Esaltare l'Arco di Traiano In primo piano
Anni fa c’è stato qualcuno (nome e cognome Paolo Rumiz, giornalista di Repubblica) che si è messo in testa di andare a vedere in che condizioni si trovano le due versioni dell’Appia, la famosa strada romana. Si fece accompagnare da Riccardo Carnovalini, “cercatore di vie”. Ne uscì un libro, stampato da Feltrinelli nel 2016.
La stessa cosa, utilizzando oltre alle scarpe una bicicletta, avevano fatto (circa cent’anni prima) due inglesi: Thomas Ashby e il fotografo Robert Gardner. Un bel volume fu realizzato nel 2016 con il contributo della Regione Campania.
La popolarità arriva con Topolino che prende al volo addirittura l’Arco di Traiano di Benevento per aggiornare le proprie gesta.
Poi a qualcun altro viene in mente di ottenere la benedizione dell’UNESCO. Halleluia! Con l’acqua santa dell’UNESCO si uniscono sacerdoti di tutte le religioni (anche di nessuna). Feltrinelli registra presso il Ministero dei Beni Culturali il “sigillo alfabetico” (da un disegno di Pietro Porto) come quello del Camino di Santiago de Compostela. Lì c’è la conchiglia, qui c’è una saldatura delle cinque lettere di Appia, che ha lo stesso valore della conchiglia…solo che bisogna usarla e metterla in circolazione.
L’Appia è una delle più antiche strade romane, collegava Roma al porto di Brindisi, l’apertura verso la Grecia e l’Asia Minore. Traiano volle un tracciato più agevole per il movimento delle truppe e delle merci. L’imperatore era spagnolo e poteva contare su ingegneri e maestranza molto preparate per la realizzazione di ponti per superare i corsi d’acqua. Il primo ponte traianeo a Benevento è il Ponte Valentino, oggi affogato dai capannoni dell’Area di Sviluppo Industriale. Altri dicono il ponticello di…Ponticelli (genitivo o plurale?).
Tutti sanno che l’arco trionfale che si trova a Benevento fu realizzato per onorare l’imperatore che aveva aperto la nuova strada, per arrivare a Brindisi senza i faticosi saliscendi della vecchia Appia..
Benevento ha, dunque, il privilegio di vedere passare la prima Appia (vestigia somma è il ponte Leproso sul fiume Sabato, a pochi passi dalla confluenza nel Calore), che verso il Sud-est andava poi per Mirabella Eclano (Quintodecimo miglio), Venosa eccetera… E’ famoso il racconto del venusiano Orazio della sosta a Benevento con amici costretti a tagliare la corda per l’incendio della taberna (ecco spiegato il nome della Taverna di Orazio dell’altrettanto famoso (?) Ciunnazzo, a due passi dall’Arco).
Chi abbia frequentato le attività del Centro Studi del Sannio si sarà ricordato che Egnatia, la località del vertice politico da poco escogitato da Giorgia Meloni, fu scelta dal sodalizio beneventano nel 2017 per andare a vedere alcuni tratti della Via Appia Traianea venuti alla luce per effetto di non difficili scavi (la pavimentazione dell’antica strada romana si trova a meno di un metro sotto la copertura di terreni agricoli).
Con tutto il rispetto per Egnatia, il testimone più significativo del “racconto” dell’Appia è (fuori di ogni discussione) l’Arco di Benevento. I benefici auspicati dalla bollatura dell’Unesco devono, quindi, confluire su Benevento,
Ma l’Arco di Traiano, com’è oggi, è un atto di accusa alla città. Non siamo stati capaci di sottarlo alla funzione di spartimento di traffico per le ansimanti vetture provenienti da San Pasquale e i frettolosi cittadini sempre convinti che per andare alla stazione bisogna passare da viale Mellusi, viale dei rettori e via del pomerio, il ponte ex Vanvitelli… C’è una viabilità progettata e realizzata per il 90 per cento dopo il terremoto del’80, ma (anche causa di inefficiente segnaletica) non ha “alleggerito” le strade lungo la cinta muraria altomedievale.
Bisogna assolutamente liberare l’Arco da ogni traccia di automobili e autobus e motorette. E’ possibile ricavare un’area, da adibire a scavi e osservazioni archeologiche che porti alla chiusura (smantellamento) di Via del Pomerio da Via 3 settembre, di viale dei Rettori dall’incrocio con via Pertini e di via San Pasquale fino all’incrocio con Via Tiengo.
Anziché insabbiare, bisogna portare alla luce i resti di strade e murature in parte scoperti al tempo del restauro dell’Arco sottostanti al tappetino verde e al novello tappezzamento di basoli vesuviani riadattati.
Si tratta di completare un’area archeologica che faccia da contesto dell’Arco, riannodando tratti urbani facendone itinerari continui (piazza piano di Corte, Arco, via 3 settembre, area retrostante Liceo Artistico e di fronte Cupa Santa Lucia i Fossi fino alle mura oggi nomate longobarde).E’ indispensabile che Benevento reclami una sede propria per le Sovrintendenze di competenza di tutte le vicende storiche che si sono svolte sul nostro territorio, le cui testimonianze stanno sotto i nostri piedi.
E se si deve andare sul commerciale, chi aspettiamo ad utilizzare e a diffondere il Cammino di Benevento e il logo di Appia, primo fratello della conchiglia di Santiago?
MARIO PEDICINI