Adelante, Zarro, con Juicio Enti

In questa veloce rievocazione della storia dell'Università a Benevento i protagonisti spesso si confondono o non ricordano bene. Vorrà dire che erano distratti anche allora? Che non ci credevano?

A voler essere cattivi, si potrebbe rispondere: questo e quello.

Scopo della nostra rievocazione è, invece, proprio quello di far risaltare il ruolo che in molti ebbero, in un generale clima di scetticismo. Giovanni Zarro, ad esempio, dimentica che tra i parlamentari della Democrazia Cristiana quello che scelse il percorso parlamentare, presentando un disegno di legge, ci fu il senatore Alfonso Tanga. Il quale, peraltro, affettuosamente ma con fiero cipiglio mi ha ripreso, allorché ho ristretto a Perlingieri-Pietrantonio-Zecchino la qualifica di santi protettori dell'Università degli Studi del Sannio.

Zarro conviene sul fatto che ai tre si deve la felice conclusione di un processo. Gli altri attori del processo meritano di essere ricordati. Ma, come dicevano gli antichi, unicuique suum. A ciascuno il suo.

Tanga era giunto a Benevento, catapultato candidato al Senato da una scelta avellinese. Cercò da subito di farsi accettare dai beneventani, si trasferì con la famiglia, mise lo studio-segreteria a piazza Castello e inaugurò una proficua collaborazione con l'altro neo-senatore Cristoforo Ricci, eletto nel collegio di Cerreto Sannita.

Insieme, Ricci e Tanga, presentarono alcune proposte di legge. Quella dell'Università fu una, ma non fu approvata, come invece ricorda (male) Alfonso Tanga. Fu approvata, invece, la legge sull'aeroporto di Benevento, che la comunità locale ha lasciato arenare tant'è che ad Olivola si è fatto il PIP e adesso ci metteranno la piattaforma logistica dell'IKEA.

Però la proposta di legge Ricci-Tanga, che non ebbe fortuna nelle aule parlamentari, è diventata realtà.

Anche Giovanni Zarro scelse la via parlamentare per la realizzazione dell'Università a Benevento. Eletto deputato come esponente della Democrazia Cristiana vetroniana, si trovò da subito un secondo deputato beneventano (ipotesi che Vetrone aveva sempre escluso potesse realizzarsi), quel Clemente Mastella scalpitante e presenzialista. Zarro veniva da una formazione più interna alle logiche del partito beneventano, cioè del vetronianesimo attento alle esigenze dell'agricoltura. Di suo Zarro ci metteva una solida preparazione giuridica. Ricordo che, quando stavamo insieme alla FUCI, per l'elaborazione dello statuto ci tenne per tre riunioni a discutere se lo schema organizzativo dovesse essere triangolare o circolare. Lo stesso Giovanni Zarro, quando era capogruppo al consiglio comunale e le riunioni si protraevano fino alle tre e le quattro del mattino, prendeva regolarmente la parola per ultimo e svolgeva senza scomporsi i suoi interventi. A Mimì Grasso (compagno di Coldiretti) che gli tirava la giacca: Giova', ma non ti sente nessuno, lui ribatteva Resta tutto a verbale.

Su qualche giornale avevo proposto una scorciatoia, quella di far statizzare l'Universtà degli Studi Turistici di Faicchio, realizzata dal professore Umberto Fragola. Si sarebbe potuto evitare la concorrenza di altri aspiranti. In quegli anni, difatti, al di là di consapevoli esigenze, l'Università sembrava un fiore che tutti volevano mettersi all'occhiello.

Zarro, da perfetto studioso, sapeva che un ruolo doveva averlo la Regione. Che la Regione non funzionasse tanto bene, poco importava. Che se ne lavasse le mani, come adesso afferma, non era una ragione per cambiare percorso.

Si accettava la conferenza regionale all'Isveimer, la lottizzazione con la terza Università a Benevento e lo sdoppiamento di quella napoletana verso Caserta (Avellino e Salerno avevano risolto la loro questione con il campus di Fisciano a metà strada). Un ruolo Zarro lo svolse e fu l'accordo politico con il casertano Santonastaso. Se oggi abbiamo l'Università degli Studi del Sannio e la Seconda Università di Napoli in Terra di Lavoro, le basi furono poste in quella sede.

Fa bene Zarro a ricordare l'ingegnere Luigi Teedeschi, presidente della Provincia, perché mette in rilievo il contributo di idee fornito da Antonio De Lucia, da pochissimo alle dipendenze della Rocca dei Rettori.

Fa il suo dovere quando difende l'onorevole Mario Vetrone e tutta l'attività da questi profusa per il mondo agricolo. Che Vetrone fosse uomo di scuola, non significa che vedesse l'Università senza sospetto. E che i sospetti potessero essere legittimi, chi lo mette in dubbio.

Ricorderò un episodio marginale. Nella sede della Coldiretti a via XXIV maggio ci fu un convegno sul Piano Manscholt. Era costui un olandese ministro dell'agricoltura (o qualcosa del genere) della Comunità europea. Tra l'altro, il suo piano puntava ad incentivare l'accorpamento delle microaziende per farne soggetti più competitivi sul mercato dei sei paesi allora costituenti l'Europa.

Dopo il convegno, conversando con Vetrone, Enzo Rotondi (vetroniano di ferro) chiese: Ma, onorevole, non è una cosa buona se i piccoli si mettono insieme e fanno delle cooperative?

Vetrone rispose alla lettera: E poi ci andate voi a chiedere i voti ai contadini che saranno diventati comunisti

Ecco. Non pretendevo che Vetrone si disinteressasse dei comunisti. Credevo all'epoca che anche la Democrazia Cristiana poteva essere migliore se avesse dovuto vivere in una società più agitata e meno dormiente.

L'importante è che ancor oggi Giovanni Zarro concordi con i nostri sogni di allora. L'Università delle nostre zone non doveva essere una replica delle superaffollate facoltà napoletane. Doveva - e dovrà - essere, invece, una università capace di attrarre, per la originalità delle sue facoltà e per la qualità del suo apparato, studenti e docenti da ogni altra parte d'Italia. Così risponde al suo scopo di incubatrice di classe dirigente.

MARIO PEDICINI