Le risultanze dell'Arpac sulla moria di pesci nel Tammaro Ambiente

L’Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania ha reso noti gli esiti degli accertamenti conseguenti alle richieste dell’Associazione WWF Sannio e della Provincia di Benevento della fine di maggio.

Nei giorni precedenti, infatti, era stata segnalata una moria di pesci nel fiume a valle della diga di Campolattaro e ripresa anche da Il Mattino con l’articolo “Moria di pesci e incubo veleni nel fiume Tammaro”; successivamente, sembra si sia trattato di trote immesse a scopo “ricreativo”, ovvero per una gara di pesca sportiva.

Intanto si era accertato che Asea, a cui è affidata la gestione della diga e del corpo idrico, aveva ridotto il deflusso al fine di consentire un incremento del volume d'acqua invasata.

L’associazione, quindi, aveva chiesto di verificare con urgenza:

â–ª se la moria fosse dovuta al rilascio di sostanze inquinanti o tossiche a valle della diga o se eventualmente, dall’esame autoptico, risultino altre cause di morte dei pesci;
â–ª se la moria fosse dovuta ad inadeguati valori delle caratteristiche fisiche dell’acqua (scarsità di ossigeno, temperatura, ecc.) conseguenti alla variazione del flusso operato da Asea.

L’Arpac ha effettuato un sopralluogo e campionamenti, sia a valle della diga che presso il depuratore. Relativamente alle acque superficiali, sono risultati valori compatibili con una valutazione di “tossicità trascurabile”. Nelle acque reflue del depuratore è risultata invece la presenza di Escherichia coli in concentrazione superiore al corrispondente limite di legge e quindi da considerarsi non conforme, mentre il rapporto relativo alle analisi ecotossicologiche è risultato conforme.

Secondo Arpac, “l’alta temperatura dell’acqua, unita a livelli di trofia elevati, […] ha comportato la creazione di un habitat non idoneo alla vita di molte specie di pesci ed in particolare delle trote”. E inoltre: “Il Tammaro a valle della diga ha quindi acque assolutamente inidonee alla vita delle trote, delle rovelle dei vaironi, delle alborelle ecc. che sono pesci che vivono a quote più alte, dove la corrente è più forte, le acque sono più fredde e, soprattutto molto più ossigenate”.

Infine “la moria segnalata non trova spiegazione nelle analisi effettuale, potrebbe dipendere dalle specie immesse non idonee all’habitat come da un evento/sversamento accidentale di sostanze nocive non più presente a causa della capacità depurativa e di diluizione delle acque superficiali”.

A giudizio delle associazioni WWF Sannio e Italia Nostra sez. Matese Alto Tammaro, gli accertamenti Arpac confermano le ragioni dell’allarme sullo stato di salute del Tammaro. È evidente, infatti, che l’ambiente a valle è determinato dalla gestione dei flussi minimi vitali, che vanno garantiti dai gestori dell’invaso con parametri adeguati alle situazioni climatiche: il riferimento alle specie immesse può riguardare eventualmente le trote, ma non le specie “storicamente presenti nel bacino del Tammaro, come la rovella, l’alborella meridionale, la tinca, il triotto, il pesce gatto e l’anguilla”. Ma altrettanto preoccupanti sono i valori di inquinamento non conformi, tali da pregiudicare le caratteristiche sanitarie dei pesci a fronte di un utilizzo alimentare.

Preoccupa, infine, la conclusione che “la moria segnalata non trova spiegazione nelle analisi effettuate”. In assenza di compiuta individuazione delle cause, il fenomeno potrebbe dunque ripetersi. Se ne trae la conclusione che i vari attori coinvolti, Enti locali, Gestore dell’invaso, Provincia e Regione, debbano, coordinarsi opportunamente, mettendo in piedi un sistema di monitoraggio costante, a fronte dei vari rischi per la salute del Tammaro derivanti da acque reflue, lavorazioni potenzialmente inquinanti, ciclicità di eventi climatici ecc. Ciò rientra pienamente nel cosiddetto “Contratto di Lago” che appare sempre più vago nonostante risulti indifferibile, sia per la prevista potabilizzazione delle acque, che per la tutela del pregio naturale dell’area, che ha consentito la creazione dell’oasi WWF in continuità con l’istituendo Parco Nazionale del Matese.