Sannio in ginocchio Economia

Che impatto avrà la crisi economico-finanziaria sull'economia sannita e sul suo già debole sistema produttivo?

È questa la domanda alla quale l'intera classe dirigente del Sannio dovrebbe cercare di dare delle risposte invece di tutto si parla meno che della incombente crisi economica.

Alla gente ora importano poco i giochi politici in atto al Comune e alla provincia. Certo la risposta non è affatto semplice, anche perché, l'attuale momento storico, è del tutto inedito e gli esiti della crisi sono ad oggi ancora imprevedibili.

Proviamo allora noi a riflettere e capire cosa sta accadendo. L'indicatore più appropriato per analizzare la domanda di lavoro in provincia di Benevento è rappresentato dal tasso di occupazione, ottenuto rapportando gli occupati sul totale della popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni: solo un anno fa -fonte Istat- il suo valore raggiungeva circa il 49%, con un tasso di disoccupazione pari al 9,6%. Le forze lavoro erano pari a 101mila unità, di cui circa 39mila donne.

Di questi lavoratori, 10mila erano impiegati nel settore agricoltura, 18mila nell'industria, poco più di 10mila nell'artigianato e circa 60mila nei servizi e nel terziario. Numeri che collocavano la provincia di Benevento, in media, ai primi posti in Campania ma pur sempre tra gli ultimi su scala nazionale.

Nell'ultimo anno, alla chiusura di importanti realtà produttive come l'ex SIE di Sant'Agata de' Goti e al mai avvenuto decollo del Polo calzaturiero di Benevento e del Patto Valle del Sabato, si è aggiunta la drammatica situazione del settore manifatturiero, che investe direttamente il Polo tessile dell'area di Airola ed il Distretto industriale di San Marco dei Cavoti. Ma la ″crisi″ non ha risparmiato nemmeno prestigiose aziende, come Russo Legni ieri o la Moccia di Montesarchio oggi, ed un forte ridimensionamento si è registrato anche nel commercio, con tagli di personale che coinvolgono -oltre ai piccoli commercianti al dettaglio- colossi della Gdo come Gs, Ipercoop e LeClerc, che negli ultimi anni hanno investito sul nostro territorio.

Ebbene, un conteggio al ribasso, ci dà un dato complessivo di circa 3mila posti di lavoro a forte rischio, nel solo settore privato.

A tutto ciò, va aggiunto il difficile rapporto che tuttora persiste tra le banche e le imprese, con un accesso al credito che si fa sempre più complicato e soprattutto eccessivamente oneroso per queste ultime. Effetto di questo stato di cose è il forte boom di pignoramenti ed esecuzioni immobiliari che si registrano ultimamente in quanto, pur avendo cambiato il proprio stile di vita, sono sempre di più i piccoli imprenditori e le imprese familiari che non riescono a pagare bollette, rate dei mutui e leasing, imposte e tasse che puntualmente arrivano a scadenza ogni mese dell'anno. Le difficoltà che travagliano il mondo del lavoro spingono ad una effettiva e più serrata concertazione tra le molteplici diverse componenti della società -sono le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI in occasione del 60° anniversario della fondazione della Cisl La grande sfida ed opportunità che la preoccupante crisi economica invita a saper cogliere è trovare una nuova sintesi tra bene comune e mercato, tra capitale e lavoro. Ed in questo ambito è significativo il contributo che possono apportare le organizzazioni sindacali. Del tema, ne abbiamo quindi parlato con alcuni protagonisti del Partenariato economico della provincia.

Per il commercio, con Gianluca Alviggi, presidente Confesercenti:

