Quale federalismo a Benevento? Economia

Sull’agenda del prossimo inquilino di Palazzo Mosti, tra i primi nodi da sciogliere, ci sarà il “federalismo municipale”: come recuperare nuove risorse da destinare alla macchina comunale e ai servizi pubblici locali, alla luce del graduale restringimento dei trasferimenti erariali, sarà una delle arene su cui si giocherà il mandato elettorale. Muove ormai i primi passi la declinazione municipale del federalismo fiscale, nella speranza che quello disegnato dal D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 non si trasformi nell’ennesimo moloch della burocrazia.

Il periodo transitorio 2011-2013

A partire dal 2011 le leve fiscali a disposizione dei sindaci si moltiplicano. Alle casse comunali viene destinato, ad esempio, il 30% delle imposte catastali e ipotecarie, il gettito Irpef relativo ai redditi fondiari, il 30% dell’imposta applicata nelle vendite di immobili, e ancora il 21,7% della quota del gettito derivante dall’ormai celebre “cedolare secca” sugli affitti. È questa la Signora indiscussa del federalismo municipale, osannata da alcuni, biasimata da altri. Si tratta di un nuovo regime di tassazione dei contratti di locazione, limitato agli immobili ad uso abitativo, che prevede un’imposta sostitutiva del 21% (nel caso di canoni liberi) e del 19% (nel caso di contratti a canone concordato). In altri termini, il canone di affitto non si cumula agli altri redditi, ma subisce una tassazione sostitutiva, con un evidente vantaggio soprattutto per chi dispone di redditi medio-alti. La cedolare è facoltativa, può essere applicata a discrezione del proprietario, ma determina un risparmio anche per gli inquilini poiché “congela” il canone di affitto, che per la durata dell’opzione non può essere aggiornato su base Istat. A queste entrate si aggiungono la compartecipazione al gettito Iva, altra new entry per il bilancio comunale, e una quota pari al 75% delle sanzioni irrogate per gli “Immobili fantasma”, i cui importi sono stati quadruplicati dal 1° aprile 2011. Un incasso che per i Comuni sanniti può diventare un tesoretto, se si considera che in provincia di Benevento l’Agenzia del Territorio ha individuato 33mila edifici non dichiarati, sui quali stanno per scattare gli accertamenti: scade a fine aprile il termine per l’autodenuncia al catasto.

Vi è poi una “cassetta degli attrezzi” che può essere modulata dal singolo Comune per reperire ulteriori risorse, in cui figura la partecipazione alle attività di accertamento (art. 1, comma 1, D.L. 203/2005): il Comune segnala all’Agenzia delle Entrate potenziali evasori, individuati attraverso le consuete attività istituzionali, e riceve un compenso pari al 50% del riscosso per ogni segnalazione andata a segno. Benevento ha stipulato l’accordo anti-evasione nel giugno del 2009, ma per il momento l’esempio è stato seguito solo dal Comune di San Nicola Manfredi. E ancora, una vecchia conoscenza, l’imposta di scopo, che nel nuovo disegno federalista sarà estesa a nuove opere pubbliche e applicabile fino a dieci anni: una leva proficua, se ben utilizzata e soprattutto se spiegata opportunamente ai cittadini, evitando di farne nell’immaginario comune l’ennesimo balzello. Per finire, l’imposta di soggiorno, che riguarda solo Benevento in quanto Comune capoluogo di provincia e le città d’arte: un “obolo” su ogni pernottamento presso una struttura ricettiva, da applicare in proporzione al prezzo di soggiorno con un tetto massimo di 5 euro per notte. I proventi dell’imposta di soggiorno saranno destinati a finanziare interventi in materia di turismo e di manutenzione, fruizione e recupero di beni culturali e ambientali. Anche in questo caso, una fiche molto preziosa in mano al prossimo inquilino di Palazzo Mosti: se immaginiamo un’imposta media di due euro per notte e la applichiamo sui pernottamenti registrati in un anno a Benevento (60mila nel 2008), le casse comunali possono incamerare qualcosa come 120mila euro.

Uno sguardo al futuro

Dal 2014 nuova manna per i Comuni verrà dal Fondo perequativo, alimentato dagli stessi tributi che ora confluiscono nel fondo sperimentale di riequilibrio e dalla compartecipazione al gettito derivante dai trasferimenti immobiliari. Proprio sugli immobili si gioca un’altra partita decisiva, con l’istituzione dell’Imposta Municipale propria (IMU) e dell’Imposta municipale secondaria. La prima è pari allo 0,76% del valore dell’immobile, ma si applica solo sugli immobili diversi dalla “prima casa”; l’IMU sostituisce l’ICI e l’Irpef sugli immobili e la sua aliquota può essere variata fino a 0,3 punti percentuali. L’imposta municipale secondaria, invece, può essere istituita a discrezione del singolo Comune e va a sostituire gli attuali tributi per l’occupazione del suolo pubblico e per la pubblicità. Pierluigi De Rosa