Fallimenti in crescita del 186 % Economia

Nove progetti, trentuno imprese coinvolte, investimenti per 235 milioni di euro, 600 nuovi posti di lavoro previsti: è questo l'esito del bando per l'ammissione agli incentivi del Contratto di programma regionale, iniziativa della Regione Campania che si propone di agevolare le politiche di investimento in settori strategici per il rilancio dell'economia campana. Tra gli imprenditori sanniti ammessi al finanziamento, un consorzio di aziende aerospaziali, un gruppo di imprese operanti nel settore delle energie rinnovabili, ma anche una ditta di infissi e due società di telecomunicazioni: un segnale di impegno in un quadro che comincia a risentire della pesante onda d'urto della crisi economica.

Gli ultimi dati diffusi dalla Camera di Commercio riportano un incremento consistente dei fallimenti (+186%), il cui numero è quasi triplicato: le imprese beneventane che hanno chiuso i battenti nel 2008 sono 43, contro le 15 del 2007. A pagare dazio sono state le piccole imprese, in particolare quelle operanti nel settore della distribuzione, che risentono direttamente della contrazione dei consumi e delle restrizioni nell'accesso al credito. Sembra quindi allungarsi anche sul Sannio il cono d'ombra del crack internazionale, destinato a condizionare pesantemente nei prossimi mesi il sistema produttivo locale e quello nazionale; tuttavia, una breve analisi dell'ultima ricerca Istat sui livelli di occupazione nei 103 capoluoghi di provincia rivela che l'attuale fase recessiva non è l'unica responsabile dei mali dell'economia sannita, inserendosi in un contesto già critico. Ormai è vicina la Terra di Lavoro, scriveva nel 1957 Pierpaolo Pasolini varcando il confine campano: per un paradosso della storia, la Campania è oggi una delle regioni con il più basso tasso di occupazione in Italia (43%).

Andamento dell'occupazione - Secondo le stime Istat, in Campania il range dell'andamento occupazionale va dal -0,6% di Napoli al +2% di Avellino, passando per il +0,3% di Caserta e il +1,6% di Salerno, con Benevento che segna un debole +0,4%. In provincia si contano circa 90mila occupati nel 2006, un lieve progresso rispetto all'anno precedente, ma non sufficiente a colmare il gap con gli 8mila occupati in più che si registravano nel 2003, a fronte di una bilancia demografica sostanzialmente in pareggio: in tre anni l'incremento demografico segna infatti un +0,6% (+ 1.800 abitanti) contro il - 9% degli occupati. E, com'è facile immaginare, il colpevole non è il calo delle nascite, e nemmeno la longa manus della crisi internazionale, che va ad acuire una situazione già difficile. Da questo quadro a tinte fosche si distacca leggermente l'indicatore relativo al valore aggiunto per abitante, che aumenta dell'1%: in media, ogni beneventano ha prodotto in un anno una icchezza pari a 13.432 euro, risultato che relega il capoluogo sannita al quintultimo posto nella classifica delle province italiane, quasi 10mila euro sotto la media nazionale. In altri termini, le possibilità di lavorare diminuiscono, e chi lavora riesce a produrre un quantum di ricchezza molto inferiore agli standard nazionali.

Lavoratori autonomi - Si prospettano tempi difficili, nel Sannio, anche per i lavoratori autonomi: complessivamente tra la fine del 2005 e l'inizio del 2007 sono scomparsi 800 posti di lavoro; nel 2004 i lavoratori indipendenti erano 3mila in più, nel 2002 addirittura 8mila in più. Il 60% delle perdite riguarda il settore agricolo, un tempo roccaforte dell'economia campana, la quota restante si riferisce ai servizi, mentre l'industria mantiene un livello di occupazione piuttosto stabile. Il trend negativo si riflette su scala regionale, con un decremento di quasi 10mila unità, che diventano ben 25mila se si prende come termine di paragone il 2004; a livello nazionale i numeri dell'Istat raccontano un'Italia diversa, in cui il popolo delle partite Iva cresce dello 0,5% (+ 32mila occupati).

Lavoratori dipendenti - Di segno opposto le statistiche sui lavoratori dipendenti in provincia di Benevento: in un anno l'occupazione è cresciuta di 1.200 unità (+1,7%), mostrando segnali positivi nel settore terziario (+ 700 occupati) e soprattutto nell'agricoltura, con un incremento di 800 dipendenti. Le differenti dinamiche occupazionali che caratterizzano le attività agricole, con una flessione notevole del lavoro autonomo e uno sviluppo del lavoro dipendente (in specie mano d'opera immigrata), suggeriscono un mutamento strutturale in atto nel settore primario, nel quale evidentemente pesano la mancata sostituzione generazionale nell'imprenditoria agricola, i costi di ingresso più elevati e il processo di industrializzazione.

La percezione della crisi - Al di là e oltre le cifre, lo spettro della crisi si va radicando nell'opinione pubblica, in alcuni strati del tessuto sociale più che in altri, come evidenzia un'indagine Censis dello scorso ottobre. I più preoccupati sono infatti le persone con un basso livello socio-economico e i residenti nel sud della penisola; per questi ultimi, le principali fonti di angoscia sono rappresentate dall'incapacità di far fronte alle spese sanitarie (avvertita dal 69% degli intervistati contro il 62% della media nazionale), dal non riuscire a pagare le rate del mutuo (52% rispetto al 44% del dato italiano) o quelle per altri beni acquistati (+6% rispetto alla media nazionale). Curiosamente, sono questi stessi intervistati a cogliere un segno di speranza nella crisi: il 37% di loro, contro il 33% del Centro e il 35% del Nord ovest, ritiene che l'attuale momento ci migliorerà, perché ci costringerà a rivedere i nostri difetti. Forse senza saperlo, i nostri conterranei sembrano fare propria la massima di Franklin Delano Roosevelt, padre del new deal: l'unica cosa di cui dobbiamo avere paura, è la nostra paura.

PIERLUIGI DE ROSA