Il rossetto: una storia millenaria e affascinante! Società

Scorre morbidamente sulle labbra vestendole di fascino e seduzione, è il cosmetico più amato, più iconico e più usato di tutti i tempi e la sua storia millenaria sembra una favola: stiamo parlando di “Sua Maestà il Rossetto”, protagonista assoluto della bellezza, essenza stessa del makeup e prodotto must di ogni linea trucco.

Il rossetto ha la particolarità di esaltare una zona erogena del nostro corpo: la bocca, luogo di baci e di sospiri, di parole e di respiri, insomma, la nostra parte intima più esposta alla visibilità, uno dei dettagli più sensuali del corpo umano, con uno spiccato potere di attrazione.

Secondo uno studio inglese condotto dall’Università di Manchester, le labbra sono la prima cosa che un uomo guarda sul volto di una donna.

Nei 10 secondi che seguono il primo incontro, l’uomo trascorre la maggior parte del tempo concentrato sulla bocca.

Se poi lei indossa un rossetto sarà impossibile che lui si distragga guardando altrove e se il rossetto è rosso il suo sguardo rimarrà incollato per una media di 7,3 secondi.

UN PO’ DI STORIA

Oggigiorno il rossetto è declinato in innumerevoli sfumature di colore, suddivise per texture e sottotoni diversi, ma all’inizio l’imperativo era uno solo: le labbra dovevano avere il colore del sangue e del fuoco, per inebriare di passione il partner…

In principio, dunque, fu solo ed esclusivamente rosso e fonti storiche - supportate da alcuni reperti - ci svelano come già le donne babilonesi ricavassero dalle pietre preziose le polveri per tingere le labbra.

La prima traccia documentaria risale, però, al 2800 a.C., all’epoca dei Sumeri.

Nella tomba della regina Pu-Abi, conosciuta in lingua sumera come Shubad, sovrana della città di Ur, fu rinvenuta una piccola scatola d’oro contenente una pasta creata con un miscuglio di polvere rossa, olio di sesamo ed essenza di rosa, a corredo di ciò, poi, anche un pennellino per l’applicazione del composto.

Il popolo dell’antico Egitto fece largo uso del rossetto, ovvero una pasta cosmetica ottenuta dalla macerazione di formiche e coleotteri, e regine come Cleopatra e Nefertiti amavano moltissimo questo cosmetico che le faceva apparire ancora più seducenti.

Nella Roma antica, invece, il “Purpurissum” veniva ricavato dal solfato di mercurio, ma anche dalla feccia del vino.

Proibito nel Medioevo in quanto associato al demonio e alla “vanitas”, il rossetto conobbe un revival nell’epoca barocca.

Nel 1840 l’azienda francese Guerlain iniziò a produrlo ufficialmente e questo fu un momento davvero importante per la storia del rossetto, perché lo rese alla portata di tutti, il rossetto veniva confezionato e venduto avvolto da carta colorata o in piccoli vasetti.

Ma fu solo nel 1915 che nacque il primo lipstick, vale a dire, il rossetto in forma cilindrica custodito in un contenitore metallico della stessa fattezza: la genialata si deve all’ingegnere francese Maurice Levy che aveva dotato il contenitore anche di una piccola leva laterale per permettere al prodotto di fuoriuscire.

Qualche anno più tardi, nel 1923, l’americano James Bruce Mason Jr. di Nashville (Tennessee) brevettò il primo tubo avvitato - come quello che siamo abituati ad utilizzare oggi - lo chiamò un “articolo da toilette” e scrisse che si riferiva a “dispositivi per contenere articoli come rossetti che si consumano durante il loro uso”, mentre il rossetto si esauriva, infatti, l’utente ruotava una testa di vite decorativa alla base del tubo.

Grazie a questa facilità di utilizzo, il rossetto diventò un oggetto molto popolare tra le giovani donne americane ed europee e la sua ascesa - con una pausa durante la Seconda Guerra Mondiale - non si è più arrestata.

Formulisticamente parlando, ai giorni nostri l’ultima evoluzione di questo prezioso cosmetico è quella ecobio: il rossetto non ci deve solo abbellire, ma deve essere attento anche alla nostra salute, passare all’ecobio, infatti, significa abbracciare un nuovo stile di vita.

FRASI CELEBRI & DIVE HOLLIWOODIANE

Coco Chanel con il suo famosissimo rossetto Passion n. 14 disse: “Se siete tristi, se avete un problema d’amore, truccatevi, mettetevi il rossetto rosso e attaccate”.

