Nuove testimonianze del Sannio antico tra recuperi e scoperte Cronaca
Le ri-scoperte archeologiche viaggiano nel tempo e nello spazio…ma non alla stessa velocità! Nella conferenza stampa ‘Dalla Storia negata alla Storia restituita’ tenutasi il 3 giugno nel Centro Operativo della Soprintendenza ABAP Caserta e Benevento al viale Atlantici, è stato annunciato il ritorno ‘alla luce della legalità’ di 398 reperti inediti al pubblico. Un doppio rinvenimento, dato che il primo è avvenuto illegalmente ad opera di un ‘estimatore’ che li trafugava, nascondendoli a casa sua.
Cosa spinge un individuo ad appropriarsi di prodotti culturali che sono patrimonio collettivo?
Potremmo spiegarcelo con la famosa dissertazione di Erich Fromm, sull’Avere o Essere: l’oscillazione tra appropriarsi della Bellezza come oggetto e ammirarla rispettosamente attraverso lo stesso.
Oggi è una giornata particolarmente emozionante perché riusciamo a restituire ben 398 reperti archeologici alla collettività. Un gesto che racconta e che mostra soprattutto la forza delle istituzioni e dello Stato e la determinazione nel tutelare la nostra storia, ha dichiarato il soprintendente Mariano Nuzzo, ringraziando tutti gli attori dell’operazione iniziata ben 12 anni fa, grazie alla cooperazione tra il Comando Provinciale della Guardia di Finanza e il Ministero della Cultura.
Il comandante della GDF Alessandro Barbera ha spiegato: Questo ritrovamento è avvenuto nel 2013, durante accertamenti in tema di finanziamenti pubblici indebitamente percepiti; ci siamo così imbattuti in questo tesoro. Un imprenditore dell'epoca, infatti, aveva la propria abitazione nell'azienda, in località Castelpagano, in cui nascondeva illegalmente una serie di oggetti di inestimabile valore; allertata immediatamente la Soprintendenza, ci rendemmo conto di cosa avevamo trovato.
Nell'estate del 2013, dopo il rinvenimento dei reperti, partì la macchina della tutela: l’assistente tecnico della Soprintendenza avvisò, infatti, la dottoressa Luigina Tomay, funzionaria archeologa responsabile dell’epoca per Benevento e Provincia. Di quel sequestro ricordo il sopralluogo con l’assistente tecnico insieme alla Guardia di Finanza - racconta la dottoressa in una video-testimonianza - e poi il successivo trasporto dei materiali in grandi casse presso la sede del Complesso San Felice. Dopodiché cominciò questa schedatura che certificasse effettivamente l'interesse archeologico dei progetti sequestrati.
Con il dissequestro e l’assegnazione della custodia alla Soprintendenza, questi tesori riprendono finalmente il loro viaggio sul binario della cultura; più rapido, invece, l’iter di scoperta, studio, custodia e restituzione al pubblico dei reperti rinvenuti durante gli scavi archeologici preventivi dei lavori per la linea ferroviaria dell’Alta Velocità Napoli-Bari.
Viaggio nel sacro è il titolo della mostra temporanea visibile nella sede operativa della Soprintendenza di Benevento, che documenta la scoperta del santuario di epoca ellenistico-romana a Ponte; della necropoli preromana e della via Appia antica sulla tratta Cancello-Frasso, presso Maddaloni; di una villa romana a Solopaca (II sec. A.C.- IV sec. D.C.) sulla tratta Frasso-Vitulano.
Il gruppo FS valorizza il patrimonio archeologico riemerso durante la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali - si legge nella mostra - Ogni cantiere può diventare una finestra sul passato…
Un atteggiamento condivisibile da qualsiasi impresa o privato che si imbattono in reperti archeologici, tentati dall’appropriazione indebita o, peggio, dalla distruzione ‘per non avere problemi’. Gli scavi della Soprintendenza non hanno certo rallentato i lavori dell’Alta Velocità, accelerando invece il processo di conoscenza del Sannio antico.
