A Benevento tutti gli alberi sono pini Ambiente

Bisogna partire da questo assioma (“Principio evidente senza bisogno di dimostrazione che si assume come base per un’ulteriore ricerca” - Grande Dizionario dell’Uso di Tullio De Mauro, vol. I pag. 462): a Benevento tutti gli alberi son pini, quindi particolarmente pericolosi al punto che, per la pace sociale, con una solenne deliberazione adottata all’unanimità, la Giunta comunale a marzo del 2020 ne decretò l’abbattimento. Per la verità si accanì solo su quelli di Viale degli Atlantici e della Pacevecchia, dimenticando (ignorando?) quelli di Via del Riposo Eterno.

Ricorrendo ad un termine entrato nell’uso da poco, che il citato De Mauro pubblica solo nell’appendice del 2003 (settimo volume della sua opera), il sindaco Mastella chiude la bocca di certi petulanti difensori dei pini imputandoli di “cialtronaggine”. Il Grande Dizionario della Lingua Italiana del Battaglia non conosce, nel 1971, questo termine, ma alla voce “cialtrone” dà questa definizione: “Persona volgare, subdola, vile, abietta, spregevole, capace di azioni malvage” - pag.106, volume III). Chiamando in causa la cialtronaggine, dunque, agli aizzatori della sobillazione contro il taglio dei pini il sindaco rivolge una pesante accusa morale.

Tutto nasce da una improvvida dichiarazione alla stampa della presidente della Commissione Ambiente di palazzo Mosti, tale Petrone, la quale, prendendo al volo la notizia sballata di un pino colpito da un fulmine a Roma, coglieva l’occasione per “allinearsi” alla vulgata municipale. Sennonché l’albero romano proprio pino non era, ma neanche colpevole di alcunché, perché l’agente patogeno nel caso di specie era stato un fulmine.

Due buontemponi (quali possono essere un titolare di cattedra alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II e un avvocato del Foro locale) hanno preso spunto da questa “svista” per aizzare le folle contro la Petrone. Certo chiedere le dimissioni per aver sbagliato albero è troppo; ma, se veramente a Roma fosse stato un pino a finire addosso a una signora, la Petrone avrebbe dovuto da sola capire che la causa dell’incidente non era stato il pino ma un fulmine, soggetto inafferrabile per i pur valorosi vigili urbani (della capitale, si capisce). Francesco Di Donato e Luca Coletta (questi i nomi dei buontemponi) hanno scritto, più o meno, che la Petrone non offre garanzia di affidamento. E’ un giudizio soggettivo, ma non offensivo.

Ricorrere alla “cialtronaggine” per rispondere alla lunga nota di Di Donato e Coletta significa, caro sindaco, che tutti e due (o uno sì e l’altro pure) sono persone volgari, subdole, vili, abiette, spregevoli, capaci di azioni malvage.

La Petrone merita comprensione. Ha fatto quello che chiunque altro della “eletta schiera” era pronto a fare. Sparare una ennesima cartuccia per ripartire dai famosi dodici pini di cui restano visibili i tronconi, mentre del pino n. 81 (della nuova numerazione, quella con il cartellino bianco), benché operando di notte, i vigili del fuoco si premurarono di fare scomparire ogni traccia.

Capisco che chi va al Comune immagina di avere a che fare con cementi e asfalti, perché il “fare” opere pubbliche dà più soddisfazione, ma avere una infarinatura di botanica (e, soprattutto assumere agronomi e paesaggisti) eviterebbe cadute di stile. Già che ci siamo, la commissione ambiente e la sua presidente si sono informate di quanto costa ai contribuenti il cantiere delle strisce rosse?

Nella foto i pini al Viale degli Atlantici “cantierati” con strisce biancorosse. In primissimo piano il “loculo” del pino n. 81.

MARIO PEDICINI