Codice antimafia, altra occasione persa Politica

Non si capisce bene perchè il tanto ascoltato Raffaele Cantone, presidente dell'autorità nazionale anticorruzione, stavolta è stato ignorato. Eppure esprimeva giudizi su di una materia di sua competenza. In  merito al Codice antimafia in discussione al Senato -  poi approvato con 129 “sì”, 56 “no” e 30 astensioni -, il presidente dell’Anac riteneva che la prevista applicazione dei sequestri preventivi ai casi di corruzione non mafiosa potesse essere non opportuna.

“Un vulnus nei principi costituzionali”, causa di possibili censure da parte della Corte costituzionale, ma anche dalla Corte di Strasburgo. Di una norma del genere, di grande effetto emotivo sull’opinione pubblica, se ne può fare a meno secondo Cantone perché è già possibile la confisca preventiva dei beni per corruzione, quando è provato che si tratti di una condotta abituale, basti pensare al processo della Cricca degli appalti”.  E, a tal proposito, cita il caso dell’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci a cui furono sequestrati nel 2014 beni per 13 milioni di euro.

Anche l’ex presidente dell’Antimafia Luciano Violante boccia i sequestri preventivi nei casi di corruzione non mafiosa. Afferma Violante: “L’estensione dei sequestri è frutto dell’illusione repressiva; si pretende di risolvere ogni problema  sociale con l’aumento della repressione penale”. E, ancora: “L’ordine si costruisce con il consenso non con la punizione. L’illusione repressiva nega il valore civile della pedagogia, della persuasione, per ridurre tutto alla sequenza giudici, processi, carcere. Sempre più processi, sempre più carcere nell’illusione di avere più ordine. A volte sembriamo sospesi tra infantilismo politico e inciviltà del diritto”.

Questo vizietto però è tutto italico. Non ci sono solo i partiti di destra, Lega in testa, che pensano che tutti i mali sociali si possano risolvere con pene esemplari e con il carcere a gogò. Molto più facile è il punire che l’educare, specialmente nel sociale. Ma ingolfare le carceri e le aule di tribunale alla fine serve solo a che taluni soggetti, politici in particolare, possano ripetere il refrain: “i colpevoli sono stati puniti, assicurati alla giustizia”, senza però che niente in fatto di legalità sia veramente cambiato.

Dopo le vacanze estive il provvedimento dovrebbe essere ridiscusso alla Camera dove però “i casi caldi” da affrontare non sono pochi. A partire dalla riforma elettorale e dalla legge di bilancio che prevedibilmente tre mesi di lavoro del Parlamento se li prenderà. Stando così le cose, e ipotizzando che la legislatura potrà avere ancora sette o otto mesi di vita, sembra difficile che in così poco tempo il Codice possa essere varato. Anche perché molti interrogativi irrisolti al Senato dovranno essere approfonditi e votati alla Camera, come ha twittato il presidente del Partito democratico Matteo Orfini. 

C’è chi sostiene che la fretta di far passare a Palazzo Montecitorio il provvedimento sia dovuta al fatto che il Guardasigilli Orlando, proprio per la contrapposizione a Matteo Renzi, avesse bisogno di pubblicità nei confronti dell’opinione pubblica. Una medaglia d’appuntarsi sul petto, ben visibile agli occhi di un elettorato sempre più giustizialista. Ciò proprio nella fase in cui il Matteo gigliato qualche difficoltà l’ha con i big del suo partito. Che sul dibattito e sull’approvazione alla Camera del provvedimento abbia influito molto lo scontro interno al Pd lo sostiene anche il leghista Calderoli. In merito ai “pasticci” relativi alla copertura finanziaria del provvedimento Calderoli afferma che è una polpetta avvelenata dei renziani al ministro Orlando? E’ talmente marchiano che mi rifiuto di pensare ad un errore”.

Invece Rosy Bindi, presidente della commissione Antimafia, è “contenta che alcune tardive obiezioni siano state superate dalla volontà politica di non vanificare il lungo e approfondito lavoro fatto in questi tre anni. La riforma è attesa da troppo tempo, necessaria e nel complesso ben fatta”.

Affermava George Bernard Shaw che “nessuna domanda è più difficile di quella la cui risposta è ovvia”. Le domande difficili nel caso in questione sono proprio tante.

ELIA FIORILLO

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