Cinema e divano: vince la serie tv Società
Le serie tv sono il nuovo cinema. O almeno, così dicono molti. In verità, il cinema è in crisi nera da quando, in seguito al primo lockdown nel 2020, gli spettatori hanno scoperto che è molto più comodo guardare film dal divano di casa, magari in streaming su uno dei tanti network (a pagamento) che offrono un vasto catalogo di pellicole vecchie e nuove. Il numero delle sale cinematografiche si sta pian piano riducendo ed i film che realizzano incassi record sono casi rari, come Barbie la scorsa estate o i film di supereroi (in pratica, ne esce uno quasi ogni mese).
In parallelo col declino del cinema, le serie tv stanno invece vivendo un periodo d’oro. Alcuni sono arrivati addirittura a definirle “cinema dilatato”, nel senso che una serie tv di qualità è a tutti gli effetti un film molto lungo. Ed è difficile obiettare, davanti a prodotti creati per il mercato casalingo (considerando sia i canali televisivi tradizionali che le serie in streaming) che vantano divi di Hollywood nel cast e budget faraonici. Per fare un esempio, una delle serie più viste di sempre, Il trono di spade, ha un costo medio di un milione di dollari ad episodio.
Le serie tv esistono da quando esiste la televisione, sembra lapalissiano ma è così. Eppure in principio tra cinema e telefilm esisteva una differenza netta. La serialità televisiva era incentrata sulla ripetizione. Se guardiamo un vecchio telefilm, dai polizieschi come Colombo, Kojak o l’ispettore Derrick, ai western come Bonanza, fino alle serie di fantascienza, come la mitica prima serie di Star Trek, possiamo notare che ogni episodio è una storia a sé stante. Potremmo tranquillamente guardare una puntata a caso, senza aver mai visto la serie, e ci troveremmo davanti ad una trama facilmente godibile. Potremmo addirittura guardare gli episodi in ordine sparso, ciò non creerebbe alcuna difficoltà di comprensione.
Al contrario, le serie tv odierne hanno uno svolgimento lineare: ogni episodio è la diretta prosecuzione del precedente. Non è possibile guardare una puntata a caso, sarebbe a tutti gli effetti come entrare in un cinema quando il film è già iniziato da un’ora. Queste serie vanno seguite rigorosamente in ordine cronologico, perché appunto l’intreccio ha inizio con il primo episodio e prosegue per tutta la durata della serie, indipendentemente dal numero di episodi o di stagioni da cui è composta.
È possibile individuare con precisione il momento esatto in cui è avvenuta la trasformazione dei telefilm: il 1990, anno in cui il canale statunitense ABC trasmise I segreti di Twin Peaks. Realizzata dal visionario regista David Lynch, questa serie rappresenta un netto punto di demarcazione nella storia della tv. I meno giovani ricorderanno certamente la trama, per sommi capi: in una tranquilla cittadina americana, uno di quei posti dove tutti si conoscono e non succede mai nulla d’insolito, viene ritrovato il cadavere di una diciassettenne. Un agente dell’FBI si reca sul posto per indagare e finisce con lo scoprire parecchi altarini. Tutto il mondo rimase incantato a domandarsi “chi ha ucciso Laura Palmer?”. E da allora le serie non sono più state le stesse.
Twin Peaks era un giallo, con un omicidio, un detective ed un colpevole da trovare. Ma non aveva il limite temporale di un paio d’ore circa, quindi l’intreccio poteva coinvolgere un gran numero di personaggi ed un susseguirsi di colpi di scena. Ed è in questo modo che funzionano le serie tv di successo nell’epoca dello streaming. Che siano americane, spagnole, coreane, gli elementi che le accomunano sono l’approfondita caratterizzazione dei personaggi, molti personaggi, cosa che richiede del tempo; e poi i continui colpi di scena, anche qui resi credibili dal fatto che avvengono in un lasso temporale più ampio di quello che consentirebbe un film. In ultimo, il fatto che queste serie non vengano trasmesse da un canale televisivo in un orario prestabilito, ma siano disponibili in streaming, consente al pubblico di scegliere come e quando fruirne. C’è chi guarda un episodio alla volta e chi invece preferisce divorarne tanti tutti di fila.
Non c’è che dire: il caro vecchio cinema si trova di fronte ad un caso di concorrenza sleale.
CARLO DELASSO