Ancora un volume su Goffredo Coppola Enti

Il papiro di Dongo illustra la vita del filologo sannita fucilato con Mussolini E’ stato pubblicato recentemente un nuovo ed autorevole saggio sul filologo di Guardia Sanframondi Goffredo Coppola ad opera dell’illustre professor Luciano Canfora (Il papiro di Dongo, edizioni Adelphi, pagg.812, euro 32,00), che contribuisce a dare ulteriori e dettagliate informazioni sull’attività letteraria e politica di colui che fu indubbiamente uno dei più controversi intellettuali del fascismo, dimenticato per oltre sessant’anni. Le vicende legate alla riscoperta di questo illustre sannita sono complesse ed intricate quasi quanto la sua stessa vita e, prima di soffermarsi sul nuovo volume che lo riguarda, vale la pena accennarle: quando nel 2000, durante un colloquio con l’onorevole Roberto Costanzo, mi venne suggerito di compiere ricerche e studi su Goffredo Coppola, mi trovai di fronte ad un personaggio di grande importanza a livello nazionale sia nel settore politico che in quello letterario nel ventennio fascista: Coppola era un colto e valoroso docente universitario, papirologo, filologo, rettore dell’ateneo bolognese, successore di Giovanni Gentile alla presidenza dell’Istituto Italiano di Cultura, che chiuse la vita e la carriera con la tragica morte a Dongo al seguito di Mussolini ed altri gerarchi. Le prime ricerche bibliografiche mi fornirono solo pochi dati e cioè brevi profili scritti dagli storici sanniti Alfredo Zazo e Mario Rotili, una voce del Dizionario Biografico degli Italiani opera di Piero Treves e quasi null’altro. Recatomi a Bologna presso l’archivio dell’università ebbi modo di conoscere il professor Gian Paolo Brizzi che, con Federico Cinti è stato uno dei primi riscopritori di questo personaggio completamente obliato a causa della sua attività filofascista e della tragica morte, mentre qualcuno aveva addirittura cercato di cancellarlo dalla storia, opponendosi alla collocazione di un suo ritratto tra quelli dei rettori dell’ateneo bolognese. Le pubblicazioni di Brizzi e di Cinti ed i documenti d’archivio dell’università mi permisero di tracciarne un profilo biografico professionale abbastanza esauriente, mentre poco o nulla ero riuscito a sapere della sua vita privata. Visitando il piccolissimo loculo che custodisce i suoi resti al cimitero della Certosa a Bologna, riuscii avventurosamente a rintracciarne l’unica erede, la signora Rachele Olivieri Auriti, i cui dati erano in possesso della società concessionaria del servizio di lampade perpetue. Recatomi a Roma ebbi modo di conoscerla personalmente, ascoltai i suoi racconti sullo zio e grazie al suo aiuto ebbi modo di recuperare una fotografia degli anni giovanili nonché notizie sulla sua vita privata: Coppola non si era mai sposato, viveva tra i suoi libri ed antichi papiri e non aveva una casa poiché preferiva vivere in albergo e passava le sue giornate studiando e leggendo. Non appena ultimata, la biografia di questo illustre sannita dimenticato ma di grande importanza a livello nazionale, è stata pubblicata dall’editore Mursia di Milano (Goffredo Coppola, un intellettuale del fascismo fucilato a Dongo – di Andrea Jelardi, pp.197 euro 17,32). Nei giorni scorsi a questa pubblicazione che, grazie anche all’accorta opera di consulenza del dr. Maurizio Pagliano, ha inteso restituire a Goffredo Coppola la giusta dignità di filologo e ricercatore si è aggiunto Il papiro di Dongo, l’ultimo libro dell’insigne professor Luciano Canfora, ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari ed indubbiamente tra i più preparati studiosi italiani della materia, il quale ha riportato la figura di Goffredo Coppola all’attenzione del mondo scientifico ed accademico ed anche l’autorevole «Corriere della Sera», ha dedicato al volume un’intera pagina, così come il settimanale «Panorama» che parla del filologo sannita come il primo dei «Riabilitati di destra, grazie alla sinistra». L’ampia e documentata ricerca del professor Canfora prende come spunto la vicenda del papiro di Abu Teir, scoperto da una spedizione italiana in Egitto all’inizio degli anni Trenta e poi arrivato a Coppola in curatela. Di qui inizia un affascinante racconto che analizza i profili biografici e scientifici dello stesso Coppola e di alcuni importanti studiosi del suo entourage tra cui Alberto Graziani, Medea Norsa, Girolamo Vitelli, ed affronta inoltre gli aspetti più contrastanti del mondo accademico italiano durante il ventennio fascista quando, come scrive lo stesso Canfora, «i docenti universitari erano tutti dalla parte del fascismo, ma a differenza di Coppola agirono con ipocrisia». Dalla minuziosa indagine del professor Canfora viene fuori un ritratto duplice di Goffredo Coppola, definito da un lato come uno dei maggiori grecisti del Novecento, studioso brillante e precoce, ma dall’altro legato a parecchie scomode vicende politiche dei suoi tempi che lo videro tra l’altro convinto sostenitore delle leggi razziali ed anche incondizionatamente filo-tedesco al punto da collaborare con i servizi segreti delle SS. Proprio questa doppia personalità di Goffredo Coppola è stata la causa di una sua altrettanto duplice cancellazione post-mortem, sia da parte del mondo accademico che lo disprezzava per le sua attività politica e sia ad opera dei suoi compagni politici che ne conoscevano chiaramente non solo i pregi, ma anche limiti ed errori. Il maggior merito del grecista Luciano Canfora, nella sua autorevolezza di studioso, è quindi nell’aver compiuto minuziose ricerche d’archivio e soprattutto di aver restituito a Coppola i suoi indiscussi meriti nel campo scientifico e filologico, pur analizzando separatamente gli aspetti più cupi della sua attività politica. Così facendo egli, che «Panorama» definisce «un genio comunista», ha dato un’importante lezione critica e di dignità a quanti fino ad oggi non sono riusciti a scindere e distinguere le valutazioni storiche e filologiche da quelle politiche con il risultato di aver spesso prodotto una storiografia che devia ed inficia i meriti e le colpe dei protagonisti e spesso invalida anche la semplice cronaca dei fatti. Alla luce di tutto questo sarebbe forse arrivato il momento di prendere in considerazione l’idea di ricordare Goffredo Coppola in maniera tangibile nella terra che gli diede i natali, magari dedicandogli una strada, una biblioteca o quant’altro possa essere utile ad additarlo alle giovani generazioni come esempio di studioso e di intellettuale fedele e coerente, capace di affrontare la morte con dignità e come ultima prova di sacrificio per un’idea che, seppure ricca di luci, ombre e contrasti, caratterizzò vent’anni di storia e di vita italiana e pertanto non può essere superficialmente ignorata. ANDREA JELARDI