Il punto sul PNRR e la crisi della pubblica amministrazione Economia
Dagli anni ‘80 ad oggi, a partire dagli Stati Uniti, si è diffusa una corrente di pensiero che vede nella burocrazia il principale limite al buon funzionamento della pubblica amministrazione. Questo movimento politico e accademico, porterà alle forti ondate di privatizzazioni ancora oggi discusse (nei paesi anglosassoni più che in Europa, a partire dall’asse Reagan - Thatcher) e ad un cambio di paradigma nell’erogazione di servizi da parte del pubblico: dalla pubblica amministrazione si passa al public management (non me ne voglia il deputato Rampelli per il forestierismo, management deriva dal latino).
Questo passaggio implica principalmente: snellimento apparati burocratici, possibilità di misurare performance dei dipendenti pubblici al fine di legare sostanzialmente la loro remunerazione al lavoro svolto e inserire la pubblica amministrazione in ampi network ibridi pubblico-privati.
Questa riforma radicale della pubblica amministrazione in Italia non c’è mai stata e lavorare per il settore pubblico diventa sempre meno appetibile. La scarsa capacità di attrarre e formare personale qualificato all’interno del settore pubblico costituisce senz’altro uno dei punti centrali nell’odierna crisi delle democrazie occidentali: il PNRR ci permette di capire la gravità della questione.
Data la grandezza e la complessità del Piano, che inizia a disegnare una sorte di Welfare State europeo, nelle Università e nei centri di ricerca ci sono già corsi appositi incentrati sulla gestione e la spesa delle risorse stanziate e da stanziare. Quindi vengono formate figure professionali specializzate in tutta Italia, ma uno dei principali problemi che abbiamo per quanto riguarda la spendibilità del piano è proprio che manca personale specificatamente qualificato sul PNRR nella pubblica amministrazione.
Circa metà dei finanziamenti, infatti, passa per i Comuni, che nei mesi scorsi avrebbero dovuto assumere personale specifico per gestire i fondi in arrivo, con contratti a tempo determinato (il PNRR sarà completato entro il 2026), che sembrano non essere stati appetibili e competitivi. Esemplificativo è il caso del comune di Pertica Alta, in provincia di Brescia, dove è previsto uno stanziamento di 20 milioni per la costruzione di piste ciclopedonali, per la ristrutturazione di edifici e per la loro conversione in alloggi turistici e per la conversione di capannoni abbandonati in botteghe artigiane e caseifici locali.
Per attuare il progetto, il comune ha richiesto un geometra e un ingegnere ma il bando si è chiuso senza ricevere alcuna candidatura. Il sindaco Giovanmaria Flocchini ha commentato al Giorno: “Nella nostra valle c’è tanto lavoro, per cui è normale che si preferisca un contratto privato rispetto ad uno che scade nel 2026 e che è poco incentivante sul fronte della retribuzione”.
Anche la Corte dei Conti nella “Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” redatto a marzo, ha notato che le “modalità di reclutamento del personale dedicato al PNRR con formule non stabili hanno fatto emergere non poche difficoltà, per le amministrazioni, nel garantire la continuità operativa delle strutture”, dunque, come fa notare il Post, l’assunzione efficiente di personale qualificato non sta funzionando.
Oltre a questo problema strutturale, esistono altri ostacoli che riguardano invece specifiche decisioni prese dall’attuale governo. Il PNRR prevede una spesa totale di circa 191,5 miliardi di euro stanziati in rate semestrali, per permettere alla Commissione Europea di monitorare i vari piani nazionali. Per quanto riguarda i risultati dell’Italia degli ultimi sei mesi, che la Commissione concluderà la sua analisi a fine aprile, un mese dopo quanto previsto, e deciderà se approvare o rinviare l’erogazione della prossima rata di 19 miliardi.
Nonostante i 55 obiettivi previsti siano stati formalmente tutti raggiunti, sembra che alla base della perplessità della Commissioni ci siano alcune specifiche decisione del Governo. In primis, la riforma della gestione delle concessioni portuali è stata giudicata da Bruxelles troppo onerosa per chi vincerà gli appalti (rinvio al Sole 24 ore per una trattazione più approfondita).
In secondo luogo è stata messa in dubbio la fattibilità della costruzione di alcune reti di teleriscaldamento. Infine, sono sorti alcuni dubbi riguardo gli stadi di Firenze e Venezia, che potrebbero essere esclusi dal PNRR in quanto non sono ritenuti vere e proprie opere di riqualificazione urbana e sociale.
Mentre, come scritto su la Stampa, nei prossimi giorni il governo dovrebbe inserire alcuni emendamenti sia sulle concessioni portuali sia sugli impianti di teleriscaldamento per venire incontro alla Commissione, rimane ancora in dubbio cosa succederà ai finanziamenti per gli stadi a Firenze e Venezia.
ANTONIO SPINA