata in tal senso, ma anche la femmina che non deve cedere o sottostare a  umiliazioni convincendosi, contrariamente a quanto si vuole credere, che l’ “amore” non è “violenza”. 

MARISA ZOTTI ADDABBO                                                                                                                                                

Altre immagini