Il CDR di Casalduni è chiuso ma le ecoballe sono sempre lì Ambiente

Nei giorni scorsi mi è capitato di passare per la strada comunale che collega Fragneto Monforte a Casalduni e Campolattaro. In un tratto essa costeggia il famigerato CDR di Casalduni, che in realtà sorge proprio a ridosso della linea di confine con Fragneto Monforte, sul cocuzzolo di una collinetta detta Toppa Infocata. Prima il CDR ha appestato coi suoi miasmi le contrade circostanti, dal 2003 anno di insediamento, almeno fino al 2008, perchè il compattamento dei rifiuti avveniva senza nessuna predisposizione per l'abbattimento delle esalazioni, allegramente contaminando l'aria fino ad allora salubre di quelle amene campagne sannite.

Poi ha causato inquinamento anche indirettamente, per le lunghe file di camion, che trasportavano i rifiuti su quella salita funestamente nota di Zingara morta, lasciando una bella scia di puzza di rifiuti e di idrocarburi. Ancora ha devastato il paesaggio, sorgendo su una collinetta al centro di un vasto comprensorio, per cui è drammaticamente visibile da chilometri di distanza, malgrado una vernice verde tenti di camuffarlo e una cortina di alberi malaticci stenti a mascherarlo. Quel che più colpisce è lo stoccaggio dinanzi all'impianto e nello spazio di una cava che dista circa 2 km da esso delle cosiddette ecoballe: ammassi indistinti di rifiuti a forma di parallelepipedo avvolti da una pellicola di plastica che nelle intenzioni doveva evitare la fuoriuscita di percolato e odori. Sono migliaia, comprendono rifiuti di ogni tipo e di ogni dove, visto che qui si scaricavano anche i rifiuti del Napoletano per un bel po' di tempo, durante la crisi della munnezza in Campania del 2008.

Poi a furia di denunce, di raccolte di firme, di minacciati scioperi elettorali da parte dei vessati abitanti della zona, si cominciò a mandare ispettori al CDR e a pretendere l'installazione dei depuratori per l'abbattimento delle esalazioni. La situazione migliorò dal punto di vista olfattivo, ma rimanevano l'inquinamento acustico (di notte con un potente altoparlante, una specie di muezzin della munnezza impartiva ordini per i movimenti delle balle e dei camion); l'inquinamento luminoso (potentissimi fari illuminano a giorno il CDR e la cava dove sono stoccate le altre balle di rifiuti, impedendo ormai la vista del cielo e la contemplazione delle stelle, che hanno consolato le notti dei nostri contadini ed ispirato canti e poesie); inquinamento della falda freatica e di chissà cos'altro (lo scolo di sostanza dalle balle può contaminare l'acqua, inoltre non si sa cosa è andato a finire in quelle balle e soprattutto nelle fondazioni del CDR: testimoni raccontano di un traffico notturno di camion all'epoca della costruzione). Per le inadempienze, per la gestione inadeguata più volte chiuso dai magistrati e riaperto più volte, ha dato lavoro a pochi operai, costretti a sottoporsi ad una profilassi per evitare la nausea dovuta ai miasmi; costretti a stare a contatto con potentissimi insetticidi.

E oggi? Dopo le proteste sacrosante e inascoltate degli abitanti della zona, che giunsero ad incatenarsi per evitare lo scempio della loro terra; padri di famiglia, anziane signore strattonati e malmenati dai poliziotti mandati a reprimere le manifestazioni, oggi il CDR è chiuso. Si è ritornati a mettere i rifiuti nelle discariche che erano state abbandonate, altre sono state aperte, con altri scempi e nessuna iniziativa seria per diminuire la produzione di rifiuti o per educare la gente al riciclaggio e al riuso. Il CDR è chiuso, ma le balle sono lì, al sole e alla pioggia. Così qualche mattina fa, sono passata lì accanto con l'auto ed ho visto una scena che mi ha riempito di raccapriccio: sulla strada alcuni uccelli si sono levati in volo al passaggio della macchina. Un paio di essi erano neri, erano cornacchie di quelle che da almeno 15 anni sono diventati fauna delle nostre città, un paio erano bianchi e grandi.

Quando si sono sollevati ho potuto riconoscerli: erano due gabbiani. Gabbiani, capite? Quelli che vivevano sulle nostre coste e si nutrivano di pesce, ora trovano un habitat favorevole a Casalduni. Forse la vicina diga di Campolattaro fornisce l'acqua di cui hanno bisogno, mentre le ecoballe offrono cibo con poco sforzo, basta bucare coi forti becchi la plastica della pellicola, che le intemperie ed il sole già provvedono a lacerare. Inconsapevoli vittime del nostro dispregio per la natura, quei gabbiani non evocano le leggiadre immagini che hanno ispirato una delle più celebri poesie di Baudelaire: L'Albatros, ma solo un certo disgusto.

PAOLA CARUSO