E lo chiamano lavoro Società
“Gelsomi’, ben tornata!” Salutiamo la nostra lavascale reduce dagli Stati Uniti dove era andata a trovare la sorella lì impiantata da oltre vent’anni.
“Grazie cavalie’, ben trovato!...Avete sentito la mia mancanza eh!? E si vede” indicando qualche cicca di sigaretta che occhieggia alla base del primo gradino, dove i fumatori bene educati hanno schiacciato sotto i piedi le sigarette per non arrecare danno alla salute dei condomini.
“Gelsomi’,” chiediamo “ti è piaciuto il soggiorno nella “Grande mela”?”
“Cavalie’, io lì non ci sono stata, sono stata nell’Amereca. Ho “socciornato” a Brukolin dove mia sorella, la sister si dice in americano, fa le pizze meglio che a Napoli, anche se invece della mozzarella ci mette le sottilette che nell’Amereca sono un poco più massiccie che da noi. Loro del resto tengono tutto più grande, a partire dalle case che lì si chiamano grattacieli...”.
“Bene, Gelsomi’!”. E, stanchi di ascoltare le... facezie della brava donna, cerchiamo di sgattaiolare “Ti auguro di riabituarti presto alle piccole cose italiane e ti lascio al tuo lavoro...”.
Ma la nostra interlocutrice ha ancora tanta voglia di parlare. “Dentro Brukolin, ma anche in tutta l’Usa, come vi dicevo, tutto è grande. Ora anche la disoccupazione...
A proposito, a Benevento c’è ancora qualcuno senza lavoro? Oppure c’è ancora chi si arrangia magari facendo il precario?... Cavalie’, e voglio augurarmi che non ci sia qualcuno che lavora senza essere assicurato! Nell’Amereca non ci sono queste cose. La gente o lavora o va a fare l’indignatos sotto la Casa bianca che sarebbe l’ufficio di Obama che è quello che in Italia si chiama Napolitano. A proposito del nostro Capo dello Stato, ho saputo che il Quirinale ha inviato a Barletta, per i funerali delle povere quattro operaie, nonché della bambina, uccise sotto il crollo del palazzo dove avevano trovato un lavoro sottocosto con una paga da fame, in un sottoscala l’una addosso all’altra... La gente piange. E, roba da non credersi, si lamenta anche l’operaia sopravvissuta: “Sì! La paga era scarsa.... non eravamo assicurate.... ma ora dove lo trovo un altro lavoro?...”.
“Il nostro grande Presidente della Repubblica” continua Gelsomina “ ha espresso commosse parole per le vittime, che lavoravano per pochi soldi e senza essere assicurate, ed ha mandato a Barletta una ricca corona di fiori. Vuoi vedere che il Napolitano non si limiterà ai soli fiori ma farà anche opere di bene, dando alla cucitrice salvatasi dalle macerie un posto di lavoro dignitoso. E vuoi vedere che manda anche a controllare in tutti maglifici, non solo di Barletta, se tutte le lavoranti godono di un lavoro in un posto dignitoso, ben remunerato e soprattutto con tanto di contratto?”.
“Gelsomi’,” le rispondiamo con un’occhiataccia “ può anche verificarsi che non siano assicurate al massimo le nostre lavoratrici assembranti camicie e magliette, ma in tempi di magra occupazionale un posto di lavoro, anche se a guadagno ridotto, va sempre apprezzato”.
“Cavalie’”, Gelsomina ribatte guardandoci con occhi da spiritata “vergognatevi di pensarla così!”.
“Cara la mia Gelsomina,” cerchiamo di difendere il nostro punto di vista “mica pretenderai di far lavorare tutti gli operai in ariosi e soleggiati padiglioni, con contratti principeschi di lavoro?!”.
Gelsomina sbarra la bocca. Ci prepariamo a sentire più di una contumelia. Ma la nostra inviperita interlocutrice non spizzica parola alcuna. Si limita, aiutandosi con le mani, a propinarci una sonora, prolungata pernacchia.
CLEMENTE CASSESE