Sui reperti ri-scoperti il 3 giugno il soprintendente ha aggiunto: le casse sequestrate di reperti erano nove, ne abbiamo disposte solo sette, altre due sono ancora conservate nei nostri depositi, ma verranno poi aperte per restituirli al pubblico in una successiva esposizione.
Il percorso di tutela e valorizzazione riparte, infatti, dallo studio scientifico condotto da Simone Foresta, funzionario archeologo attuale responsabile del centro operativo della Soprintendenza a Benevento, che spiega: Un lavoro durato più di un decennio che ha rappresentato un incontro con la Guardia di Finanza per la riapertura delle casse, riportando alla luce materiali provenienti da vari scavi e seppelliti in un contenitore anonimo. Ciò non ha restituito, però, tutti i dati su questi reperti, straordinari per motivi simbolici ma anche artistici e archeologici. L’archeologia è una disciplina abbastanza recente, che però ha subito molti passaggi fondamentali, diventando una disciplina scientifica. Basti pensare che durante gli scavi programmati i reperti vengono analizzati e interpretati per restituire tutti i significati del passato. Dei nostri reperti non conosciamo proprietà, né da quali territori provengano. Abbiamo informazioni desunte da confronti stilistici e analogie tipologiche, tutto il resto è perso, essendo stati sradicati dal loro contesto. Devo dire, però, che riportandoli alla luce abbiamo colto altri significati ad essi legati: quando siamo stati allertati dalla Guardia di Finanza che doveva notificare il verbale di dissequestro, col soprintendente abbiamo visto l’importanza di questo atto burocratico per trasformare i reperti in strumenti di valorizzazione della città di Benevento. Si inseriscono, infatti, perfettamente nel percorso che mette al centro l’archeologia della città e del territorio, perché il fulcro è il suo passato, come bene avevano capito gli Imperatori. I reperti hanno un valore educativo per la collettività, esprimono vicinanza alla cittadinanza. Pensate: da bene goduto da un’unica persona, che li aveva in casa per vederli da solo, ora possiamo restituirli a tutti, ai bambini che sono oggi anche presenti, agli studenti dell’Università ma anche ad un ospedale o ad altri spazi pubblici. Possiamo restituire la meraviglia, che può cogliere ogni cittadino comune, vedendo il suo passato. I reperti, databili per analogia, vanno dall’VIII secolo a.C. al periodo imperiale romano, come testimonia una piccola collezione di monete. Interessante anche la capanna di ambito etrusco; molti reperti provengono dal Lazio, dalla Puglia e dall’ambito beneventano del Sannio caudino. Sono quasi tutti utilizzati per il consumo del vino perché fanno parte di corredi funerari. Per gli antichi, infatti, la morte era una sorta di ubriacatura, si andava in un mondo sconosciuto e poi ci si risvegliava in piena felicità. Infine, c’è l’elmo, parte dell’armatura di un soldato che ha avuto il colpo di una lancia. Il resto è andato perduto. Molti dei vasi hanno dei fori causati dagli strumenti utilizzati dai ‘tombaroli’ per sondare il terreno: sentono la rottura del vaso e scavano; però su dieci vasi, solitamente sette vengono rotti e tre recuperati. Interessanti sono i crateri figurati in ceramica italiota di ambito locale, imitazione della pittura vascolare ateniese: testimonianza del fatto che Benevento era proiettata su tutto il Mediterraneo, città crocevia per chi era diretto in Puglia, in Egitto, in Grecia e in Asia Minore.
Un’altra buona notizia è che grazie al protocollo d’Intesa del 10 dicembre, il Comune di Benevento, il Tribunale di Benevento, la Provincia, l’UNISannio e l’ASL possono chiedere in prestito i reperti per allestire mostre.
Simone Foresta ha confermato: Ribadisco l’intento forte da parte di tutta la Soprintendenza, compreso il personale della sede di Benevento molto attivo sul territorio, che ringrazio, la volontà di attuare il protocollo e di restituire realmente questi reperti alla collettività, con un sistema di informazioni fondamentali per far comprendere l’importanza che ha la nostra penisola per l’archeologia. Si parte subito per un viaggio di apertura verso una nuova sensibilità
ROSANNA BISCARDI