Impossibile prevedere i terremoti, ma dobbiamo imparare a conviverci Ambiente

La “Sismicità recente dell’area Sannio-Matese”: questo il tema del seminario organizzato dal Dipartimento di Scienze e Tecnologia dell’Università degli Studi del Sannio, presso la Sala Rossa di Palazzo San Domenico, in Piazza Guerrazzi. I lavori sono stati presentati dal ricercatore geofisico Girolamo Milano, dell’Osservatorio Vesuviano, sezione di Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il più antico osservatorio vulcanologico del mondo, fondato nel 1841.

Lo studio e la relativa interpretazione dei dati sismologici hanno riguardato le strutture sismogeniche attive nell’area Sannio-Matese con particolare riferimento agli ultimi venti anni, la loro localizzazione e le sequenze sismiche di bassa energia, con magnitudo<4.1.

Milano, dopo una chiara ed ampia panoramica sulla natura dei terremoti, le loro cause ed i relativi effetti, ha illustrato, dati alla mano, che la fascia della dorsale appenninica che abbraccia il Sannio e il Matese è un’area ad elevato rischio sismico. La zona interessata, che si sviluppa dall’Abruzzo alla Basilicata, e tocca in diversi punti le città di Benevento, Campobasso ed Isernia è stata colpita in più occasioni da eventi distruttivi con intensità Mercalli >10° grado e sono stati intervallati da periodi di sospensione dell’attività sismica (quiescenza) che hanno anche superato i duecento anni.

Tra i sismi memorabili sono da annoverare quello del 1456 che ha interessato il napoletano (11° grado scala Mercalli), quello del 1688 con epicentro a Cerreto Sannita (11° grado scala Mercalli), ed il terzo nel 1805 nei pressi di Baranello (10° scala Mercalli). Negli ultimi venti anni l’area è stata colpita da terremoti di bassa magnitudo, di solito inferiore a 2,5 mentre, tra il 29 dicembre 2013 ed il 20 gennaio 2014 sono stati contati 141 eventi, tra cui una scossa di magnitudo 5.0, sei con magnitudo superiore al 3° grado della scala Richter, e l’ultimo di magnitudo 4.2.

Attraverso l’analisi di questa micro-sismicità del Sannio-Matese è possibile individuare le faglie sismogeniche attive e capire il loro meccanismo di rottura. In pratica è come se la zona tirrenica si stesse distanziando da quella adriatica determinando una specie di “allungamento” o “stiramento” della catena Appenninica in direzione Nord-Est Sud-Ovest.

In base alle attuali conoscenze della comunità scientifica non siamo ancora in grado di prevedere i terremoti, ma sarebbe molto utile imparare a conviverci. Possiamo, quindi, individuare le aree sismogeniche, mappare la sismicità storica e definire quali sono le zone più a rischio, in modo da poter attuare misure di prevenzione al fine di ridurre al minimo gli effetti dei terremoti. Ci sarebbe bisogno di un rafforzamento strutturale e del rispetto delle norme antisismiche aumentando la sicurezza dei cittadini, i quali, come sempre, devono subire tutti gli errori della classe politica.

In conclusione, Girolamo Milano ha dovuto constatare, a malincuore, che, se da un lato poche persone vogliono “sporcarsi le mani” con passione ed umiltà immergendosi a fondo nello studio e nell’analisi dei dati sismologici, dall’altro lato ci sono molti problemi che riguardano gli ormai noti rallentamenti burocratici, i malfunzionamenti delle stazioni sismografiche ed una scarsissima informazione dei cittadini a livello locale.

GIANLUCA MOSCATIELLO

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