Nel Fortore uno dei massimi vivai italiani di alberi tartuficoli con micropropagazione in vitro Economia

Forse per molti lettori sarà una novità, ma l’agricoltura dell’area fortorina continua a sorprendere, e non solo con i singolari ortaggi del lungo fiume, né soltanto con il moscato di Baselice, l’olio di Molinara, il caciocavallo di Castelfranco e, più in particolare, la carne del vitellone marchigiano che rappresenta ormai un primato europeo con il centro operativo in San Giorgio la Molara.

Da qualche anno, un po’ in sordina, in una località del Prefortore opera una straordinaria innovazione vivaistica che nel secolo scorso sarebbe sembrata illusoria ed inconsistente. Stiamo parlando del grande e modernissimo impianto vivaistico, con micropropagazione in vitro, in cui sono fatti nascere e vengono coltivati migliaia e migliaia di alberelli destinati a produrre tartufi, cioè piante che fruttificano non con i rami al sole ma con le radici sottoterra.

Questa singolare iniziativa tartuficola è stata avviata dall’impresa agricola Pozzuto di San Marco dei Cavoti, localizzata alla contrada Zenna, nei pressi della superstrada Fortorina.

Il Sannio già da qualche anno si distingue come un’eccellente area produttrice di tartufi, in specialmodo nella valle del Sabato, tra Ceppaloni ed i comuni limitrofi, oltre che nelle colline del Taburno, con produttori che si vanno affermando anche a livello mondiale; ma ormai con l’impresa Pozzuto il Sannio sta assumendo un ruolo nazionale nella produzione vivaistica di alberi dalle cui radici nasceranno i tartufi; quindi dalla estrazione selvatica, come è avvenuto finora, stiamo passando alla coltivazione e raccolta del tartufo che nasce dalle radici dell’albero. Si possono quindi segnare i luoghi, i modi ed i tempi di coltivazione degli alberi tartufocoli.

Gli alberelli destinati a produrre tartufi, delle varietà quercia, leccio, nocciola, carpine, pino d’aleppo, pino domestico, cerro, roverella ed altre specie, ricavati nel vivaio di San Marco, sono sottoposti ad analisi e certificazioni dell’Università di Perugia. E’ stato infatti uno zio di quei giovani imprenditori sammarchesi, il prof. Mattia Bencivenga, uno dei massimi esperti italiani di tartuficoltura, già docente dell’Università di Perugia, ad inculcare nella famiglia Pozzuto la passione e la professione per l’impianto e la coltivazione degli alberi tartufigeni..

Gianmarco Pozzuto, che è il responsabile tecnico del vivaio di San Marco, tra l’altro, ci ha detto che oggi l’azienda si occupa principalmente della produzione di piante micorizzate, cioè alberi capaci di produrre, anche con le radici sottoterra, un particolare frutto, quale il tartufo. “L’obiettivo di fondo è quello di creare una filiera corta di qualità in grado di valorizzare ogni fase, dalla tartufaia alla tavola“.

Nel 2025 saranno impiantati, in tutt’Italia, oltre 30 ettari di tartufaie, con le piantine provenienti dal vivaio di San Marco, cioè 15-20 mila alberelli, con cui si tenterà di fare della tartuficoltura un risorsa stabile per talune aree collinari e montane.

Oggi in Campania vi sono già oltre cinquanta aziende tartuficole. Secondo Gianmarco Pozzuto “attraverso una corretta gestione tecnica e agronomica, il tartufo potrà diventare una risorsa economica stabile per diverse realtà rurali”. Difatti il tartufo “è un prodotto che nasce senza utilizzo di alcun pesticida o fertilizzante; un prodotto della terra che nasce spontaneamente”. Un alimento, che finora ha fatto parte di una cucina elitaria e forse troppo costosa, ormai destinato a diffondersi conquistando mercati in Italia ed all’estero.

Questo vuol dire che il vivaio di San Marco non rappresenta soltanto una novità quanto piuttosto un’apertura di nuove specificità produttive che potranno alimentare nuovi mercati.

Siamo di fronte ad un’innovazione vivaistica che nasce nel Fortore e che nei prossimi anni sarà introdotta anche in altre province del Sud. Oggi il vivaio di San Marco è unico non solo nel Sannio: ne va dato merito a questa impresa concepita e gestita da giovanissimi operatori. E non si dica che nel Fortore si ripetono cose già sperimentate altrove. Forse quello che ancora ci manca non è la capacità creativa quanto piuttosto la fiducia nella propria creatività.

ROBERTO COSTANZO