Quattro i fattori di debolezza dell'economia sannita Economia

A dispetto dell’estate incombente, “Luci d’inverno” potrebbe essere, con una citazione cinematografica, il titolo per l’incerto stato di salute dell’economia sannita: il profilo tracciato nell’Osservatorio economico della provincia di Benevento, pubblicazione a cura della Camera di Commercio di Benevento in collaborazione con l’Istituto Tagliacarne, è quello di una provincia che fatica a uscire dal cono d’ombra della crisi. Lo tsunami della recessione, che ha scosso tra il 2009 e il 2010 l’economia globale, è solo il “filo di paglia che fa scoppiare il cammello”. A monte ci sono infatti debolezze strutturali che compromettono la capacità di reazione del sistema economico sannita. Un tallone di Achille che, per gli autori della ricerca, poggia su quattro fattori di debolezza.

1)La dipendenza dai consumi delle famiglie locali.

Per la maggior parte delle imprese sannite non esistono mercati di sbocco al di fuori di quelli locali: una configurazione del mercato forse adatta per l’epoca medievale, non certo per un’economia globalizzata come quella attuale. Tanto più che i consumi sono modesti, solo 11mila euro all’anno (mille in meno rispetto alla media del Mezzogiorno, 4mila in meno nel confronto con la media nazionale) e i conti in rosso sempre più diffusi, per sostenere lo stesso tenore di vita seppure con redditi più bassi.

2)La scarsa capacità di investimento delle imprese.

Nel complesso il tessuto produttivo mostra un livello di produttività modesto, determinato sicuramente anche da fattori contingenti, ma soprattutto dalla scarsa propensione agli investimenti. Le cause, secondo i ricercatori, vanno ricercate nella struttura produttiva (eccessiva concentrazione di piccole imprese, specie nell’agricoltura, dove la dimensione media non supera l’ettaro) e nelle difficoltà di accesso al credito, a causa dell’alto rischio di insolvenza.

3)I risvolti sociali.

Alle debolezze economiche fanno da contrappunto le fragilità sociali. La precarietà dell’assetto produttivo o si ripercuote in primo luogo sul mercato del lavoro, che mostra un alto tasso di irregolarità: su 100 lavoratori, 12 non hanno un contratto in regola, un dato che fa di Benevento la 33° provincia in Italia con la più ampia fascia di sommerso. Il fenomeno del lavoro “in nero”, si legge nella ricerca, è peraltro in continuo aumento, poiché la dinamica del costo del lavoro tende a superare quella della produttività.

4)La struttura demografica.

Un problema specifico della provincia sannita dal punto di vista demografico è il peso rilevante degli “inattivi”, giovani di età inferiore a quella dell’obbligo scolastico ma soprattutto anziani, che gravano sul bilancio familiare. In particolare, il Sannio è costretto a fare i conti con un indice di vecchiaia da Matusalemme, superiore di oltre 50 punti percentuali alla media regionale (146,3 contro 96,5).

Conclusioni.

Difficile, alla luce di queste debolezze strutturali, agganciarsi al treno (lento) della ripresa. Nel 2010 il Prodotto Interno Lordo provinciale ha segnato un riduzione dell’1,1% rispetto al 2009, ma se si considera il biennio 2009-2010 il dato è ben più pesante (-5,7%). Calano, inevitabilmente, anche gli occupati (-6,4%, il triplo del dato nazionale), ma soprattutto aumentano i disoccupati (9,7%) e diminuiscono le forze lavoro (-5%): un certo numero di disoccupati ha così rinunciato alla ricerca attiva di un posto di lavoro. In controtendenza rispetto a un quadro complessivamente negativo la performance del commercio estero (+ 35%), che supera di 18 punti percentuali la crescita media regionale e di 20 quella nazionale. Tuttavia, in termini assoluti, l’economia beneventana fatica ad “aggredire” i mercati esteri, nella misura in cui le sue esportazioni rappresentano solo l’1,1% del totale regionale. Nondimeno, il buon andamento dell’export accende i riflettori su alcuni comparti di eccellenza su cui potrebbe innestarsi la ripresa, come il settore delle componenti informatiche e quello delle telecomunicazioni, che insieme hanno incrementato le vendite sull’estero del 449%.

PIERLUIGI DE ROSA

 

 

 

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