Il commercio nel Sannio è reduce da una profonda trasformazione nelle abitudini di acquisto che l'ingombrante e non sempre ben programmata presenza della Gdo ha prodotto nei consumatori. In una situazione che già presentava elementi di criticità si è innestata la crisi economica che ha riguardato nel caso specifico del commercio soprattutto un'importante contrazione dei consumi. Le aziende commerciali storiche, con esperienza e capitali a disposizione, sono riuscite fino ad oggi a far fronte al nuovo impatto vedendo, però, estremamente ridotti i propri margini di guadagno. Le aziende più giovani ed inesperte, invece, si sono trovate in difficoltà ancor più gravi inducendole in gran parte dei casi alla definitiva chiusura. Oggigiorno il turn-over è elevatissimo. Aziende commerciali aprono e chiudono i battenti nel giro di pochi mesi, senza lasciare alcuna traccia del loro passaggio se non tanti giovani disillusi di potersi costruire un futuro con le proprie forze. In questo quadro a tinte fosche s'innesta anche una considerevole difficoltà di accesso al credito. Il nostro consorzio (Co.Svi.G.) attraverso una garanzia dell'80% sull'importo da finanziare permette una importante facilitazione nell'ottenere i fondi necessari per far fronte al momento delicato in cui le imprese commerciali e non si trovano ad operare. È necessario, tuttavia, che banche ed istituti di credito si rendano più disponibili a concedere fiducia e risorse ad aziende che hanno sempre operato bene e che solo adesso, loro malgrado, si trovano in difficoltà.

Per l'industria, con Sergio Vitale, Direttore di Confindustria:

La crisi non nasce nel 2008 ma ha una origine di vecchia data, considerato anche che nella stragrande maggioranza, al di là di casi di eccellenza, il comparto industriale produce beni ad alta concorrenza anche di tipologia anomala sui mercati nazionali ed internazionali. La crisi si è acuita nell'ultimo semestre del 2008 con l'entrata in crisi di tutto il comparto auto, che ha generato a cascata una serie di riflessi negativi sull'economia anche sannita. Al dicembre 2008, Confindustria ha censito dalle 60 alle 70 aziende industriali ″ferme″, con lavoratori in Cig, Cigs e mobilità per un totale di circa 3.500 addetti; le proiezioni al primo quadrimestre 2009 sono -purtroppo- per un ulteriore inasprimento di questa situazione. Comunque, ci sono ottime prospettive per il futuro a patto, però, che partano finalmente le importanti progettazione a livello territoriale, che si recuperi una correttezza contrattuale della PA e, soprattutto, che la Regione Campania immetta nel circuito economico regionale le tantissime risorse che ha a sua disposizione.

Per l'agricoltura, con Aurelio Grasso della CIA:

Nell'ultimo periodo la crisi si è ulteriormente aggravata a causa del forte aumento dei costi di produzione; i prezzi che vengono corrisposti ai produttori agricoli, viceversa, tendono sempre più a scendere verso il basso. Accanto a questo, pesano le scelte del Governo nazionale assunte con l'ultima Finanziaria: quelle, cioè, di non rifinanziare il fondo di solidarietà nazionale per le assicurazioni agricole agevolate, la non stabilizzazione della fiscalizzazione degli oneri previdenziali per le aree interne e svantaggiate e la mancanza di misure fiscali specifiche per la riduzione dei costi di produzione per le aziende agricole. Non ultimo incide negativamente sui produttori di latte onesti, in particolare del Mezzogiorno d'Italia, il testo del decreto sulla distribuzione delle quote latte che ci vede fortemente preoccupati perché a tutto vantaggio dei soliti furbi del Nord! Pertanto, il perpetuarsi di questo stato di crisi ci preoccupa fortemente e le immediate ″non scelte″ a favore del settore agricolo rischiano di compromettere fortemente la tenuta di moltissime aziende agricole.

Per l'artigianato, con Antonio Campese di Confartigianato Imprese:

Stiamo registrando la chiusura di moltissime imprese, soprattutto nell'edilizia e nei servizi. Gli investimenti sono fermi non solo per le note difficoltà che le imprese hanno con il sistema bancario, ma soprattutto perché sta diventando sempre più difficile ottenere i crediti da parte degli enti pubblici, che se pagano, lo fanno anche con due anni di ritardo! Per sua natura, l'artigianato tende a resistere. Ma il rischio, è che molte imprese intraprendono la strada del sommerso (un processo di involuzione negativo e pericoloso per tutti) anche perché, l'artigiano, non ha alcuna protezione o forma di tutela da parte dello Stato. Da questo stato di cose, l'unica via di uscita è un intervento massiccio di liquidità, un ripianamento delle passività e degli incarichi a 3 o 5 anni e lo sblocco dei pagamenti di tutti gli enti pubblici, pensando finanche a norme che permettano agli imprenditori di compensare i crediti con le imposte. E soprattutto, i mass media devono smetterla di dipingere la nostra regione con esempi ″negativi″: abbiamo tante cose buone da comunicare all'esterno.

GIUSEPPE CHIUSOLO