Enrico Medi il Beato che conciliava scienza e fede Chiesa Cattolica

Il grande maestro del pensiero e della spiritualità, San Bonaventura, introducendo il lettore al suo Itinerarium mentis in Deum lo invita a rendersi conto che «non è sufficiente la lettura senza la compunzione, la conoscenza senza la devozione, la ricerca senza lo slancio della meraviglia, la prudenza senza la capacità di abbandonarsi alla gioia, l’attività disgiunta dalla religiosità, il sapere separato dalla carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio non sorretto dalla Grazia divina, la riflessione senza la sapienza ispirata da Dio».

Queste espressioni rappresentano come la sintesi del cuore unificato del prof. Enrico Medi credente, politico, scienziato e uomo di grande cultura, in una mirabile armonia tra fede e ragione. Unità interiore come frutto della sua concezione antropologica e della sua profonda spiritualità.

Enrico Medi nasce a Porto Recanati, in provincia di Macerata il 26 aprile 1911. A tre anni si trasferisce con la famiglia a Belvedere Ostrense, in provincia di Ancona e diocesi di Senigallia. Compie gli studi superiori a Roma, dove riceve una solida formazione cristiana e diventa uno dei fondatori della Lega Missionaria Studenti. Nel 1932 consegue la laurea in Fisica pura con Enrico Fermi ed è assistente di Antonino Lo Surdo fino al 1937, quando ottiene la libera docenza in fisica terrestre.

L’11 giugno 1938 sposa Enrica Zanini, laureata in Chimica e Farmacia: dalla loro unione nascono sei figlie. Nel 1942 vince la cattedra di Fisica sperimentale all’università di Palermo. Negli anni della seconda guerra mondiale, torna per un breve periodo a Belvedere e collabora con la Pontificia Opera di Assistenza. Nel 1946 viene eletto all’Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana e nel 1948 viene confermato al Parlamento.

Tre anni dopo diviene Presidente dell’Istituto di Geofisica e realizza pian piano una rete di Osservatori in tutta Italia. Chiamato nel 1952 alla cattedra di Fisica Terrestre all’Università di Roma, l’anno dopo rinuncia alla carriera politica per dedicarsi completamente alla scienza e all’apostolato. Dal 1958 al 1965 è vicepresidente dell’Euratom: tale carica gli permette di organizzare centri per la ricerca scientifica negli allora sei paesi della Comunità Europea, facendo varare la legge per la protezione dalle radiazioni nucleari. Nel 1965 si dimette per gravi motivi di coscienza. Nell’aprile del 1970 si ammala di tumore alla prostata. Muore a soli 63 anni il 26 maggio del 1974, nella sua casa di Roma.

La fase diocesana della sua causa di beatificazione, ottenuto il trasferimento della competenza dal Tribunale ecclesiastico del Vicariato di Roma, si è svolta dal 26 maggio 1995 al 26 settembre 2013 presso la diocesi di Senigallia. I resti mortali del professor Medi riposano presso il cimitero di Belvedere Ostrense, nella tomba di famiglia.

La completa e suggestiva potenza testimoniale di Enrico Medi può essere espressa con la splendida metafora del proemio dell’Enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II: «La fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della Verità». Un giorno uno studente universitario chiede a Enrico Medi: «Professore, c’è contrasto tra scienza e fede?».

Risponde: «E’ come se tu mi domandassi se c’è contrasto tra i piedi e la testa. I piedi camminano, la testa li guida sulla via da percorrere. I piedi sorreggono la testa e la testa guida nella luce il cammino tentennante dell’uomo».

Appassionato della ricerca scientifica, confessa: «Sono felice di essermi dedicato a questo settore per conoscere e ammirare queste meraviglie profuse da Dio nell’immensità del creato».

La sua vita è testimonianza coraggiosa della sua convinzione di fondo: «L’uomo non è fatto a cassetti: qui il fisico, là il religioso, il politico, il filosofo. L’uomo è uno ed ha delle cose una concezione unitaria: distinta, ordinata, ma armonica».

Armonia che per lo scienziato ha il suo fondamento nella fede che qualifica tutta la sua vita e le sue attività: «L’uomo diventa grande quando nella sua piccolezza raccoglie la grandezza dei cieli e lo splendore della terra e al Padre comune li offre in adorazione e in amore».

In Dio troviamo unità e armonia: «Nessun essere creato ha in se la completezza: ciascuno rappresenta e contiene un particolare e limitato modo di essere con peculiari caratteristiche che lo distinguono dagli altri. L’uomo ha una sua completezza di anima e di corpo, è una persona cosciente, operante ma la sua completezza non è totale. Egli è limitato, finito, tende, nella distinzione delle persone, nella diversità dei caratteri, a completare la propria natura e a dare origine ad una misteriosa unità. Unità in Dio che parla a noi con la voce del creato, della scienza e della rivelazione».

Medi crede in Dio, nella scienza e nell’uomo. Basta leggere i suoi scritti o ascoltare le registrazioni delle sue conferenze di insuperabile comunicatore per rimanerne entusiasticamente contagiati. Suscitò ammirazione anche in me la notte del 21 luglio 1969, quando l’astronauta Armstrong sbarcò sulla Luna e lo scienziato commentò con acume geniale lo storico evento. Decine di milioni di ascoltatori rimasero inchiodati alla televisione ad ascoltarlo. Gli scienziati della Nasa lo ammirarono senza fine. Il suo apostolato per la gloria di Dio rimane instancabile. Per natura egli è sopratutto un mistico.

Quando parla alle folle Enrico Medi si trasfigura, parla come se una voce interna parlasse ed egli trasmettesse. Qualcuno parla per lui dentro di lui. In quegli anni anche la città di Benevento ha potuto ascoltare la sua voce. L’incontro con Padre Pio da Pietrelcina segna una svolta radicale nella vita di Enrico Medi. Spesso il professore si trattiene alcuni giorni a San Giovanni Rotondo accanto allo stimmatizzato per godere del suo consiglio e del suo calore. E’ uno dei figli prediletti dello stimmatizzato sannita.

Medi scrive: «La Messa di Padre Pio era rivivere fisicamente tutta l’agonia del Getsemani, del Calvario, della crocefissione e della morte di Gesù». Tocca proprio a lui tenere un magistrale discorso per il cinquantesimo delle stimmate di Padre Pio il 22 settembre 1968, il giorno precedente la morte del Santo cappuccino.

E nel discorso rivolto ai pietrelcinesi durante la commemorazione di Padre Pio, in occasione della festa patronale della Madonna della Libera, il professore Medi, così scrive: «Beata tu, o Pietrelcina, perché hai visto nascere Padre Pio, perché nell’istante in cui l’uomo nasce, respira e viene a contatto con le prime molecole che entrano dentro i suoi polmoni e nella sua vita, e le prime molecole di quel paese lasciano in lui una traccia misteriosa, che noi diciamo una traccia genetica, in tutta la sua vita».

PASQUALE MARIA MAINOLFI