Le avventure di Pinocchio in dialetto Enti

L’autore, il prof. Michelangelo Pizzi, ha già pubblicato altre opere in dialetto

Per riattualizzare le grandi sfide educative ed incrementare la corposa bibliografia, rappresentata da oltre 260 testi nelle diverse lingue e nei variegati dialetti, il prof. Michelangelo Pizzi, già docente nella Scuola Secondaria di 1° grado, ha pubblicato la sua ultima fatica letteraria, nel mese di agosto del corrente anno, dal titolo: “PINOCCHIO”. La storia del burattino più noto al mondo, realizzato nella bottega di Geppetto, appare nell’orizzonte culturale come una nuova tessera nel mosaico dei saperi di San Bartolomeo in Galdo, paese agli estremi confini del Sannio, per la sua originale traduzione degli idiomi in dialetto locale.

L’autore, attratto dalla figura senza tempo di Pinocchio, ha dato alle stampe la sua opera non solo per le future generazioni del suo territorio, ma per far breccia nella varietà lessicale che costituisce

l’approccio alla lettura di un testo classico della cosiddetta letteratura per ragazzi e per riscoprire l’emergenza dell’istruzione della vita di Pinocchio, cogliendo gli aspetti prismatici dell’esperienza universale di diventare grandi.

La lettura, con i lemmi sambortolmeani, aiuta i fanciulli e i ragazzi a riflettere, che le grandi aspirazioni della vita non sono lastricati dalla strada facile del successo, dall’abbandonare la scuola per recarsi nel paese dei balocchi, ma il costante impegno ed i sacrifici proiettano il bambino nel mondo degli adulti, per progettare il futuro della società.

Il prof. Pizzi non è nuovo a lavori di questo genere perché ha curato la grammatica del suo paese d’origine, realizzato il vocabolario dialettale, detti e motti del luogo, tradotto il Vangelo di Luca, in lingua sanbartolomeana, i Promessi sposi a fumetti ed in vernacolo.

Scorrendo i capitoli del testo e soffermandosi alla struttura del racconto, il lettore rimane colpito dalla traduzione dei personaggi che ruotano intorno a Pinocchio. Il protagonista assume la denominazione di “Pinòcchië”, “Geppetto” è scritto “Pëppënéllë”, “Mastro Ciliegia” viene riportato come “Mästrë Cëràsë”, la “Fata dai capelli turchini” è citata così “A Fätëllë chi capillë turchinë”, “La lumaca” è chiamata “’A Ciammäruchë, “Il Grillo Parlante” viene presentato al lettore con il nome “U Rillë Parläntë”.

L’autore nella presentazione mette in evidenza le caratteristiche dello scugnizzo partenopeo con la figura di Pinocchio, che nel libro è descritto come uno scansafatiche, un monello pronto a pentirsi per i gesti compiuti. Egli scrive: “Continuamente riceve ammonimenti e consigli ricchi di buonsenso e di saggezza, che comunque lo lasciano sempre arbitro delle sue azioni, libero nella scelta della strada da seguire nel bene e ne male”. Il Prof. Pizzi, inoltre, aggiunge:”Con la sua esperienza di vita, Pinocchio conosce la generosità e il perdono, e, facendo tesoro dei suoi errori, alla fine riesce a trasformarsi in “un ragazzino perbene”. La storia di Pinocchio è stata tradotta in tutte le lingue, e l’autore ha affrontato l’ardua impresa di tradurla, nella “lingua sambartolomeana”.

La pubblicazione è stata stampata dalla Diaconia Grafica & Stampa in S. Maria a Vico (CE).

NICOLA MASTROCINQUE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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