Monsieur Christian Dior nel 1953 creò l’iconico Rouge Dior 999, questa l’intenzione: “Voler vestire il sorriso delle donne”.

Marilyn Monroe con il suo Shiseido - in una tinta non più disponibile - e il neo vicino alle labbra faceva impennare il livello di testosterone degli uomini.

Liz Taylor pretendeva che sul set cinematografico l’unica donna ad indossare il rossetto rosso fosse solo lei.

Grace Kelly, invece, preferiva lipstick solo in discrete nuance perlate.

IL ROSSETTO NELLA BENEVENTO DEGLI ANNI CINQUANTA

Abbiamo interpellato sull’argomento oggetto di questo articolo il “nostro” Mario Pedicini, giornalista e saggista di lungo corso nonché editorialista di Realtà Sannita da 40 anni.

Forte di una memoria elefantiaca e grande conoscitore degli usi e costumi beneventani, e del loro evolversi, ci narra qui di seguito alcuni aneddoti - divertenti ma veri - di quando sul finire degli anni Cinquanta frequentava il Liceo Classico di Benevento.

Stare in classe mista alle superiori, sul finire degli anni ‘50, al Liceo Classico era pressoché impossibile. Eppure in quarta ginnasio, sezione E eravamo dodici maschi e due ragazze, una biondina e una bruna fornita di un nero treccione. In prima liceo - ottobre 1958 - non c’erano sufficienti donzelle per consentire alla sezione B del professore Vergineo di essere costituita da sole femmine. E fummo scelti, come riempitivo, noi che venivamo dalla esperienza della sezione E.

Naturalmente noi maschi eravamo in netta minoranza. Padre Gabriele Terone ammoniva, avvolgendosi nel largo mantello francescano: “La classe è mista e so io quello che succede”.

La professoressa di matematica e fisica (Elda Bianco Russo) esigeva che le ragazze, almeno nella sua ora, indossassero il grembiule nero e il colletto bianco. Noi maschi eravamo pronti a confezionare sul momento colletti bianchissimi, strappando fogli dai quaderni. All’appello la ragazza si alzava circospetta e passava indenne. Altre fanciulle, pur in regola con grembiule e colletto, venivano invitate a recarsi in bagno e a detergere il viso da ogni trattamento estetico. Non erano molte quelle che si truccavano. Un po’ di rossetto girava, ma le due cugine Angela Russo e Angelina Salvi non solo si pittavano le labbra, ma addirittura si ombreggiavano le palpebre e si lucidavano di nero le ciglia. Quindi, lavaggio totale del viso. Noi maschi non avevamo alternative alla giacca e cravatta, anche perché molti disponevano di quella sola mise. Solo Rino Ferrara osava togliere la giacca e restava in pullover, sempre sopra camicia e cravatta.

La professoressa Russo indossava ella stessa un grembiule nero di raso che l’uso assiduo aveva reso un po’ pallido, sicché aveva riflessi marroneggianti. Alla fine del terzo liceo glielo buttammo dalla finestra e lei non riusciva a raccapezzarsi, perché non si ricordava se l’aveva lasciato a scuola o a casa.

In prima liceo Angela Russo, che non aveva per niente tendenze carnevalesche, se ne venne col cerchio dell’hula hoop. E lo ballò nell’intervallo tra un’ora e l’altra, nello stretto tempo che il professore montante impegnava intrattenendo il collega cessante. Nessuno ruppe la consegna del silenzio. La bella ragazza (prima liceo, fiore degli anni!) ci provò sfizio e noi maschi fummo positivamente colpiti dal suo ancheggiare.

All’uscita (maschi da una scala verso un’uscita e femmine da un’altra scala per una diversa uscita) l’anello di plastica se lo tenne ben nascosto sotto il cappotto.

Un altro professore, seriamente preoccupato delle effervescenze ormonali, fu Orazio Pacifico, arrivato in terza liceo. Con o senza il grembiule (che era sempre lo stesso dal primo liceo) le ragazze si sentivano comunque ammonire: “Abbottonatevi innanzi tutto”. I bottoni, infatti, visibilmente soffrivano”.

Nota di Mario Pedicini

Cessante e montante sono i termini usati nel cerimoniale del cambio della guardia (per esempio al palazzo del Quirinale o all’altare della patria). Montante è quello che inizia il turno di guardia, cessante è quello che finisce il turno e viene sostituito.

ANNAMARIA GANGALE

annamariagangale@hotmail.it