I dettagli dell'idea città Società

La Giunta comunale ha approvato il Piano Urbanistico Comunale (PUC), più o meno quello che una volta si chiamava Piano Regolatore Generale. Buona parte della Benevento novecentesca ruota attorno al Piano Regolatore redatto da Luigi Piccinato nel 1938. Lo stesso Piccinato, urbanista di fama internazionale, fu chiamato vent'anni dopo (sindaco Mario Rotili) per un Piano che non ebbe mai definitiva approvazione.

Il Piano Regolatore varata nel 1970 dal commissario prefettizio Alfonso Ferrara, ancorché redatto dagli architetti D'Ambrosio e Favella (uno targato DC, l'altro targato PSI), ricalca gli schemi di Piccinato. Ciò che del Piano D'Ambrosio-Falvella è stato interpretato è visibile nello spostamento della circumvallazione e nella progettazione degli assi interquartiere, oltre che nella creazione del nuovo quartiere Pacevecchia e nell'ampliamento di Capodimonte. La visione di città è rimasta quella ottocentesca, con una separazione abbastanza netta delle aree destinate ai servizi della città (burocrazie comunali, uffici statali, scuole, ospedali) rispetto alle aree a destinazione produttiva e commerciale. Del tutto estranee, poi, le aree destinate alla residenzialità umana.

Il piano del 1970 cede, poi, ad una concezione prevalentemente automobilistica della funzione delle strade, dimenticando totalmente le funzioni più propriamente umane dell'uomo-pedone. Strade, quindi, talvolta senza adeguati spazi di sosta; ma passerelle pedonali, spazi verdi, parchi e giardini quasi niente.

La discussione che abbiamo iniziato su Realtà Sannita vuole essere un contributo al dibattito che il sindaco Fausto Pepe ha auspicato (e che il Comune deve impegnarsi a promuovere allargando quanto più è possibile il novero degli interlocutori), poiché l'approvazione del PUC ad opera del Consiglio Comunale deve essere il punto terminale di un percorso di autentica e feconda partecipazione democratica.

Mentre invitiamo i lettori ad intervenire con osservazioni e proposte, mi permetto di riepilogare alcune idee che negli anni ho esposto su questo giornale. Il quadro generale della città che mi piacerebbe vedere realizzata può essere vista come un grande puzzle. Qui mi permetto di gettare sul tavolo qualche piccolo pezzo.

I fiumi

Devono essere la rappresentazione della ragione geografica dell'esistenza di Benevento. Oggi, quindi, vanno integrati organicamente nella struttura funzionale ed estetica della città. La trama delle acque deve riemergere anche quando qualche sconsiderata manovra (come l'interramento del canale Morra) ha fatto credere che la cementificazione genera maggiori comodità. I lungofiume devono sicuramente essere progettati per gli spostamenti su mezzi meccanici, ma vanno eliminate tutte le barriere che anche simbolicamente fanno oggi dei fiumi solo dei canali di scolo ai quali il cittadino non si degna neanche di uno sguardo. I fiumi come giardini, come luogo di passeggio, come risorsa ambientale sono una cosa completamente diversa da quello che concepisce chi periodicamente manda nel letto del Calore e del Sabato i bulldozer.

La ferrovia

Benevento è nodo cruciale del sistema ferroviario. Auspicando una riqualificazione della trasversale Salerno-Avellino-Benevento-Campobasso-Termoli (dando per scontato l'ammodernamento della Bari-Benevento-Napoli e della Benevento-Cancello), è necessario interrogarsi se vale la pena di approfondire uno studio di una metropolitana. Ma la stazione centrale va totalmente ripensata. Ripropongo l'idea di spostare l'edificio-stazione (inteso come luogo di una complessa logistica che comprende spedizionieri, uffici, ristoranti, banche, stazione dei bus urbani ed extraurbani, oltre agli uffici più propriamente destinati alla gestione del servizio ferroviario), uscendo da piazza Colonna e andando su via Muro della Caccia. In altri termini la stazione centrale di Benevento si verrebbe a trovare su una grande piazza corrispondente alla attuale rotonda dei Pentri. E, detto tra parentesi, io non toccherei il monumento a San Pio.

Liberando piazza Colonna dalla sua attuale funzione, che oggi consiste nella sosta dei bus urbani e dei taxi, se ne potrebbe fare l'elegante punto di attacco del viale Principe di Napoli verso la città.

Le porte di bronzo

I lavori in corso nella Cattedrale hanno messo in evidenza utto quello che c'è sotto. Fosse per me, lascerei tutto l'attuale edificio e le emergenze archeologiche in un unico ambiente dedicato a museo e luogo di studio e penserei ad una nuova Cattedrale: una fabbrica modernamente ambiziosa, degna di sfidare i secoli, a rappresentare una delle più antiche diocesi della Chiesa cattolica. So che si alzerà il livello del pavimento e, sotto, si aprirà un percorso museale, con apertura da Via Carlo Torre. Si dovranno fare lavori di raccordo tra l'attuale ingresso della chiesa e il successivo piano del pavimento.

Ripropongo, sperando di avere maggior seguito, l'idea che le porte di bronzo devono essere collocate là dove sono rimaste per otto secoli: cioè dalla data di costruzione fino all'11 settembre del 1943. La straordinaria importanza artistica e culturale di quelle porte non può essere sottratta alla visibilità e alla contemplazione degli uomini. La sua attuale collocazione, all'ombra, rappresenta un infelice ibrido: non è né museo, né reliquia. Torni la janua major di una volta, su un sagrato che l'amministrazione comunale sta già studiando per dare più razionale funzionalità e decoro a ciò che la Cattedrale rappresenta nella storia e nelle ormai sempre più sfrangiate memorie della tradizione popolare.

Parchi pubblici

La città ottocentesca concepì la villa comunale. La città del ventunesimo secolo deve creare parchi e giardini a servizio dei nuovi rioni. La rigenerazione dell'ossigeno nell'aria e l'abbattimento delle polveri sottili non possono essere affidate ai palliativi delle targhe alterne o delle mezze domeniche a piedi. Ci sono molti spazi incolti, tra l'uno e l'altro agglomerato edilizio. Si progetti e si mettano a dimora piante.

Monumenti

Non c'è la moda dei monumenti, intesi come manufatti artistici di abbellimento urbano. A partire da una piazza Colonna ipensata per finire a piazza IV novembre, si possono posare monumenti che abbiano una reale funzione di crasi/collegamento. Si pensi a piazza IV novembre, la cui attuale funzione è, a dir poco, incerta. Mettere lì un qualcosa che faccia da quinta al nuovo Corso Garibaldi (Ottocento) e, contemporaneamente, apra verso il Viale degli Atlantici (Novecento) può generare uno spiraglio ispiratore per una concezione diversa di tutta l'area che gira attorno allo squallore della spianata (detta impropriamente piazza) Risorgimento.

Via Perasso a giardino

E termino, per adesso, con la riproposizione di un'altra idea già manifestata. La chiusura al traffico di Via Perasso e la sua trasformazione in ghiardino, chiudendola con una quinta su piazza Risorgimento, all'altezza degli edifici dell'ex INAM e dell'ex INAIL. Si può pensare ad un unico spazio verde che inglobi il President Hotel. Allora sì che i tavolini dei bar avrebbero un senso e una cifra di civiltà. Non credo che sorseggiare il caffè o una bibita in mezzo al traffico rappresenti un esempio di intelligenza, di cultura, di buonsenso.

Continuerò con qualche altra idea, convinto che modificare per migliorare si può.

MARIO PEDICINI

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